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Ma cosa si intende con triangolo drammatico?
Un triangolo rovesciato ai cui vertici si trovano i tre principali ruoli ricoperti da ognuno di noi, ovvero quelli di vittima, persecutore o salvatore.
In questo articolo scoprirai quali sono i comportamenti e le motivazioni che spingono a ricoprire i tre ruoli e in che modo uscire dai “giochi”.
Prima di definire nel dettaglio i tre ruoli, però, è doveroso cercare di capire come e perché si arriva a ricoprirli, finendo per sviluppare una relazione “non autentica”.
Indice contenuti
Come si costruisce il triangolo drammatico
Abraham Maslow, uno dei padri della psicologia umanistica, ritiene che il 98% delle persone è vittima di disturbi nevrotici e che il restante 2% è invece formato da persone che, grazie ad un lungo lavoro di sviluppo e crescita personale, è riuscito a superare la nevrosi.
Cos’è la nevrosi?
Secondo Maslow la nevrosi, più che una malattia, è una condizione umana di partenza.
All’interno della Psicoterapia Analitico Transazionale i ruoli nevrotici sembrano essere attivati all’interno dei giochi.
Che cos’è un gioco?
Eric Berne, fondatore dell’Analisi Transazionale, definisce il gioco psicologico come “una serie di transazioni ulteriori ripetitive a cui fa seguito un colpo di scena con un cambio di ruoli, un senso di confusione accompagnato da uno stato d’animo spiacevole come tornaconto finale, in termini di rinforzo di convinzioni negative su di sé, sugli altri, sul mondo”.
“Giocare” rappresenta un modo per soddisfare le cure primarie di stimoli e di riconoscimenti. I “giochi” consentono alle persone un forte coinvolgimento emotivo e relazionale, pur se negativo.
Nel “gioco” si preferisce ricevere o dare carezze negative piuttosto che nessuna carezza.
Il gioco è quindi quel tipo di relazione interpersonale “disturbata” che procura stati d’animo spiacevoli.
I tre ruoli: vittima, persecutore e salvatore
Karpman ritiene che in molte interazioni le persone rispettino una sorta di schema dove ciascuno recita un proprio copione entrando in uno di questi tre ruoli:
- Vittima (schema “povero me”)
- Persecutore (schema “è tutta colpa tua!”)
- Salvatore (schema “ti aiuto io!”)
Secondo Karpman, questi ruoli sono molto diffusi e tipici delle fiabe.
Cenerentola, ad esempio, è la classica Vittima, che subisce le angherie di matrigna e sorellastre, ma riceve un aiuto addirittura da tre Salvatori: fatina, topini, principe. Vittima (del lupo) è anche Cappuccetto rosso, salvata dal cacciatore.
Ma quando si arriva a parlare di dramma?
Il triangolo drammatico
Karpma afferma che si parla di triangolo drammatico quando qualcuno passa da un ruolo a un altro, costringendo il proprio interlocutore a fare altrettanto.
Questo è possibile, perché i ruoli non sono fissi, ma intercambiabili.
Dunque è possibile passare da un ruolo all’altro o giocarne più di uno contemporaneamente.
Prima di vedere le conseguenze di tutto questo cerchiamo di vedere ognuno ruolo nel dettaglio.
Il ruolo della vittima
La Vittima ricopre il ruolo di chi si adatta (negativamente), anche quando la situazione non lo richiede (stato dell’Io Bambino Adattato negativo).
La sua posizione esistenziale è quella dell’IO non sono OK, TU sei OK.
Come quando chi non è qualificato per fare un lavoro, sostiene che questo gli è negato per motivi di razza, sesso o religione.
Ma cosa pensa una vittima? Come manipola e perché lo fa?
Come si comporta
La Vittima finge di essere sempre debole, poiché fondamentalmente rifiuta le responsabilità. In altre parole individua un capro espiatorio da incolpare per i propri errori.
La Vittima non è una vittima reale, ma tende a vedersi e a comportarsi come tale. Esprime dolore e debolezza, ma in realtà nasconde tanta forza.
Per esempio finge di adattarsi a una situazione, ritenendo di non poterla cambiare o tende a lamentarsi senza mai chiedere direttamente.
Pretende dagli altri e si stupisce o si offende quando questi non comprendono i suoi bisogni e i suoi desideri inespressi. Tende infine ad interpretare gli avvenimenti come ingiustizie nei suoi confronti.
In che modo la Vittima riesce a fare quello che vuole?
Come manipola
La Vittima tende ad instillare il senso di colpa nel Persecutore, poiché ha deciso che è lui l’origine della sua sofferenza, e far sì che il Salvatore si attivi nel tentativo di aiutarla.
La Vittima va alla ricerca inconsapevole di un Persecutore con cui alla fine colluderà sentendosi rifiutata o sminuita e di un Salvatore con cui colluderà nel credere di aver bisogno del suo aiuto per pensare o per agire.
Questo atteggiamento fa riferimento ad esperienze infantili dove le alternative apparivano molto ridotte, oppure è stato “imitato” osservando qualche modello familiare. In ogni caso non è il risultato di una scelta libera e matura.
Cause e conseguenze psicologiche
La Vittima sfrutta questa sua condizione di “povertà” enfatizzandola ulteriormente per ottenere il massimo dell’attenzione, del riconoscimento e dell’aiuto dagli altri.
La Vittima è quindi particolarmente predisposta ad interpretare gli avvenimenti come congiure della sorte contro di sé, come ingiustizie che “tutti” fanno nei suoi confronti.
Da questa posizione di grande disagio psicologico, può passare facilmente al ruolo di Persecutore attaccando e accusando persone e avvenimenti, per mettere ordine di fronte a tanta ingiustizia.
Non è un caso che si dica: la vittima costruisce i suoi aguzzini.
E’ così che la persona che recita questo copione finisce per ottenere l’attenzione, sia dal Persecutore che dal Salvatore che si concentrano su di lei.
Il ruolo delle vittime sembra quindi soddisfare un bisogno di dipendenza oltre a permettere di evitare l’assunzione di responsabilità.
Poiché i suoi sentimenti, come si evince da quanto detto, hanno a che fare con il sentirsi oppresso, accusata, senza speranza, questa persona dunque apparirà spesso incapace di prendere decisioni, di risolvere problemi e trovare soluzioni. Sarà vista quindi per come vuole che gli altri la vedano.
Il ruolo del persecutore
Quello del Persecutore è il ruolo rivestito da chi da norme, regole e limiti che aumentano il malessere e la dipendenza (stato dell’Io Genitore Normativo negativo).
La sua posizione esistenziale è quella dell’IO sono OK, TU non sei OK. Agisce da Genitore Normativo negativo ipercritico e svalutante.
Ad esempio è dato da chi stabilisce dei limiti di comportamento inutilmente restrittivi, oppure da chi ha il compito di far rispettare delle regole e lo fa con sadica brutalità.
Come si comporta
Il Persecutore essendo controllante, critico, oppressivo e giudicante, si sente superiore e “bullizza” la Vittima. Spesso questo ruolo è ricoperto da un narcisista.
Oltre ad essere una persona che detta le regole e impone limiti che aumentano il malessere e la dipendenza, tende ad assumere potere sugli altri e spesso a prevaricarli.
Per qualche ragione sente un giusto motivo, un diritto acquisito a punire gli altri, a smascherarne i punti deboli, a sottolinearne un po’ sadicamente le fragilità.
Il Persecutore finge di essere sempre forte e copre con l’aggressività le proprie debolezze e paure.
Spesso i Persecutori sono persone carismatiche e seducenti, ma a lungo andare chi si lascia affascinare da loro avverte fastidio e si sente usato. In questi casi la Vittima può decidere di invertire i ruoli passando a Persecutore, mentre il Persecutore finisce per trovarsi (spesso senza capire bene perché) nel ruolo della Vittima.
Come manipola
Il Persecutore manipola l’altro usando l’intimidazione e l’inquisizione per creare una corte di persone sottomesse da dominare ed usare.
L’aggressività piuttosto che fisica, spesso è verbale, morale e psicologica.
Il Persecutore infatti oltre ad assumere il potere attraverso la forza e la minaccia, si comporta in modo supponente e critico, usando giudizi forti e taglienti e il sarcasmo con l’obiettivo – spesso non del tutto consapevole – di mantenere il controllo della relazione.
Cause e conseguenze psicologiche
Tutto ciò crea confusione e paura nella Vittima che finisce per fare ciò che il Persecutore gli ordina.
Volendo osservare il tutto da un punto di vista esterno, possiamo notare come il Persecutore, nel momento in cui critica, offende e ferisce, agisca proprio i comportamenti che rimprovera agli altri e dai quali dice di difendersi.
Roba da persecutori, che esprimono forza e aggressività, ma nascondono debolezza e paura.
Il ruolo del Salvatore
Il ruolo del Salvatore fa riferimento alla parte di noi apparentemente protettiva ma che, in realtà, ostacola la crescita e l’autonomia dell’altro (stato dell’Io Genitore Affettivo negativo).
La posizione esistenziale è quella dell’IO sono OK, TU non sei OK, perché svaluta le capacità dell’altro.
E’ il caso di chi, con la scusa di aiutare gli altri, li mantiene in uno stato di dipendenza.
Come si comporta
Il Salvatore nell’aiutare la Vittima si mette in buona luce, sentendosi moralmente superiore e giusto, ed evitando i propri problemi e sentimenti.
Chi agisce da Salvatore appare dunque protettivo e generoso, ma al contempo svaluta le capacità dell’altro di “farcela da solo”.
Il Salvatore cerca dunque una Vittima da aiutare, mantenendola in quello stato e assumendosi le responsabilità al posto suo.
Cause
Il Salvatore nasconde la paura di essere abbandonato e di non essere riconosciuto nei propri bisogni. Per questo motivo cerca di ottenere per l’altro, ciò che dovrebbe per se stesso: consente alla persona di acquistare un’identità ed un riconoscimento sociale di cui lui stesso ha estremo bisogno.
Il Salvatore vive dunque un cattivo rapporto con se stesso e cerca di riscattare il senso di colpa o l’immagine negativa che ha di sé con azioni meritorie.
Conseguenze psicologiche
Il vantaggio che ricava dal proprio comportamento è quello di rinforzare la propria immagine nobile e generosa, costruendo una facciata di grandezza e altruismo che copre il suo senso di inadeguatezza e di vuoto: trova così un sollievo momentaneo alla propria solitudine, illudendosi di vivere una relazione affettiva.
Il Salvatore è quindi vittima di un paradosso: dà aiuto per ricevere aiuto (anche solo la conferma di essere “buono”). Spesso però ottiene il contrario, poiché chi viene aiutato può vivere il suo comportamento come un’intrusione, una prevaricazione soffocante.
Effetti di una mancata gratitudine
Il “guadagno” affettivo legato a questo ruolo, oltre a soddisfare un bisogno psicologico, di avere un’immagine “nobile”, ha come ulteriore intento quello di rimanere in credito dagli altri e di potersi aspettare gratitudine e riconoscenza.
Ma cosa succede se l’altro manca nel riconosce il ruolo?
Il mancato riconoscimento e l’ingratitudine della Vittima può essere vissuta come un fallimento personale, generando una perdita di senso, forti sensi di colpa e in molti casi una depressione reattiva. E’ in questi casi che il triangolo drammatico cambia: il Salvatore si trasforma in Vittima, sperimentando forte rabbia e aggressività verso il proprio interlocutore, che a sua volta assume il ruolo di Persecutore.
Dopo aver ampiamente spiegato quale sia il meccanismo sottostante a questa interazione, cerchiamo di capire a cosa può portare il triangolo drammatico.
Conseguenze del triangolo drammatico
L’intensità del dramma che sembra variare in base al numero di cambiamenti di ruolo e al lasso di tempo in cui avvengono, può provocare molta confusione e la sensazione di perdere il controllo.
Tutto ciò può aumentare l’aggressività e alimentare la spirale negativa, portando a una relazione patologica. Una relazione che si muove sui lati del triangolo, dove un “attore” cerca – di solito inconsapevolmente – di agganciare e manipolare l’altro, mentre quest’ultimo accetta di essere manipolato e lo manipola a sua volta.
Tanta genuinità e autenticità nel rapporto, insomma (ironico).
Il triangolo drammatico: consigli per uscirne
Diventare consapevoli di questi ruoli, schemi e copioni è il primo passo per interrompere queste relazioni tossiche e uscire dal “gioco” del triangolo drammatico.
Prova quindi a soffermarti su quale posizione all’interno del triangolo stai assumendo e ad identificare quali persone al momento stanno occupando gli altri ruoli. Questo ti aiuterà a guardarti dall’esterno e magari anche a modificare il tuo ruolo all’interno del triangolo.
In generale, poi, se sei:
- Vittima dovrai imparare a prendere consapevolezza delle tue debolezze e partire da queste per lavorare sulla tua autonomia, evitando di lamentarti;
- Persecutore dovrai imparare a riconoscere i tuoi desideri e bisogni e darti da fare per soddisfarli, piuttosto che criticare le inefficienze dell’altro;
- Salvatore dovrai imparare ad ascoltarti di più, prendere nota di ciò che ti disturba e cercare di migliorarlo, evitando di caricarti dei problemi degli altri.
Piuttosto che cercare di irrigidirti sulle tue ragioni, provando a cambiare gli altri, prova a:
- fermarti e ad osservare. Metti al centro i tuoi pensieri, bisogni ed emozioni. Smetti di scappare e comincia a familiarizzare con il tuo mondo interno che si riflette in quello esterno.
- accettare la tua imperfezione. Tutti sbagliamo e va bene così. La perfezione è noiosa e statica, oltre che irraggiungibile. Credere di essere arrivati significa aver concluso un percorso, di conseguenza se l’hai raggiunto, verso cosa stai ancora puntando? Avere la consapevolezza di essere imperfetti e saperlo accettare, è l’esatto opposto, è crescita, è cambiamento. Ricorda: l’obiettivo non è arrivare, ma saper cambiare e adattarsi continuamente.
- lasciare agli altri la responsabilità della loro vita. Ognuno è responsabile per sé. Evita di “leggere nel pensiero” dei tuoi familiari o amici, o ancora il partner, e smetti di giudicarli. Impara a tollerare gli atteggiamenti degli altri che fatichi a condividere. Sono loro a decidere della loro vita, non tu. Puoi dare consigli per indirizzare qualcuno sulle proprie scelte, ma bisogna evitare di compierle al posto loro. Ognuno ha l’obbligo morale di essere responsabile delle proprie azioni, delle proprie parole e, persino, dei propri silenzi.
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