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Psicologia strategica come il gioco degli scacchi
Questo approccio è stato sviluppato da Paul Watzlawick e i suoi collaboratori dell’epoca presso l’Istituto di Ricerca sulla Comunicazione di Palo Alto (California).
La psicologia strategica viene paragonata al gioco degli scacchi ovvero un ”gioco” dove, per arrivare all’obiettivo finale sono necessarie “mosse”/strategie specifiche per arrivare allo scacco matto; l’unica differenza dalla psicologia strategica al gioco degli scacchi è che non vi è un vincitore e un perdente, nel senso che se dovesse perdere il paziente, ossia non dovesse raggiungere i suoi obiettivi, sarà considerato un fallimento anche da parte del terapeuta che non è stato in grado di portare il paziente ad ottenere dei cambiamenti positivi e a superare i problemi presentati.
Franz Alexander – “esperienza emozionale correttiva”
Non è necessario richiamare nel trattamento ogni sentimento che sia stato represso, nel senso che si possono ottenere dei risultati terapeutici grazie alla psicologia strategica senza la necessità che il paziente richiami tutti i particolari importanti del suo passato.
Questa vecchia convinzione che il paziente soffra per i ricordi ha segnato molti terapeuti, da rendere difficile per molti comprendere che il paziente possa soffrire, non tanto per questi ricordi, ma per difficoltà che non riesce ad affrontare nel suo presente.
L’insight intellettuale, secondo Alexander, da solo non basta per produrre un cambiamento duraturo e significativo, ma si può ottenere tramite esperienze reali vissute nel presente, nella relazione del paziente con il terapeuta o anche nella vita quotidiana, annullando così l’effetto di quelle passate.
Alexander per spiegare ciò fa riferimento a “I Miserabili” di Victor Hugo: l’obiettivo è aiutare i pazienti a cambiare la propria prospettiva di osservazione della realtà, modificando il proprio comportamento/la propria interpretazione dello stesso e delle situazioni vissute, per arrivare alla risoluzione della problematica (lavorare fin dal primo momento sul presente per promuovere un cambiamento in tempi brevi).
L’evoluzione della moderna terapia sistemica
Dal punto di vista della psicologia strategica i problemi che vogliamo risolvere attraverso il loro cambiamento non sono problemi correlati alle proprietà degli oggetti o delle situazioni (definita realtà di primo ordine) ma sono correlati al significato, al senso e al valore che noi attribuiamo ad oggetti e situazioni.
Non sono le cose in sé che ci preoccupano, ma le opinioni che noi abbiamo di quelle cose.
Il linguaggio ingiuntivo
Esiste, inoltre, un altro linguaggio: secondo George Spencer Brown nel suo libro Laws of form definisce il concetto di linguaggio ingiuntivo. Prendendo la comunicazione matematica come punto di partenza (la forma primaria della comunicazione matematica non è la descrizione, ma l’ingiunzione). In altre parole, se riusciamo a convincere qualcuno ad intraprendere un’azione, di per sé sempre possibile, ma che quel qualcuno non ha compiuto perché nella sua realtà di secondo ordine non trovava né senso né ragione di portarla a compimento, allora tramite la stessa realizzazione di questa azione egli attuerà qualcosa che mai nessuna spiegazione e interpretazione avrebbe potuto indurlo a vedere ed esperire. E da qui si è iniziato a parlare di Heinz von Foerster e del suo imperativo: “Se vuoi vedere, impara ad agire”.
Le eresie della psicologia strategica
Secondo quanto detto l’approccio della psicologia strategica alla terapia dei disturbi psichici e comportamentali è considerato un’eresia rispetto alla gran parte dei modelli di psicoterapia.
- Prima eresia: iI terapeuta può essere considerato l’«eretico» della psicoterapia (eretico = colui che ha possibilità di scelta), in quanto egli non è rinchiuso in un modello rigido di interpretazione della natura umana o in un rigido modello psicologico e psichiatrico.
L’approccio strategico alla terapia è caratterizzato dall’impossibilità, da parte di qualunque scienza, di offrire una spiegazione “vera” e “definitiva” della realtà, ma piuttosto è, invece, determinato dal punto di osservazione del ricercatore/soggetto. Non esiste una sola realtà ma tante realtà a seconda dei punti di osservazione e degli strumenti utilizzati per osservare.
Le teorie devono essere, per il clinico, ipotesi per rapportarsi al mondo, punti di vista parziali, utili per descrivere e organizzare i dati osservabili, per ottenere successi terapeutici; da correggere di fronte agli insuccessi.
Il pensiero strategico, invece, si interessa dell’esistenza e della convivenza tra gli individui, della percezione e relazione che ogni individuo vive con se stesso, con gli altri e con il mondo (si interessa degli oggetti/soggetti in relazione). Importante adattare sempre le strategie alla situazione e non la situazione alle proprie teorie; quindi si passa dall’atteggiamento fideista (che ha fede) del credente, all’atteggiamento disilluso del ricercatore. - Seconda eresia: il compito del terapeuta si focalizza piuttosto che sulla ricerca delle cause del problema per estrarre verità nascoste, sul come funziona il problema e sul come si può cambiare la situazione di disagio di un soggetto, coppia o famiglia (sapere come fare piuttosto che un sapere perché). Il ruolo del terapeuta è quello di aiutare il paziente a risolvere il suo problema e ad acquisire attraverso questa esperienza la capacità di affrontare nel modo migliore i nuovi problemi.
Particolare attenzione è stata data alla nostra percezione della realtà e al nostro rapporto con essa, e come grazie a questi processi, si creino situazioni problematiche, e come, attraverso questi stessi processi, è possibile risolvere le situazioni problematiche.
Spesso le “tentate soluzioni” mantengono o aggravano il problema. L’intervento terapeutico è rappresentato dallo spostamento del punto di osservazione del soggetto (rendere elastica, non assolutistica, la percezione-reazione dei soggetti). - Terza eresia: procedure (strategie deputate a provocare il cambiamento) e processualità (fasi evolutive del cambiamento) sono diverse dalle classiche forme di psicoterapia. L’assurda convinzione che problemi o disagi abbiano bisogno, per essere risolti, di un lungo trattamento terapeutico viene smentita da un esempio di approccio strategico (problema dei nove punti): nell’ottica strategica i problemi umani possono essere risolti attraverso la rottura del sistema relazionale e cognitivo che mantiene la situazione problematica portando alla risoluzione del problema (cambiamento = modifica del sistema percettivo-reattivo mantenuto attivo dalle «tentate soluzioni).
- Quarta eresia: dal punto di vista strategico si parte dalla convinzione che per cambiare una situazione problematica, prima si deve cambiare l’agire e di conseguenza il pensare del paziente, o meglio il punto di osservazione. L’esperienza concreta determina il cambiamento del nostro modo di percepire e reagire nei confronti della realtà. Prima si cerca di produrre cambiamenti nel percepire-agire del soggetto, per poi passare alla ridefinizione, a livello cognitivo, di ciò che è stato esperito. Quindi è l’agire o l’esperienza che producono il cambiamento, che va poi rafforzato e reso consapevole.
La psicoterapia breve strategica
Si parla di un intervento terapeutico breve che ha l’obiettivo di estinguere i sintomi e risolvere il problema.
Ci si focalizzerà sulla ristrutturazione e modifica del modo di percepire la realtà, sulla rottura del Sistema Percettivo-Reattivo rigido del paziente, sulla ridefinizione della situazione e sulla modifica delle percezioni e delle concezioni del mondo.
L’attenzione del terapeuta sarà rivolta sul:
- come vive l’interazione con se stesso, con gli altri e con il mondo;
- come il problema da lui presentato funziona all’interno di questi sistemi relazionali;
- come il soggetto ha cercato di combattere tale problematica;
- come è possibile cambiare questa problematica nel modo più veloce/efficace possibile.
Innanzitutto il terapeuta svilupperà una o più ipotesi, dopo di che traccerà insieme al paziente, gli obiettivi da raggiungere e infine applicherà strategie specifiche e appropriate per tale problematica.
Fasi del trattamento della terapia breve
Vi sono infine diverse fasi del trattamento:
- Primo incontro e costruzione della relazione terapeutica: contatto, fiducia, suggestioni positive e fondamentale sono l’osservazione e imparare a parlare la lingua del paziente (ricalco).
- Definizione del problema: viene approfondita la conoscenza della realtà che il soggetto vive.
- Accordo sugli obiettivi della terapia: questa fase ha una duplice funzione, da una parte è considerata una buona forma di guida metodologica per l’analista, dall’altra funge da suggestione positiva per il paziente. importante sottolineare che è molto più efficace creare una scala di piccoli obiettivi piuttosto che occuparsi di obiettivi troppo grandi così da non far apparire al paziente un lavoro troppo ansiogeno.
- Individuazione del sistema percettivo-reattivo che mantiene il problema: bisogna rilevare come si mantiene il problema e su quale dei diversi fattori bisogna intervenire, trovare i punti cardine della situazione e le giuste leve per ottenere un cambiamento; importanti sono anche, da tenere in considerazione, le interazioni sociali (che possono influenzare il soggetto)
- Programmazione terapeutica e strategie di cambiamento: alcune strategie di cambiamento focalizzano l’attenzione del paziente su cambiamenti apparentemente banali per non far sentire al paziente richieste esagerate rispetto alla percezione che hanno delle loro risorse personali (aggirare la resistenza al cambiamento); imparare ad usare il linguaggio del paziente; la ristrutturazione che è una delle tecniche più sottili di persuasione (ricodificare la percezione della realtà di una persona senza cambiare il significato delle cose, ma cambiando la struttura – cambiando la cornice si cambia in modo indiretto il significato stesso), quindi si può considerare una tecnica di scardinamento della rigida logica di un soggetto. Vengono evitate le forme linguistiche negative perché promuoverebbero l’irrigidimento e il rifiuto, molto più efficace è gratificare la persona e poi dare delle ingiunzioni per la modifica del suo comportamento. Inoltre viene utilizzato il paradosso e la comunicazione paradossale, si tratta di trabocchetti logici nei quali cade tutta la logica razionalista classica e viene scardinata la logica Aristotelica del “vero e falso”, mettendo in crisi il sistema preesistente di percezioni e reazioni nei confronti della realtà.
- Conclusione del trattamento: viene consolidata l’autonomia del paziente, viene fatto un riepilogo e data una spiegazione dettagliata del processo terapeutico messo in atto e delle strategie utilizzate; importante è anche esaltare la capacità del paziente di aver eseguito con costanza e tenacia il duro lavoro.
L’intervento strategico breve
L’intervento dello psicoterapeuta è attivo, energico. Il linguaggio utilizzato dalla comunicazione strategica è suggestivo; vi è sempre il tentativo di “catturare” il paziente e instaurare un’atmosfera suggestiva che invada lo spazio e il tempo della comunicazione, aumentando così il potere nelle mani del terapeuta.
Inoltre, come detto in precedenza, il parlare lo stesso linguaggio del paziente aumenta (nel paziente) la sensazione di sentirsi compreso e aiutato, instaurando così un clima di fiducia, fondamentale per ottenere un esito positivo per il trattamento.
La suggestione viene anche utilizzata per aggirare la resistenza al cambiamento, caratterizzata da un significato simbolico da portare alla consapevolezza del paziente. La resistenza al cambiamento è, quindi, una modalità di relazione con il contesto e comprende le “tentate soluzioni” che caratterizzano il problema. Concetto importante da tener presente che la suggestione è vero che genera malessere ma allo stesso tempo risulta funzionale all’individuo; il terapeuta deve mettersi in gioco per destrutturare la visione disfunzionale della realtà che crea il problema.
Conclusione
Quando si parla di psicoterapia strategica quindi, si intende un approccio breve e mirato, che ha l’obiettivo di raggiungere i risultati in tempi brevi. Inoltre, si focalizza sulla creazione di soluzioni specifiche per il paziente attraverso l’utilizzo di varie strategie, piuttosto che sull’applicazione di un modello universale di trattamento.
Riferimenti
- Nardone, G., Watzlawick, P. (2015). L’arte del cambiamento. La soluzione dei problemi psicologici personali e interpersonali in tempi brevi. Tea
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