Coppie lat: stare insieme senza convivere
18 Gennaio 2021Intelligenza emotiva a lavoro: come essere leader di successo
24 Gennaio 2021La sindrome dell’impostore.
Tutti ci siamo passati dalla “sindrome dell’impostore”.
Quante volte di fronte ad un piccolo successo o ad un piccolo riconoscimento vi è capitato di dirvi “ma sicuramente sono stata fortunata/o, la prossima volta andrà male”?
Inconsapevolmente ve lo siete detto, quando avete preso 30 ad un esame o quando avete portato brillantemente a termine qualcosa?
Se la risposta è sì, probabilmente soffrite della sindrome dell’impostore.
Indice contenuti
Sindrome dell’impostore: di cosa stiamo parlando?
Chi soffre della sindrome dell’impostore non si sente all’altezza e crede di non meritare fino in fondo quello che gli capita o che ottiene.
Il termine “sindrome dell’impostore” è stato coniato nel ’78 dalle psicologhe americane Pauline Clance e Suzanne Imes, riferendosi appunto a quella condizione caratterizzata dalla convinzione di non meritare il proprio successo che dunque risulta essere il risultato solo di situazioni favorevoli.
Le persone che ne soffrono nutrono dunque dubbi sul loro valore e hanno una costante paura di fallire.
Uno studio pubblicato su International Journal of Behavioural Science, ha affermato che a soffrirne è circa il 70% delle persone, soprattutto donne.
Una percentuale non indifferente.
Pensate, le psicologhe in questione hanno posto la loro attenzione proprio su donne di successo che nutrivano forti dubbi sulle loro capacità e che sentivano di non essere abbastanza e quindi degli impostori.
“Successivamente è stato osservato però che la sindrome dell’impostore non si diffonde solo tra le donne, ma tra una vasta fetta di popolazione colta e istruita che ricopre ruoli in diversi settori, tra cui istruzione, assistenza sanitaria, contabilità, finanza, legge e marketing” (Arena & Page, 1992; Byrnes & Lester, 1995; Clance & Imes, 1978; Crouch, Powell, Grant, Posner-Cahill & Rose, 1991; Fried-Buchalter, 1997; Huffstutler & Varnell, 2006; Mattie, Gietzen, Davis & Prata, 2008; Parkman & Beard, 2008; Zorn, 2005).
A tal proposito è giusto sottolineare che la sindrome dell’impostore non ha nulla a che vedere con il fingere qualcosa o qualcuno che non si è e che si manifesta prevalentemente in ambito universitario, ma la si può riscontrare in qualunque altro ambiente professionale.
E’ stato infatti provato che chi ne soffre è meno incline alla disonestà accademica, al plagio o all’inganno. (Joseph R. Ferrari 2005)
Sindrome dell’impostore: da dove nasce?
Iniziamo subito con il dire che alla base di questo fenomeno non abbiamo solo una causa, dal momento che diversi esperti ritengono che molto dipenda, per esempio, dai tratti della personalità.
Secondo questa spiegazione in un certo senso devono essere individuati gli aspetti psicologici responsabili di questa condizione, escludendo aspetti patologici.
Altri esperti invece parlano della sindrome dell’impostore come la conseguenza di alcuni comportamenti di cui si è stati vittime sin da piccoli.
Nello specifico alcuni affermano che l’essere cresciuti con genitori critici può portare ad avere queste convinzioni.
Il fatto, per esempio, di essersi sentiti in competizione in famiglia, con il proprio fratello, può aver contribuito alla formazione di pensieri limitanti sulla propria persona.
E un po’ come dire che si diventa vittime di un meccanismo: se chi ci sta intorno non si aspetta nulla da noi, allora impareremo anche noi a non aspettarci nulla.
“Negli studenti universitari che presentano tale sindrome i ricercatori hanno riscontrato una correlazione con la mancanza di cure genitoriali nell’infanzia (Sannak e Towell, 2001), ma anche con la presenza di un padre eccessivamente controllante” (Li, Hughes e Thu, 2014; Sonnak & Towell, 2001; Want & Kleitman, 2006).
In tutto questo non dimentichiamo che siamo immersi anche in un contesto sociale che può contribuire e quindi alimentare questo senso di inadeguatezza.
La società in cui viviamo infatti sembra confermare ogni giorno che il nostro valore è unicamente collegato ai risultati che riusciamo ad ottenere, in ambito professionale, economico, ecc.
Caratteristiche della Sindrome
Tra i sintomi di questa sindrome abbiamo l’ansia, il perfezionismo, l’insicurezza e la paura di fallire.
Chi soffre di questa sindrome infatti:
- vive costantemente la paura del fallimento e non riesce a godere di quello che ottiene.
- fatica ad ascoltare i suoi bisogni e tende a soddisfare le aspettative altrui.
- tende a rimuginare sulle cose, poiché nutre la paura di non essere all’altezza di ciò che deve fare. Questo di conseguenza lo porta ad avere pensieri quasi ossessivi su quelle che saranno le conseguenze future, per questo vige anche una costante preoccupazione di dover dimostrare il proprio valore.
- tende a paragonarsi agli altri e ovviamente da questo paragone ne esce sempre sconfitto.
- tende ad avere un atteggiamento critico e giudicante nei suoi confronti, dal momento che tende anche a prendere tutto sul serio, soprattutto quello che gli altri pensano o dicono.
- non riesce ad accettare i suoi limiti, infatti tende a voler gestire tutto, ma alla fine non riesce a farlo.
In un certo senso chi soffre di questa sindrome è vittima di un circolo vizioso: inizialmente crede di non meritare nulla, non accetta riconoscimenti e fa di tutto per non farsi scoprire.
Per questo cerca di tenere tutto sotto controllo, puntando anche ad obiettivi molto ambiziosi e difficili da raggiungere.
Questo di conseguenza porta il soggetto a provare ansia, sensi di colpa e un senso di inadeguatezza che alla fine farà aumentare anche la percezione di non essere all’altezza e quindi di non meritare il successo.
“La sindrome dell’impostore è dunque un mix di senso di colpa per i traguardi raggiunti, mancata introiezione del successo, paura della valutazione e sentimenti di indegnità e inefficienza professionale e formativa” (Clance & Imes, 1978; Clance & O’Tool, 1988; Young, 2003).
Eppure sembrerebbe che tra gli atteggiamenti più tipici di chi soffre della sindrome dell’impostore vi è anche il ricorso all’umorismo: in un certo senso molti cercano di rispondere agli elogi ricevuti con questa strategia.
Rimedi contro la sindrome dell’impostore
A questo punto come fare per neutralizzare tutto questo?
Cerchiamo di vedere qui di seguito alcuni suggerimenti affinché possiate convivere con queste emozioni.
Riconoscere il dialogo interiore
Per possiamo riuscire a neutralizzare quella vocina che vuole mandarci fuori strada è fondamentale innanzitutto riconoscerla.
Capire, insomma, quando si manifesta.
Quando ad esempio dovete affrontare qualcosa di nuovo, cosa vi dite?
Siete soliti mettere in discussione il vostro valore? Bene, prendete nota di questi pensieri.
Il fatto stesso di riconoscerli e osservarli, vi farà in un certo senso distaccare da questi.
Se questo non dovesse bastare, cercate di analizzare la situazione: avete delle ragioni importanti e legittime per pensare che non riuscirete a fare quella determinata cosa?
Bene, quante volte nella vita avete dovuto affrontare cose per cui non eravate preparati e ce l’avete fatta ugualmente?
Ecco, pensate a quelle volte: possiamo riuscire a mettere a tacere quella vocina, anche facendo riferimento a quello che siamo riusciti a fare, anche se pensavamo di non farcela. Pensate, dunque, ai vostri risultati precedenti: questa è un’ottima strategia per riuscire a contare sulle proprie forze.
Se riuscite, cercate anche di fare una lista di quelli che sono i vostri punti di forza, elencate anche ciò che vorreste migliorare e create le condizioni per riuscirci davvero.
Per fare questo è fondamentale riconoscere ciò che sentite e il perché.
Anche in questo caso, provate a mettere tutto per iscritto: quando vi sentite inadeguati, scrivete il perché provate questo.
Magari vi renderete conto che concretamente non esiste un motivo reale alla base delle vostre emozioni.
Cambiate prospettiva
Pensare di non farcela, non farà altro che confermare la visione che avete di voi come di persone insicure.
Per riuscire a contrastare la Sindrome dell’impostore dovete concedervi il lusso di sbagliare.
Non pensate a quello che dovete raggiungere, godetevi il percorso.
Gli errori ci possono e ci devono stare, ma occorre contestualizzarli e non considerarli come un fallimento.
Anzi, l’errore è lì per farci capire cosa è andato storto e cosa dunque deve essere migliorato.
Fidatevi delle vostre valutazioni
Spesso siamo soliti dare più valore a quello che pensano gli altri, mettendo in secondo piano quello che pensiamo noi.
Non dobbiamo aspettarci sempre delle conferme esterne. Al contrario, impariamo a farci bastare la nostra valutazione, a guardarci con i nostri occhi e a valutarci con questi.
Incontreremo sempre qualcuno a cui non piacerà la nostra performance, ma la cosa essenziale è capire cosa ne pensiamo noi e quanto davvero crediamo in ciò che facciamo.
Evitate il confronto
Per contrastare la sindrome dell’Impostore è necessario evitare di paragonarsi agli altri: solitamente nell’altro vediamo meriti che noi crediamo di non avere.
Questo succede perché semplicemente di noi conosciamo tutto: le nostre ansie, i nostri dubbi e questo in un certo senso ci porta ad essere un po’ troppo severi con noi stessi.
Se ci pensiamo bene, degli altri conosciamo poco, se non quello che decidono di mostrarci.
Per questo con gli altri tendiamo ad essere meno intransigenti: importante in questo senso è cercare di capire che il giudizio verso gli altri spesso si basa su cose che non sempre sono reali.
Quindi perché paragonarsi agli altri?
La perfezione non esiste
La continua ricerca della perfezione ci porta a scontrarci spesso con noi stessi.
Ma questo ci fa solo spendere molte energie, invano, perché la perfezione non esiste.
Non possiamo rincorrere qualcosa che non esiste e che dunque non possiamo raggiungere.
Nessuno è perfetto, neanche noi, e non possiamo diventarlo.
Per questo è importante cercare di definire degli obiettivi realistici e raggiungibili.
La perfezione sicuramente non rientra tra questi, tenetelo bene a mente.
Parlatene con qualcuno
Condividere le paure può essere un modo per sentirci meglio.
Il fatto stesso di sapere che altri condividono le nostre stesse ansie, timori in un certo senso ci rassicura e ci fa capire che non siamo noi sbagliati, ma che in alcune situazioni è legittimo provare delle cose e non bisogna farsene una colpa.
Condividere quello che ci preoccupa attraverso il confronto dunque ci aiuta ad alleggerire le nostre tensioni e a vedere le cose con occhi diversi, meno severi.
Chiedete aiuto
Se doveste rendervi conto che queste sensazioni sono troppo invasive e non riuscite a spiccare il volo, chiedete aiuto ad un professionista.
Attraverso un percorso di consapevolezza e di conoscenza potreste imparare ad accettare i vostri limiti e a riconoscere le vostre risorse.
Per fissare un primo appuntamento puoi scrivermi un'e-mail all'indirizzo davide.algeri@gmail.com o contattarmi al numero +39 348 53 08 559.
Se ti è piaciuto questo articolo puoi seguirmi sul mio account personale di Instagram, sulla Pagina Ufficiale Facebook di Psicologia Pratica o nel Gruppo di Psicologia Pratica. © Copyright www.davidealgeri.com. Tutti i diritti riservati. E’ vietata la copia e la pubblicazione, anche parziale, del materiale su altri siti internet e/o su qualunque altro mezzo se non a fronte di esplicita autorizzazione concessa da Davide Algeri e con citazione esplicita della fonte (www.davidealgeri.com). E’ consentita la riproduzione solo parziale su forum, pagine o blog solo se accompagnata da link all’originale della fonte. E’ altresì vietato utilizzare i materiali presenti nel sito per scopi commerciali di qualunque tipo. Legge 633 del 22 Aprile 1941 e successive modifiche.
Richiedi un primo contatto