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26 Agosto 2019Il senso di colpa è il miglior modo per manipolare l’altro.
E’ questa l’affermazione che mi capita spesso di rivolgere a chi è vittima dei sensi di colpa.
Ognuno di noi, soprattutto nella società in cui viviamo, ha a che fare a vari gradi col senso di colpa e con le sue conseguenze, altamente nocive per la salute mentale di ciascuno.
Ci capita spesso, nelle relazioni con gli altri, di porci domande del tipo: “Che cosa ho fatto? Perché si comporta così? Perché non mi parla? Dove ho sbagliato?”.
Ciò innesca in noi una serie di stati d’animo quali ansia e paura che ci portano a dubitare di noi stessi e delle nostre azioni e/o parole e ci fa sprofondare nel senso di colpa.
Questo, a sua volta, ci spinge a scusarci, in nome di quella buona educazione che hanno sempre cercato di inculcarci sin da bambini, anche se, talvolta, la colpa non è la nostra o non siamo perfettamente consci del perché lo stiamo facendo.
Quindi, che cosa accade in questi casi?
Il senso di colpa, come vedremo, è spesso generato da persone abili in quella che viene definita “manipolazione affettiva”.
Di cosa si tratta precisamente? In cosa consiste? Ok leggi.
Di seguito proveremo a costruire un quadro completo di entrambi i fenomeni che come vedremo sono in stretta correlazione tra loro.
Indice contenuti
La manipolazione
Manipolazione mentale ed emotiva
La manipolazione, nella sua accezione più ampia, è un concetto estendibile a diverse aree della vita che può avere esiti devastanti.
Quante volte ci siamo sentiti usati, comandati come fossimo delle marionette nelle altrui mani, deviati dalle nostre credenze e posizioni, persuasi di qualcosa che non era? Bene, la manipolazione agisce proprio in questo modo subdolo e invisibile, con l’unico scopo di demolire completamente la psiche altrui, le altrui certezze, di boicottare le iniziative dell’altro, di esaltare le proprie accusando gli altri di cose non vere solo per instillare in loro il germe del dubbio.
La dott.ssa Annalisa Barbier, dottore di ricerca in Neuropsicologia e docente presso l’Università eCampus di Roma, dà una definizione delle relazioni nocive basate sulla violenza psicologica e sulla manipolazione emotiva.
In particolar modo definisce la manipolazione come “Una sorta di passo a due, ballato da due persone con caratteristiche complementari: una delle due (tipicamente il manipolatore) ha bisogno di mantenere il controllo, la percezione positiva di sé e di avere sempre ragione, mentre l’altra (la vittima manipolata) è caratterizzata da un bisogno fortissimo di fusione ed approvazione, che la porta a permettere al manipolatore di ri-definire la sua idea di realtà, idealizzandolo e cercando costantemente il suo consenso” (Dott.ssa Annalisa Barbier, 2019).
Manipolatore e vittima: le due parti in gioco
In questo gioco malato delle parti è fondamentale distinguere due figure: un manipolatore e una vittima.
Il manipolatore muove i fili invisibili del senso di colpa, ci tiene stretti come pesci in una rete ed è una figura che il più delle volte passa inosservata, la vittima isterica.
La vittima si presenta nella maggioranza dei casi come un soggetto dal carattere fortemente emotivo e sensibile, facilmente influenzabile e impressionabile, priva di autostima e, spesso, incapace di prendere decisione senza avere il supporto di qualcuno.
Possiamo distinguere due diverse tipologie di manipolatore:
- L’intimidatore. E’ un individuo che controlla e manipola per eccellenza. Agisce sempre mediante uno schema fisso e prestabilito e, perciò, facilmente riconoscibile. Presenta generalmente un temperamento collerico e sanguigno, reagisce con estrema rapidità alle situazioni esterne, specie in quei casi in cui la situazione poterebbe sfuggirgli di mano. Risponde alle varie circostanze che gli si presentano in maniera prevalentemente emotiva, quasi mai ponderata e priva di argomentazioni ragionevoli alle quali predilige la violenza.
Qual è il suo modo di piegare la vittima? Quello di creare una sorta di regime di terrore in cui la vittima si sente minacciata e atterrita dalle possibili esplosioni di rabbia del suo manipolatore. - L’inquisitore. Così come il nome suggerisce, rifacendoci ai membri della Santa Inquisizione del 1500, costui usa la critica aspra e il giudizio come principale arma di demolizione. Il suo obiettivo è quello di far sentire la sua vittima incapace di tenere le redini della propria vita, di non essere in grado di affrontare le varie situazioni che gli si presentano e di non saper gestire eventuali problematiche. In questo modo l’inquisitore va a ledere la sicurezza e l’autostima altrui imponendo, poco alla volta, la sua visione del mondo, le sue regole, il suo metro di giudizio delle cose.
Il punto di forza su cui può contare questo tipo di manipolatore è la conoscenza quasi totale della sua vittima.
In generale il manipolatore è un individuo che vuole raggiungere dei vantaggi rispetto agli altri perché da solo non è in grado di ottenere gli stessi benefici in quanto incapace di una comunicazione di tipo assertivo, poiché sa perfettamente di non possedere gli argomenti necessari e sufficientemente solidi per affermare il proprio punto di vista. Ergo preferisce prendere strade alternative, deviazioni, scorciatoie che puntano a minare l’altrui sensibilità sfruttando le debolezze come mezzo di vantaggio.
Principali tecniche di manipolazione basate sul senso di colpa
Chi adotta un comportamento manipolatorio lo fa quindi con l’obiettivo di prendere in mano le redini della situazione, facendoci sentire delle brutte persone o generando sensi di colpa. Ecco alcune delle tecniche più diffuse, che è utile conoscere per poterle smascherare:
- Ancorarsi dietro a determinati punti di sensibilità. Ci sono persone che scattano in preda alla rabbia ogni volta che si affrontano determinati argomenti che loro additano come punti sensibili per la loro emotività. Ciò li induce automaticamente ad evitare quei discorsi, incorrendo a volte nel problema opposto, ossia quello di ingigantire il problema e creare una situazione di tensione generale.
- Cercare tutti i mezzi e i modi per farci sentire male. Le parole o i silenzi delle persone a cui teniamo possono ferirci più di mille lame. Alcuni individui possono fare appello al nostro senso di colpa e alla nostra più spiccata sensibilità smettendo di rivolgerci la parola, come forma punitiva, o trattandoci con distacco, limitandosi a rispondere con semplici monosillabi che risultano molto più esaustivi di mille parole. Altri, invece, possono agire nel modo contrario attaccandoci apertamente con argomenti che ci facciano avvertire fino in fondo quanto li abbiamo feriti.
- Essere in fase di negazione. Alcune persone si rifiutano categoricamente di affrontare un problema quando si sentono minacciate o ferite in qualche maniera. Automaticamente da persone sensibili cerchiamo di lasciar loro tutto lo spazio di cui necessitano per metabolizzare quanto è accaduto, senza accorgerci che questo nostro modo di fare ci si può ritorcere contro: quale modo migliore per chiudersi in se stessi, diventare delle vittime, assurgere al ruolo di martiri facendo assumere a noi il ruolo del carnefice, del boia, del colpevole? Quale modo migliore per farci sprofondare lentamente nel senso di colpa?
- Far vacillare la nostra autostima e la fiducia in noi stessi. Succede spesso che un individuo che in una certa situazione si senta sopraffatto reagisca attaccando. In questi casi si usano argomenti talmente sottili e infimi da infiltrarsi come polvere nella nostra mente e generare stati di colpa o inferiorità, con lo scopo preciso di minare la nostra autostima e ottenere il controllo di noi stessi e della situazione.
Il senso di colpa
La leva della manipolazione
In psicologia il senso di colpa è definito come un mix di elementi emotivi e cognitivi, ovvero quel sentimento spiacevole che deriva dalla convinzione e dal forte senso di responsabilità, spesso ingiustificati, di aver danneggiato qualcuno.
Da ciò si evince come sia dunque correlato all’altruismo e all’empatia per le altrui sofferenze. Ma anche alla paura di una punizione da parte delle figure significative.
La colpa infatti è in primis un’emozione, uno stato interiore legato a stati quali l’agonia, l’ansia, il dolore, la solitudine che, generalmente apprendiamo dal contatto con gli adulti. Infatti, nei primi anni di vita, non si ha una piena consapevolezza di cosa sia giusto o sbagliato o di come gli altri possano reagire ai nostri comportamenti.
Diffusione del senso di colpa
Secondo alcune ricerche sono le donne a provare maggiore senso di colpa: a supporto di tale constatazione sembra esserci il fatto che le donne siano anche più empatiche. È inoltre interessante notare come i sensi di colpa siano inoltre meno pronunciati nelle più giovani, forse perché cresciute in un’epoca caratterizzata da metodi educativi più rigidi.
Come si genera il senso di colpa
Sembra che non via possa essere un’unica risposta poiché varie teorie sono state formulate a tal proposito.
Il senso di colpa sembra avere dunque diverse spiegazioni o cause: secondo alcuni può nascere come reazione a qualcosa di molto doloroso, come un atteggiamento violento o la mancanza di attenzioni.
Secondo alcune teorie risulta essere la risposta ad un vero e proprio trauma: in questi casi bisogna annoverare abusi di qualsiasi tipo, non solo a livello fisico, ma anche verbale, un lutto, la fine di una relazione.
Vulnerabili al senso di colpa sono infatti le persone condizionate da eventi esterni e i depressi.
Secondo Freud risalirebbe al momento dello sviluppo mentale nel quale non vi è una netta percezione della distinzione tra pensiero e realtà.
Indipendentemente da dove derivi, quando proviamo un senso di colpa solitamente presentiamo questi sintomi:
- Abbiamo frequentemente paura di aver creato fastidio agli altri;
- Pensiamo in maniera quasi ossessiva a cosa si poteva fare per agire in modo migliore;
- Veniamo oppressi dalla colpa per cose che non sussistono o per aver fatto pensieri cattivi;
- Se vediamo reazioni negative negli altri ci assumiamo automaticamente la responsabilità;
- Diventiamo fortemente critici verso noi stessi;
- Ci convinciamo che sia colpa nostra nel caso in cui qualcosa non stia andando nel giusto verso;
- Passiamo spontaneamente, quasi in maniera automatica, dal senso di colpa alla vergogna, non solo condannandoci per ciò che avremmo potuto fare, ma addirittura per ciò che siamo;
- Non ci accettiamo più.
Come superare il senso di colpa
“Il senso di colpa vi fa sentire impotenti, stressati e come se non foste adeguati ai vostri compiti? Fate fatica a perdonarvi per le cose che avete fatto? Vi sentite in colpa quando cercate di soddisfare i vostri bisogni? Liberarsi dal senso di colpa vi aiuterà a superare il senso di colpa, il biasimo e la vergogna che portate dentro di voi” (Holly M. Eckert, 2011).
In questo circolo vizioso e viziato di emozioni e stati d’animo iniqui che si creano e che finiscono per far ammalare l’individuo, si possono utilizzare delle strategie per cercare di superare il senso di colpa. Queste valgono sia per i casi in cui siamo realmente noi i responsabili di quanto accaduto o di aver provocato il dolore di altre persone (vera colpa), sia per quelli dove il senso di colpa ci è stato indotto e siamo spinti a credere di aver creato dolore perché fuorviati da un falso senso di colpa (cosa che si verifica nella maggior parte dei casi).
Strategie per un vero senso di colpa
- Se abbiamo torto, scusiamoci e correggiamo la nostra condotta. La colpa può essere un giusto stimolo nel momento in cui ci motiva a prenderci maggiormente cura di noi stessi in futuro e a trattare con maggiore attenzione le persone che ci circondano. Quando la colpa è reale e abbiamo assunto atteggiamenti poco idonei verso altre persone, soprattutto a noi care, il modo migliore per riparare al danno è quello di chiedere scusa e di impegnarci a migliorare giorno dopo giorno il nostro modo di essere e di fare.
- Impegniamoci a modificare le nostre aspettative. Il senso di colpa può essere spesso generato da un eccessivo perfezionismo, cercando di raggiungere livelli che vanno oltre le nostre reali capacità. In tal caso la sensazione del sentirsi colpevole può facilmente essere ridotta adattando le nostre nuove aspettative, relative al controllo della realtà e ai nostri limiti, in modo da farle corrispondere al nostro nuovo e più consapevole livello di funzionalità.
- Cambiamo il nostro modo di vedere e di vederci. Spesso assumiamo un atteggiamento fortemente critico verso noi stessi, andando a colpevolizzarci per qualsiasi cosa e a giustificare gli altrui modi di fare. Possiamo impegnarci a cambiare i nostri modi abituali di pensare a noi stessi per renderli più veritieri e amichevoli.
- Quando il senso di colpa ci attanaglia, spostiamo la nostra attenzione. È chiaro che il senso di colpa giunge inevitabilmente prima o poi, ma è possibile controllare il nostro modo di reagire quando questo si manifesta. Per cui, se ci rendiamo conto che la sensazione che si genera in noi non porta a nulla di produttivo ma, al contrario, tende a minare la nostra sicurezza e stabilità, adoperiamoci a rivolgere la nostra attenzione verso qualcosa che può farci sentire meglio, senza alterare la nostra lucidità.
Strategie per un falso senso di colpa dovuto a manipolazione emotiva
- Impara ad essere assertivo. È fondamentale, allo scopo di ridurre o sconfiggere il senso di colpa, imparare l’assertività, difendendo noi stessi attraverso l’esplicita affermazione di ciò che vogliamo e di ciò che non faremo. In questo modo evitiamo a monte di incorrere nel rischio di cadere nel senso di colpa per paura delle reazioni altrui.
- Analizzare attentamente le situazioni in cui ci si trova. È fondamentale cercare di mantenere sempre una certa freddezza e lucidità in qualunque situazione, specie nel contatto con altre persone, al fine di non lasciarsi sopraffare dalle altrui personalità.
- Accertarsi dell’onestà morale delle persone che ci circondano. Sarebbe opportuno valutare bene ogni aspetto caratteriale delle persone con cui intessiamo relazioni di affetto e fiducia.
- Rivalutiamo le nostre relazioni. In ultima analisi possiamo esercitare quello che viene definito triage delle relazioni per prendere decisioni chiare e definitive su chi includere nella nostra vita, focalizzando la nostra attenzione sulle relazioni più preziose o necessarie e tagliando fuori quelle che si presentano come tossiche o poco importanti.
- Butta fuori il senso di colpa. Se vedi che i tuoi sensi di colpa sono persistenti, e senti di stare in situazioni da cui fai fatica ad uscire, puoi provare a parlarne con uno psicoterapeuta.
In questo modo potremmo evitare di cadere vittime di manipolazioni o di farci atterrire dalla suscettibilità altrui, quando non motivata realmente.
- Cerchiamo di ammettere le nostre responsabilità e fare ammenda. Questo è il primo modo per rimanere noi stessi e agire nel modo più giusto e ragionevole possibile.
Conclusione
Da quanto detto fino ad ora, analizzando il fenomeno completo del senso di colpa e della manipolazione emotiva, possiamo constatare la potenza della persuasione psicologica in questi giochi di potere che si innescano e che spingono l’individuo più debole (la vittima) a cadere nel vortice della colpa e a non uscirne più.
Ci saranno sicuramente momenti in cui ognuno di noi ha commesso un errore e ferito qualcuno e ci siamo dovuti assumere le nostre responsabilità chiedendo scusa, ma sono anche molte le circostanze in cui queste scuse sono giunte senza una colpa reale, solo perché persuasi dalla suscettibilità altrui. Ma essere suscettibili alla manipolazione di altri non renderà migliore il modo in cui ci rapportiamo agli altri.
Per questo è bene ricordare che solo nel momento in cui siamo pienamente consapevoli di aver sbagliato possiamo e dobbiamo chiedere scusa.
Bibliografia
- Battacchi, M.W. (2002). Vergogna e senso di colpa. In psicologia e nella letteratura, Cortina Raffaello Editore.
- Della Seta, L. (2010). Debellare il senso di colpa. Contro l’ansia, contro la sofferenza psichica, Marsilio Editore.
- Forward, S., & Fraizer, D. (2001). Il senso di colpa. Come liberarsi dai ricatti morali, TEA.
- Eckart, H.M. (2011). Liberarsi dal senso di colpa. Sei passi per riappropriarsi della propria vita, Esserci.
- Etxebarria, I., Ortiz, M. J., Conejero, S. y Pascual, A. (2009). Intensity of habitual guilt in men and women: Differences in interpersonal sensitivity and the tendency towards anxious-aggressive guilt, Spanish Journal of Psychology, 12 (2): 540-554
- Lewicki, R. J. et. Al. (2016). An Exploration of the Structure of Effective Apologies. Negotiation and Conflict Management Research; 9(2): 177-196.
- Fischer, K. W., Shaver, P. R., Carnochan, P. (1990). How emotions develop and how they organise development, Cognition And Emotion, 4(2), 81-127.
- Klein, M., Meneguz, G. (2012). Aggressività, angoscia, senso di colpa, Bollate Boringhieri.
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