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Il termine stalking deriva dall’inglese “to stalk” e fa riferimento al comportamento persecutorio di un “cacciatore” che insegue la preda, che maltratta chi cerca di allontanarsi da una relazione violenta.
Per parlare di Stalking deve sussistere un nesso di causalità tra le reiterate minacce e le conseguenze che portano a un danno vero e proprio. In tal caso gli effetti possono essere devastanti e minano il senso di autonomia e di autostima, portando l’individuo percepirsi “in trappola”.
Nello specifico si parla di stalking se il persecutore genera nella vittima:
- un continuo stato di ansia e di paura
- un timore per la propria incolumità o per le persone a lei legate
- una costrizione reiterata rispetto alle proprie scelte o abitudini di vita
Indice contenuti
Come si manifesta il maltrattamento psicologico?
In genere si va dalla svalutazione alla denigrazione e spesso la persona non riesce a dare un nome a questo comportamento. Viene colpita sull’autostima, inizia a diventare fragile. Non sa se è colpa sua o se è così che funziona la realtà.
Il maltrattamento avviene attraverso critiche, ingiurie, azioni di controllo delle attività sociali e interpersonali che violano la privacy, intimidazione, e il partner, nella maggior parte dei casi è una donna, che finisce per rimanere isolata perché i vicini hanno paura, perché le amiche si tengono in disparte, perché i parenti a loro volta vengono minacciati. In questo modo vengono annientate le sue capacità personali.
Tipologie di Stalker
Di seguito vengono presentate le diverse tipologie di stalkers (Mullen et al., 2009), classificate secondo una serie di variabili quali: la persistenza dello stalking, lo scopo dei comportamenti, i rischi di violenza e la risposta ad un eventuale trattamento.
“Il rifiutato”
E’ la forma più persistente ed intrusiva. In genere emerge in seguito alla rottura di una relazione affettiva, attraverso la messa in atto di molestie assillanti dopo che il partner ha espresso il desiderio di lasciarlo o ha tentato di farlo, e l’alternanza di comportamenti che oscillano tra la riconciliazione e la vendetta, spesso entrambi a seconda delle circostanze. Questo tipo di stalking può verificarsi in qualsiasi tipo di rapporto interrotto (es: amici, genitori-figli, terapeuta-paziente), nel quale lo stalker è particolarmente coinvolto su un piano affettivo. Sono presenti emozioni di rabbia per i desideri e le aspettative deluse dall’interruzione unilaterale e non condivisa del rapporto, che dunque è percepita come ingiusta ed umiliante, e profondo senso di perdita di una relazione insostituibile. Controllare, perseguitare la vittima diviene un modo per cercare di mantenere la relazione e non accettare la perdita, evento che attiva stati mentali problematici che lo stalker non riesce a gestire efficacemente. In genere presenta disturbi di personalità, soprattutto tratti narcisistici e antisociali e, in minima parte, dipendenti, con abuso di sostanze.
Il “risentito”
Mira a causare paura e apprensione nella vittima. Lo stalking emerge da un desiderio di rivalsa nei confronti di un individuo (come tale o in quanto membro di un gruppo o di un’organizzazione) dal quale lo stalker ritiene di essere stato danneggiato. Le vittime sono per lo più colleghi, datori di lavoro e professionisti (spesso sanitari). Lo stalker risentito è fermamente intenzionato a perseguire un piano punitivo, iniziato spesso in forma anonima, e considera giustificati i propri comportamenti, da cui trae confortanti sensazioni di potere e di controllo, che hanno poi l’effetto di rinforzarlo inducendolo a continuare; si rappresenta come una vittima che lotta contro l’oppressore, precedentemente rappresentato come individuo più forte e con più potere. Talvolta considera la sua vittima un simbolo delle persone che lo hanno tormentato e umiliato in passato, e la sceglie in maniera casuale. Questi stalker presentano alcune somiglianze con i querulomani, i quali sporgono continue denunce infondate.
Il “cercatore di intimità”
Indirizza i suoi sforzi nel tentativo di costruire una relazione (di amicizia o di amore, quest’ultima non necessariamente sessuale o romantica, ma anche materna o fraterna) con un partner idealizzato e persiste con le proprie comunicazioni e i propri approcci, incurante o indifferente alle risposte negative da parte della vittima, che solitamente è uno sconosciuto (persona incontrata per caso o personaggio famoso) o un conoscente. La relazione fantasticata, alla quale dedica gran parte delle sue energie mentali tentando continuamente di interpretare i feedback alle sue molestie da parte della persona “amata”, risolve un problema centrale della sua vita: quello della solitudine, della mancanza di una relazione fisica o emotiva stabile con un’altra persona. Molti sono convinti che i loro sentimenti siano ricambiati e che l’altro debba essere aiutato a superare qualche problema (concreto o affettivo) che lo blocca. Da un lato, possono vedere nel partner d’elezione alcune qualità umane uniche e dall’altro possono rimproverargli di non saper dimostrare o ascoltare i propri sentimenti, di averne paura, di essere insensibile e crudele. Risulta essere la forma di stalking più persistente (in media più di tre anni, Mullen et al.1999) e perpetrata maggiormente da donne con disturbi psicotici, in particolare, è prevalente il delirio di tipo erotomanico. La persona in questo caso è chiusa in un suo bozzolo che la rende impermeabile ai segnali che provengono dall’esterno: ha investito così tanto di sè e così tanto nella costruzione della sua relazione immaginaria che qualsiasi tipo di risposta, compresi i maltrattamenti e gli insulti, viene letta come un segno di incoraggiamento. Per infatuarsi o innamorarsi di una persona non è necessario essere ricambiati. Nella maggior parte dei casi, quando una persona si rende conto che l’altro non prova gli stessi sentimenti o la sua stessa attrazione, man mano abbandona le speranze e si rassegna; in alcuni casi l’amore può continuare in forma di autoabnegazione, ma comunque cui non ci si attende nulla dalla persona amata e non ci si auto inganna su quelle che sono le sue reazioni e i suoi sentimenti. L'”erotomane”, invece, non accetta di non essere ricambiato. E’ convinto, e ha bisogno di credere, che l’amore ci sia, o che ci sarà, al di là delle apparenze. Questa condizione psichica era nota in passato con il nome di “sindrome di De Clèrambault“.
Il “corteggiatore incompetente”
Non riesce a entrare in sintonia con il partner desiderato, essendo incapace di avvicinare persone dell’altro sesso e di entrare in relazione con loro. Il suo scopo è quello di tentare un approccio con la persona che lo attrae. Quando è uomo, l’incompetente è la caricatura del macho: assertivo, opprimente, convinto che le donne debbano subire il suo fascino e cadergli immediatamente tra le braccia. Le sue avances sono grezze ed esplicite. Pensa di avere il diritto di ottenere ciò che vuole e se non lo ottiene diventa maleducato, aggressivo, manesco. Il forte bisogno di possesso e di conquista lo porta a considerare l’altro come un semplice oggetto ai cui sentimenti è del tutto insensibile. Rispetto agli altri tipi di stalking, le molestie del “corteggiatore incompetente” durano meno nel tempo poiché procurano allo stalker scarse soddisfazioni. Egli è però il più recidivo di tutti. Spesso infatti, i soggetti appartenenti a questa tipologia mettono in atto condotte di stalking nei confronti di più vittime e cercano un nuovo bersaglio quando non hanno avuto successo con quello precedente. I soggetti possono avere deficit cognitivi o un basso livello culturale.
Il “predatore”
Persegue i propri desideri di gratificazione sessuale e controllo tramite lo stalking, il cui scopo è sempre quello di avere un rapporto sessuale con la vittima. E per raggiungere il suo obiettivo può dedicare molto tempo alla pianificazione dei propri comportamenti. A differenza del risentito, che trae gran parte del suo piacere dallo spaventare e torturare la vittima, il predatore prova soddisfazione e un senso di potere nell’osservarla di nascosto, nel pianificare l’agguato senza minacciare o lasciar trapelare in anticipo le proprie intenzioni. I predatori, che sono sempre di sesso maschile e spesso vengono arrestati per molestie sessuali (e a volte anche per omicidio), costituiscono un piccolo, ma pericoloso gruppo di persecutori che attaccano la vittima di sorpresa. I predatori, similmente ai corteggiatori incompetenti, sono privi delle abilità sociali di base, non sono in grado di avviare relazioni accettabili e di interpretare correttamente i segnali comunicativi altrui. L’incapacità di avere relazioni con l’altro sesso comincia a diventare un problema a partire dalla pubertà. I predatori sono in maggioranza uomini, spesso affetti da parafilie (in particolare pedofilia, esibizionismo e feticismo), disturbi bipolari o abuso di sostanze e nel 62% dei casi hanno una comorbilità con un disturbo di personalità (Mullen et al, 1999). Le prede possono essere adulti o bambini, in particolare donne.
Il ciclo della violenza
Chi subisce maltrattamenti, spesso non sa che i comportamenti del partner maltrattante seguono un ciclo della violenza (Walker, 79), basato su strategie di controllo e che in genere tende a ripetersi secondo tre fasi:
- FASE 1 – COSTRUZIONE DELLA TENSIONE, dove in genere appaiono i primi conflitti con fortetensione psicologica e inizia uno stato di allerta da parte della donna e unaccumulo di stress. In questo caso, le strategie di controllo consistononella minimizzazione.
- FASE 2 – ESPRESSIONSE DELLA VIOLENZA, in cui si manifestano atti di maltrattamento sempre più gravi con rapida escalation. E’ la fase acuta in cui si ha l’espressione della violenza e dove in genere c’è la possibilità che la vittima chieda aiuto. In questa fase l’uomo utilizza strategie di controllo basate sulla minaccia e l’intimidazione.
- FASE 3 – LUNA DI MIELE, l’aggressore è colto da paura, senso di colpa, timore di reazioni da parte della donna perciò si giustifica e tenta delle spiegazioni per il suo comportamento, cercando di ottenere il perdono della donna, attraverso scuse, il pentimento e promesse di cambiamento.
Nel film “Ti do i miei occhi” è possibile osservare parte delle fasi sopra descritte. In particolare le strategie di controllo del marito che cerca in tutti i modi di trovare giustificazioni al proprio comportamento e di spostare il problema, cercando in tutti i modi farsi perdonare (tu sei la mia vita, per favore perdonami), per poi un attimo dopo, ritornare ad essere aggressivo.
Conseguenze del maltrattamento
Il maltrattamento produce in genere una riduzione dell’autostima e delle capacità di reazione, portando il partner a sentirsi sempre più schiacciato. Si sviluppa inoltre una “tolleranza all’ingiuria” dove col passare del tempo i comportamenti maltrattanti aumentano sempre più di intensità, in quanto una frase come “la minestra fa schifo”, che inizialmente poteva sconvolgere, in un secondo momento dove viene agita una violenza fisica (schiaffi, pugni, pedate, strozzamento, deprivazioni di sonno, alimentare, uso di armi) scivola via.
Il maltrattamento agisce quindi in modo subdolo e silente, e la donna che non se ne rende conto, finisce per morire dentro.
Tra i sintomi più comuni abbiamo:
- Mancanza di sonno
- Dolori psicosomatici
- Attacchi di panico
- Stato confusionale
- Difficoltà nel ricordare lo svolgimento cronologico degli eventi
- Ansia generalizzata
- DPST
- Vaginismo e avversione sessuale
- Mancanza di libido e eiaculazione precoce
- Problemi area sessuale desiderio, eccitazione ed orgasmo
- Dolore cronico (dispareunia)
- Aborto spontaneo
- Problemi sessuali
I disturbi spesso non si mostrano con il maltrattante, ma successivamente quando a storia finisce, anche in altre relazioni.
Riferimenti normativi e possibili soluzioni contro stalking e molestie
Il d.lg. 23/02/2009 n.11 giudica lo stalking come reato del codice penale, in quanto va a ledere il concetto di libertà e di incolumità individuale e condanna il molestatore ad una pena che va da una reclusione da 6 mesi a 4 anni (642 bis c.p.) e che risulta ancora più grave se commessa da coniuge separato.
In caso di ripetute molestie:
- La prima cosa da fare è ammettere il problema e cercare di capire quali sono i rischi di provare a farcela da soli.
- Cercare di cambiare i tragitti ed evitare i percorsi isolati.
- Tenere sempre un telefonino a portata di mano e se avete la percezione di essere seguiti, meglio chiamare il 112, piuttosto che scappare a casa o da amici.
In caso di molestie telefoniche:
- Evitare di convincere il molestatore ragionando con lui e/o evitare di rispondergli con rabbia. Queste reazioni infatti rischiano di incrementare le sue persecuzioni. Piuttosto essere chiari e decisi fin dall’inizio rispondendo con un NO secco e nel caso in cui continui, la migliore soluzione è non rispondere al telefono.
- Evitare di cambiare numero di telefono, piuttosto chiedere una seconda linea e lasciare che il molestatore continui a chiamare. Prima o poi si stancherà, se non riceverà risposta.
- Raccogliere tutte le prove da portare eventualmente alle forze dell’ordine. Segnarsi ad esempio giorno, ora e durata della chiamata; registrare le telefonate (anche quelle mute); conservare lettere, e-mail, sms, bigliettini e regali.
Se sei vittima di stalking puoi:
- Chiamare il numero verde nazionale per le vittime di stalking (1522) che è attivo 24 ore su 24 e offre assistenza psicologica e giuridica, indirizzando presso gli sportelli allestiti nelle questure.
- Rivolgersi ai centri anti-stalking che forniscono un sostegno dal punto di vista psicologico. (Numero verde da lun. a ven. 06.44246573 / sab. e dom. 327.46.60.907) Questi centri in genere mettono a disposizione delle case rifugio, all’interno delle quali viene mantenuta la privacy.
- Rivolgersi alle autorità competenti, per denunciare le molestie e chiedere al questore di ammonire l’autore oppure in caso di presunto stalker, denunciarlo e querelarlo, per sottoporlo ad un processo penale.
Approfondimenti
- Walker L. E. A., The battered woman, New York, Harper & Row, 1979.
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