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6 Maggio 2019Martina è una donna di 39 anni che ha da sempre avuto un rapporto sessuale di piena libertà e consapevolezza nei confronti del sesso. All’età di 28 anni la sua sessualità subisce un cambiamento radicale con la scoperta del mondo del BDSM. Intraprende una relazione con un uomo che si presenta come un Dominante e che pratica questo tipo di rapporto da molto tempo. Inizialmente Martina è semplicemente incuriosita da ciò che quest’uomo le racconta delle sue esperienze, ma rimane sempre convinta che questo tipo di cose non faccia per lei. Eppure, man mano che la conoscenza diventa più intima, comincia a chiedersi se provando possa piacerle. Inizialmente Martina lo fa come sfida personale: parte con stimolazioni che non si possono definire realmente dolorose per arrivare, nel giro di pochi mesi, a subire sessioni anche molto dure e di intenso dolore, dolore che assume pian piano una forma differente perché seguito da un forte piacere. Il suo corpo, con l’andare del tempo, comincia a reagire agli stimoli di dolore come a quelli che provocano eccitazione. Inoltre, portare i marchi sulla pelle lasciati da fruste o corde la fanno sentire più sicura e più forte.
Roberto è un ragazzo di 32 anni con una certa istruzione alle spalle e con un lavoro consolidato e di una certa importanza. Ha iniziato ad approcciarsi al mondo del BDSM da molto tempo, essendo stato attratto, fin da ragazzino, dal sesso spinto e dai film porno molto arditi. A 19 anni, quasi per gioco, inizia un rapporto molto intenso del tipo Master-slave con un’amica con cui usciva spesso e da lì poi esperienze di vario tipo che prevedono, per lo più, infliggere dolore non tanto dal punto di vista fisico, quanto mentale. Roberto ama umiliare le proprie slaves con parole molto forti e sottoporle a pratiche come il pissing o l’ingestione dello sperma. Usa mollette, la cinta o il cucchiaio di legno per impartire alle sue slaves una lezione, ma soprattutto usa le mani: schiaffi e sculacciate lo appagano maggiormente. Ma è sempre la slave che ha il comando della situazione e che può interrompere la pratica in qualunque momento voglia.
Sono questi due esempi di sadomasochismo. Nella vita di tutti i giorni sentiamo la pronunciare, ma quanti di noi sanno realmente che cosa si intende quando si parla di “sadomasochismo”?
È importante non confondere questo tipo di pratica con i disturbi parafiliaci del sadismo e del masochismo, cui pure è strettamente associato.
Il sadismo sessuale, infatti, è un disturbo psicosessuale in cui l’appagamento deriva dall’infliggere dolore ad altri durante l’atto sessuale. Contrariamente, il masochismo sessuale è sempre un disturbo di natura psicosessuale in cui il piacere e la soddisfazione sessuale si ottengono attraverso il dolore procurato a se stessi.
Ciò premesso, vediamo ora nel dettaglio in che cosa consiste e come si caratterizza nelle sue accezioni specifiche il “sadomasochismo”.
Indice contenuti
Che cosa si intende per “sadomasochismo”?
Da cosa deriva il sadomasochismo? Esiste una relazione complementare e simmetrica tra sadismo e masochismo che, nella fattispecie, sono due facce della stessa medaglia, due poli della medesima parafilia, le cui forme attive e passive in cui si manifestano. convivono e si incontrano in uno stesso soggetto.
Secondo quanto afferma Freud: “Chi prova piacere ad infliggere dolore agli altri in relazioni sessuali è anche capace di godere il dolore come un piacere che da questi può derivare. Un sadico è al tempo stesso un masochista, sebbene l’aspetto attivo e quello passivo della perversione possa essere in lui più fortemente sviluppato e costruire la sua attività sessuale prevalente”.
Si parte quindi dal disturbo del sadismo nel quale, come suddetto, il piacere deriva dal veder soffrire la propria vittima.
Dal punto di vista psicodinamico classico il sadico si identifica con la sua vittima: ciò implica che gode anche a far soffrire se stesso, sfociando così nel masochismo.
Il sado-masochismo, quindi, è ritenuto da Freud una delle maggiori polarità che influenzano e caratterizzano la vita sessuale, sia essa nelle coppie uomo-donna, attivo-passivo, fallico-castrato.
Nello specifico, le pratiche di BDSM consistono in pratiche sessuali inconsuete che implicano giochi di ruolo, vincoli fisici, cambi di potere e, a volte, l’induzione del dolore. Il termine indica una vasta gamma di pratiche relazionali e/o erotiche che consentono di condividere fantasie sessuali basate sul dolore, lo squilibrio del potere e/o l’umiliazione tra due o più partner adulti e che traggono appagamento e piacere da queste pratiche.
Il fine ultimo di un rapporto di questo tipo è il benessere delle parti coinvolte che non necessariamente sfocia nel piacere sessuale. In alcuni casi, più che al raggiungimento dell’orgasmo si punta alla piena soddisfazione mentale.
L’acronimo è la combinazione delle abbreviazioni B/D (bondage e discipline), D/S (dominanza e sottomissione) e S/M (sadismo e masochismo).
Diagnosi scientifica
Le pratiche del sadomasochismo implicano un uso consenziente di stimolazione fisica o psicologica e sono spesso associate al dolore e/o al potere per produrre eccitazione e soddisfazione sessuale.
In passato, attività del genere, erano accumunate alla psicopatologia, ma studi recenti hanno dimostrato che il sadomasochismo non rientra nella categoria dei disturbi mentali, e se viene praticato in modo consenziente e senza creare situazioni di stress negativo non si rende necessaria una diagnosi clinica.
Tuttavia, nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM V) il sadismo e il masochismo da cui trae origine sono considerati disturbi parafiliaci e dell’identità di genere, mentre il sadomasochismo, benché contenga al suo interno entrambi i disturbi, non può essere considerato come tale, rientrando comunque nella classificazione delle parafilie caratterizzate da fantasie e impulsi ricorrenti ed eccessivamente intense e comportamenti sessualmente eccitanti, che implicano sofferenze fisiche e/o umiliazione di sé o del proprio partner.
Chi pratica il sadomaso?
Uno studio scientifico sostiene che chi pratica BDSM non è uno psicopatico. Coloro che si fanno coinvolgere in rapporti simili sono, generalmente, estroversi, aperti a nuove esperienze, coscienti di sé e meno nevrotici rispetto a coloro che nel linguaggio comune vengono definiti “normali”.
Questi soggetti non temono di comunicare i loro desideri sessuali al partner, anche i più spinti, proprio perché sanno precisamente cosa vogliono e il partner vive con meno frustrazione le relazioni fisiche ed emotive. Per mettere in pratica le proprie fantasie, il primo passo da compiere è quello di aprirsi con il partner, indicando nel dettaglio i propri gusti e i propri desideri.
In sostanza si deve realizzare un accordo fra i due, mettendo in chiaro quali cose non possono essere fatte durante il rapporto e, soprattutto, sottolineando che sussiste la possibilità di cambiare idea in qualunque momento e per un qualsiasi motivo.
A tal fine si ritiene necessaria la definizione di una “parola di sicurezza” da usare qualora si desideri interrompere una determinata pratica.
A questo punto del rapporto si possono stabilire i ruoli.
I practitioners, infatti, possono rivestire ruoli diversi durante una pratica sadomasochistica come, ad esempio, il ruolo del padrone (DOM, ossia colui che esercita il controllo), il ruolo del sottomesso (SUB, l’altra persona che si lascia dominare), o, a seconda delle circostanze, si può verificare l’inversione dei ruoli che prende il nome di Switch.
Per le prime volte, comunque, si comincia generalmente con qualcosa di leggero come le sculacciate, per passare poi, in un secondo momento, a frustate, bondage e veri e propri rapporti di dominazione. Ciò che si ritiene importante è dare libero sfogo alle proprie fantasie in maniera graduale, senza provare fin da subito ogni tipo di esperienza.
È inoltre estremamente fondamentale che non vi sia alcun tipo di costrizione: tutto deve avvenire consensualmente e in piena libertà.
Analizziamo nello specifico i ruoli che ciascuna delle parti coinvolte in un rapporto di questo tipo può assumere.
Ruoli nel BDSM
Nel sadomasochismo, che sia un rapporto sessuale occasionale o una relazione consolidata nel tempo, la prima cosa che ognuna delle persone implicate è chiamata a fare consiste nello scegliere se vuole essere la persona dominante o la sottomessa.
Come spiegato appena sopra, coloro che sono interessati a entrambi i ruoli sono indicati col termine switch. Uno switch può decidere di possedere una persona e di essere sottomesso con un’altra (contemporaneamente o in momenti differenti della sua vita), o ancora andare alla ricerca di uno o più switch con cui vivere una fluidità di ruoli.
Il rapporto tra colui che domina e colui che decide di sottomettersi è chiamato D/s. Coloro che invece non hanno alcun interesse nel realizzare dinamiche di Dominazione e Sottomissione vengono chiamati “top” se patteggiano per il ruolo attivo o “bottom” se, invece, preferiscono subire.
Contrariamente si definiscono con i termini di master o mistress, in italiano padrone e padrona, i soggetti che intrattengono una relazione continuativa nel tempo in cui la parte Ds è preponderante. I l loro corrispettivo in senso opposto è slave, ossia schiavo o schiava.
Come possiamo notare, quindi, esistono svariate tipologie di pratiche sadomaso che utilizzano anche dei simboli ben precisi.
Simboli tipici del BDSM
Le persone che praticano il sadomasochismo tendono ad usare dei simboli convenzionali per riconoscersi a vicenda e per mettere fin da subito in chiaro il ruolo ricoperto.
Colui che svolge il ruolo del sottomesso, ad esempio, è riconoscibile grazie ad un collare e all’head harness, entrambi simboli di umiliazione e subordinazione.
L’head harness è una sorta di bavaglio per avvolgere il capo, creato con l’uso di cinghie o fibbie da allacciare dietro la nuca.
Può anche essere usato come “museruola” per impedire al sottomesso di aprir bocca e proferire parola durante il rapporto.
Per ciò che concerne il ruolo di dominatore, invece, i soggetti che scelgono di essere padroni si rifanno alla cultura “leather” che implica un tipo di abbigliamento specifico caratterizzato da capi neri ed in pelle. In questo modo, i dominatori riescono ad esprimere mascolinità e potenza erotica.
Altri simboli tipici del BDSM sono l’anello d’O, che si rifà a quello indossato dalla protagonista del romanzo “Histoire d’O” che consiste in un anello di ferro da portare al dito come simbolo di schiavitù non solo verso il proprio padrone, ma verso chiunque dimostri di riconoscere il significato dell’anello; e la triscele, il segno univoco creato nel 1994 per indicare la comunità che si ispira ad alcuni simboli celtici.
Cause del sadomasochismo
Alla base di tali pratiche possono esserci traumi infantili, casi di abuso che possono cambiare il modo di vedere il mondo. La persona in questione può arrivare a sviluppare tale pratiche a seguito di eventi traumatici sperimentati anche in età adolescenziale.
Studi condotti di recente, però, hanno dimostrato che le pratiche implicate nel BDSM potrebbero essere considerate addirittura un’“attività ricreativa”, anziché la trasposizione di processi psicopatologici. Attualmente, la maggior parte di queste esperienze costituisce un passatempo piacevole e totalmente occasionale.
Ma cosa nascondono tali pratiche?
Molti dei soggetti che praticano queste attività sessuali, riferiscono che “la maggior parte delle volte” o “quasi sempre” tali pratiche vengono associate a:
- Senso di libertà;
- Sensazione di piacere, appagamento o godimento;
- Messa in pratica di abilità personali;
- Senso di rilassamento o riduzione dello stress;
- Estroversione/esplorazione;
- Un mix di sensazioni ed emozioni positive.
In uno studio che ha preso in esame 902 soggetti praticanti il BDSM e 434 controlli considerati “normali”, basandosi sulla compilazione di questionari online (Five Well-being Index, Rejection Sensivity Questionnaire, ecc.), le caratteristiche psicologiche dei practitioners sono emerse come maggiormente positive rispetto a quelle del gruppo dei “normali”.
Coloro che praticano attività sessuali definite dalla massa “strane” è risultato:
- Meno incline alle nevrosi;
- Molto più estroverso;
- Più aperto a nuove esperienze;
- Meno sensibile o, comunque, incurante del giudizio sociale e degli altrui pregiudizi;
- Con uno stato di benessere personale, fisico e mentale, più alto.
Dagli accertamenti fatti queste persone sono risultate idonee e adeguate dal punto di vista sociale e psicologico. Pare che la pratica del BDSM provochi un vero e proprio piacere dal punto di vista mentale grazie proprio alla dinamica del potere che si viene a creare tra dominante e sottomesso. Quest’ultimo trova la sua gratificazione nell’umiliazione, nell’assenza di potere e nella sensazione di impotenza di fronte al suo “padrone”, il quale, invece, trae soddisfazione dalla libertà di poter disporre al 100% del suo “schiavo”.
Benché queste pratiche siano connotate dal dolore sia fisico che psicologico, nel BDSM non mancano però gli atti di tenerezza e di rilassamento, delle “riappacificazioni” tra le due parti al termine del gioco. Spesso, infatti, accade che il padrone si dedichi al suo schiavo attribuendogli dei premi, specie nel momento in cui quest’ultimo abbia eseguito a perfezione il suo ruolo.
Le pratiche di dominazione e sottomissione vengono definite di natura sessuale, ma la maggior parte delle volte la penetrazione è completamente assente in questi rapporti. Il più delle volte non si raggiunge l’orgasmo, ma realizzare le proprie fantasie sadomaso può rivelarsi estremamente eccitante perché consente di esplorare un’energia erotica che, in partenza, aveva solo stuzzicato l’immaginazione. La soddisfazione raggiunta è, quindi, meramente mentale.
Diffusione e frequenza
I dati epidemiologici sostengono che il sadomasochismo attualmente è prevalentemente maschile e che risulta esserci una prevalenza di masochisti rispetto ai sadici, anche se questa tendenza può cambiare nel corso della vita.
La passione per il sadomaso, per il bondage e per la sottomissione sono molto diffuse e, addirittura, in Italia più di 4 milioni di persone li praticano.
Si stima che almeno una persona su dieci ha provato questa pratica almeno una volta nella vita ed è, in qualche modo, interessata a rifarlo. Sono molte le persone che provano una forte eccitazione nell’infliggere dolore o nel sottomettersi ai voleri e ai desideri di quello che viene designato come padrone. Benché si tratti di una pratica scandalosa e alquanto degradante secondo il buon costume, il luogo comune e la morale imposta dalla società, le coppie che l’hanno sperimentata la giudicano estremamente stuzzicante e riescono addirittura in questo modo a migliorare la comunicazione nella relazione.
Conseguenze penali
Il fatto che il BDSM sia stato etichettato come una pratica squallida e ignobile a livello mediatico ha fatto sì che questo tipo di rapporti iniziasse a godere di una cattiva reputazione.
Oggi ognuno di noi vive la propria vita sessuale liberamente e questo l’abbiamo visto ampiamente. Il sadomasochismo non è vietato per legge, purché venga praticato tra adulti consenzienti. Poiché, anche se il sadomasochismo è fondato su un rapporto dominante/dominato, nessuna sevizia può essere inflitta all’altro senza aver avuto il suo consenso. Altrimenti in questo caso ci troveremmo in presenza di un’aggressione.
Trattamento
Il trattamento del sadomasochismo può essere affrontato attraverso una terapia sessuale il cui obiettivo è quello di sostituire o fornire fantasie alternative a quelle presenti che risultano essere devianti. In questi casi è utile cercare uno psicologo psicoterapeuta esperto in sessuologia con cui parlarne apertamente che possa procedere attraverso l’analisi del vissuto soggettivo della persona in questione o della coppia, poiché saranno le insoddisfazioni espresse e la voglia di cambiamento i fattori determinanti della terapia.
Approfondimenti:
- Parafilie e devianza. Psicologia e psicopatologia del comportamento sessuale atipico, di Fabrizio Quattrini
- Huws, R., Shubsachs, A. P.W.,&Taylor, P. J., (1991) Hypersexuality, fetishism and multiple sclerosis. British Journal of Psychiatry, 158, 280–281.
- Kafka, M. P.,&Hennen, J. (2003), Hypersexual desire in males: Are males with paraphilias different from males with paraphilia-related disorders. Sexual Abuse: A Journal of Research and Treatment, 15(4), 307–321.
- Lowenstein, L. F. (1997), Fetishes: General and specific. Psychotherapy in Private Practice, 16(4), 53–65.
- Mason, F. L. (1997), Fetishism: Psychopathology and theory. In D. R. Laws&W. O’Donohue (Eds.), Sexual deviance: Theory, assessment, and treatment (pp. 75–91). New York: Guilford Press.
- Person, E. S. (2005), Paraphilias. In B. M. Sadock&V. A. Sadock (Eds.), Comprehensive textbook of psychiatry (8th ed., p. 1977). Philadelphia: Lippincott Williams & Wilkins.
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