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Indice contenuti
Cogicentrismo: l’insicurezza in cerca di certezza
Il Cogicentrismo è l’insistente convinzione che il pensiero razionale sia superiore a ogni altra forma di pensiero.
Il famoso motto “conosci te stesso” ha portato la psicologia a basare il suo metodo sulla logica razionale-tradizionale. Tuttavia, mantenere questo criterio all’interno di una disciplina che si occupa delle relazioni tra la mente, gli altri e il mondo può spingere verso una spiegazione forzata che si adatta comodamente alla logica ordinaria. Questo desiderio di rientrare a tutti i costi in un quadro logico ordinario può portare inevitabilmente a errori di valutazione, decisioni disfunzionali e incertezze.
Dialogo interno e conflitti del pensiero
Un’altra dimensione che riguarda il dubbio è la lotta tra il pensiero e il pensare. Spesso quando arrivano pensieri scomodi che rifiutiamo, cerchiamo di annullarli o di scacciarli, ma come diceva la saggezza antica, “pensare di non pensarti è già pensare”. Questo tipo di pensiero disturbante può essere rivolto a eventi passati, presenti o futuri.
Inoltre, spesso cerchiamo risposte certe e rassicuranti a dilemmi irrisolvibili, cadendo nella trappola delle “risposte corrette a domande sbagliate”.
Meccanismi di pensiero che creano il dubbio e bloccano la ragione
Il dubbio socializzato e la delega
Di fronte a queste domande che generano il dubbio, facendo cadere la persona nella trappola in cui ci si ritrova in uno stato insostenibile di insicurezza, spesso l’unica via d’uscita sembra delegare la responsabilità della scelta ad altri.
La delega, però, rappresenta la “tentata soluzione” che peggiora il problema, invece di risolvere il dubbio.
La delega democratica, ad esempio, non garantisce né la libertà né la spontaneità del figlio, né che la decisione prenderà la giusta direzione. I genitori dovrebbero ricordare che il loro ruolo è guidare i figli fino a quando diventano autonomi e indipendenti. Altrimenti, finiranno per affogare nelle loro insicurezze personali e in una relazione pseudo-democratica con i figli, delegando la propria responsabilità e creando ancora più indecisione e insicurezza.
La delega per incapacità è un’altra forma in cui ci si rassicura delegando le decisioni per evitare sforzi e complicazioni che la vita ci presenta. È anche possibile cadere nell’autoinganno di essere democratici chiedendo a qualcun altro di assumersi la responsabilità al nostro posto. Oppure ci priviamo della possibilità di imparare ad avere fiducia in noi stessi e nelle nostre risorse.
Autoinganni cognitivi che alimentano il dubbio
Per sfuggire al dubbio, sono state sviluppate diverse strategie come la dissonanza cognitiva e l’autoinganno nel convincere gli altri per convincere se stessi.
La dissonanza cognitiva è un fenomeno di crisi emotiva che si manifesta quando, dopo aver fatto una scelta, sorgono dubbi sulle altre opzioni possibili. Ciò porta a dubitare se abbiamo fatto la scelta migliore o meno.
Il convincere gli altri per convincere se stessi è un fenomeno in cui si cercano di persuadere gli altri della validità di certi argomenti, convinzioni o azioni al fine di rassicurare se stessi sulla correttezza del proprio punto di vista.
Quando il dubbio diventa ossessivo e tortura la mente, un’analisi attenta basata sulle funzioni della mente può considerarlo come l’ingresso della coscienza nella consapevolezza. Si manifesta come un giudice interno che, da una posizione di superiorità, valuta le nostre azioni e pensieri mettendone in dubbio la validità e la correttezza.
La perversione della ragione
Spingendosi oltre il pensabile, si innesca un fenomeno percettivo e cognitivo confuso. Ad esempio, ci si può chiedere se si è omosessuali, bisessuali o eterosessuali, cercando di controllare ciò che dovrebbe essere un sentimento spontaneo. Questo altera le nostre percezioni e le sensazioni saranno influenzate dall’interazione tra la mente e i sensi. Si crea così un circolo vizioso di pensieri e sensazioni che complicano il problema anziché risolverlo. L’individuo può finire per cercare prove sul proprio orientamento sessuale, arrivando persino a compiere esperimenti sessuali, generando ulteriore confusione e incertezza, accompagnate da sensi di colpa e disagio.
Altri aspetti della perversione della ragione includono l’iper-razionalizzazione, in cui si cerca in continuazione la certezza prima di agire, bloccando il dubbio patologico che può manifestarsi nell’analizzare qualcosa alla ricerca di una spiegazione esaustiva o nella difficoltà nel prendere decisioni o comportarsi.
Ci sono anche figure interne che tormentano la mente, come l’inquisitore interno che fa sentire colpevole anche quando non si ha commesso alcun crimine, il sabotatore interno che fa sentire sempre in errore e il persecutore interno che crea timori e incertezze costanti. Inoltre, c’è la tendenza a delegare le proprie scelte agli altri, pensando che siano migliori di noi, a causa di un senso di incapacità o insicurezza.
Dubbio terapeutico
Il blocco delle rassicurazioni
Di fronte a dubbi senza soluzione e a tentativi di risoluzione che creano ulteriori complicazioni, l’intervento terapeutico consiste nell’interruzione del circolo vizioso tra domande impossibili e risposte irrisolvibili.
La prima posizione terapeutica consiste nel evitare di fornire al paziente spiegazioni rassicuranti o diagnosi certe, poiché potrebbero diventare una risposta ai suoi dubbi.
È importante opporre alla richiesta del paziente di risposte rassicuranti una serie ben studiata di domande che lo aiutino ad affrontare la dinamica che alimenta il disturbo. Il terapeuta guiderà il paziente nella scoperta del funzionamento del suo problema, ristrutturando le modalità disfunzionali che la persona utilizza per attenuare il proprio disagio.
L’utilizzo del dialogo strategico
Attraverso domande strategiche volte a smontare percezioni, paradossi e convinzioni che alimentano i circuiti mentali patologici, il terapeuta cerca di condurre il paziente alla scoperta del funzionamento del disturbo e di come i suoi tentativi fallimentari di combatterlo lo alimentino.
Durante il colloquio clinico, viene utilizzato il dialogo strategico per smontare le percezioni, i paradossi e le credenze che alimentano i circuiti mentali patologici. Inoltre, il terapeuta può utilizzare parafrasi ristrutturanti, riassumendo le dichiarazioni del paziente o le sue risposte alle domande, al fine di verificare la comprensione di ciò che è stato esposto.
Il linguaggio utilizzato nel contesto terapeutico è sia logico che analogico, alternando analisi logiche esplicative a immagini analogiche e metafore.
Infine la prescrizione terapeutica fornisce al paziente una strategia in grado di bloccare immediatamente il processo perverso dei dubbi e dei dilemmi.
In conclusione, la soluzione al dubbio non risiede nella ricerca di risposte risolutive, ma nell’annullamento del problema e delle sue matrici. La massima espressione della logica consiste nella capacità di bloccare i percorsi logici che conducono all’illogico. Tuttavia, per rendere semplice ciò che è complicato, sono necessarie competenze complesse.
Approfondimenti
Nardone, N., De Santis, G. (2011). Cogito ergo soffro. Quando pensare troppo fa male. Ponte alle Grazie.
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