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29 Aprile 2017Lo psicologo in ambito penale
Lo psicologo può essere nominato dal giudice, in qualità di esperto, anche nell’ambito penale. In questo caso il professionista dovrà svolgere una perizia e come tale viene definito in gergo tecnico perito.
Può succedere che il magistrato, definito peritus peritorum, nomini un esperto psicologo in ambito penale in una particolare disciplina qualora si trovi ad esprimere un giudizio in un particolare ambito di cui non ha le competenze necessarie. Il perito nominato dovrà rispondere ad una serie di quesiti posti dal giudice diventandone il suo ausiliario.
Data la delicatezza del compito che il perito in ambito penale si trova a svolgere è necessario che abbia (oltre ad un’adeguata preparazione nell’ambito specifico) caratteristiche di imparzialità e integrità morale. Deve agire in scienza e coscienza conoscendo e dichiarando i propri limiti in certi ambiti e richiedendo, se ne è il caso, l’aiuto di altri esperti. In tutto questo il rispetto del Codice Deontologico professionale è di enorme aiuto poiché funge da guida per le norme di comportamento.
Entrando più nel dettaglio, uno psicologo in ambito penale può essere chiamato a rispondere a diversi quesiti valutativi tanto per gli imputati quanto per i testimoni o per le vittime di reato.
Indice contenuti
I compiti dello psicologo in ambito penale
Fra i compiti principali troviamo:
- Valutazione della capacità di intendere e volere al momento del reato: questa valutazione è determinante per l’imputabilità o meno del reo dal momento che la giurisprudenza afferma, nell’art 85 del c.p. , che nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. E’ imputabile chi ha capacità di intendere e di volere. Pertanto quello che viene richiesto al perito è di valutare la capacità di intendere e di volere del soggetto nel momento in cui è avvenuto il fatto doloso. Possiamo definire la capacità di intendere come quella competenza che si ha e che permette di capire il disvalore sociale di un’azione nonché di anticiparne le conseguenze connesse a tale gesto. La capacità di volere invece, come ci indica la parola stessa, fa riferimento alla volontà di mettere in atto una determinata azione presupponendo delle capacità autoregolative e inibitorie. La valutazione quindi dirà se la persona era o meno in grado di intendere e di volere o se lo era parzialmente. Nel caso in cui era pienamente capace di intendere e di volere il soggetto verrà condannato, altrimenti no.
- Valutazione della pericolosità sociale: in questo caso il perito dovrà esprimere un parere prognostico sulla pericolosità del soggetto dal momento che si ritiene che possa compiere nuovi atti criminosi. Questa valutazione può essere richiesta dal giudice sia per chi è stato giudicato capace di intendere e di volere sia per chi non lo è stato.
- Valutazione della capacità di stare a processo: questa consiste nella capacità dell’imputato di partecipare in maniera idonea e consapevole a tutte le fasi del giudizio. Inoltre deve essere in grado di esprimersi assumendone un ruolo attivo ed esercitando così il proprio diritto all’autodifesa.
- Perizia sui testimoni: questa valutazione serve a stabilire se i testimoni convocati sono in grado di rendere testimonianza. E’ bene sottolineare che compito del perito non è quello di verificare la veridicità o meno di quanto raccolto nella testimonianza, bensì quello di stabilire se i processi mnestici sono integri ed adeguati. Pertanto potrà esserci un testimone che è stato giudicato idoneo a rendere testimonianza (dal momento che non sono state rilevate delle compromissioni a carico della memoria e degli organi percettivi), ma che dichiarerà il falso.
- Perizie svolte in fase esecutiva e cautelare: questa valutazione fornisce un’indicazione al giudice su quale sia la migliore misura cautelare nei confronti del detenuto ovvero, per esempio, il carcere piuttosto che un trattamento in un ospedale psichiatrico.
- Circonvenzione d’incapace: in questo caso la perizia viene richiesta sulla vittima allo scopo di accertare un qualche svantaggio (fisico, psichico o semplicemente la minore età) tali da diminuirne la comprensione dell’evento in questione nel momento in cui si è verificato. Questa risulta essere una forma di tutela nei confronti della vittima dal momento che, qualora se ne dovesse verificare lo svantaggio, ciò costituirebbe un’aggravante per il reo.
Come abbiamo avuto modo di vedere le richieste che possono sopraggiungere ad un perito sono molteplici e molto delicate oltre a spaziare dall’autore di reato alla vittima. Ancora una volta vediamo come il legislatore non lascia nulla di intentato e come sia garante tanto di chi commette il reato che di chi lo subisce. Spesso però i mass-media ci mostrano una realtà semplificata, con titoli di giornali creati ad hoc per far scandalo, atteggiamento che crea malcontento nei non addetti ai lavori svilendo il sistema giudiziario.
Scritto dalla Dott.ssa Mara Giani e dalla Dott.ssa Chiara Cicchese
Approfondimenti
La perizia psicologica in ambito civile e penale. Storia, sviluppi e pratiche, di L. Abazia
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