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20 Novembre 2012In anni recenti vari studi si sono interessati degli effetti del perdono sulla salute psico-fisica. Oltre alle più prevedibili conseguenze sul benessere psicologico, dal momento che il perdono ovviamente diminuisce od elimina il risentimento, restituendo una più serena modalità di relazionarsi con gli altri e con se stessi, si è trovato che esso produce benefici anche sulla salute fisica. Risultati di vari studi indicano ad es. che i soggetti che riescono a perdonare godono di migliore salute rispetto a chi non perdona, che il perdono diminuisce i valori pressori e migliora la funzionalità cardiaca.
Secondo Robert D. Enright, PhD, psicologo e professore di Psicologia Educativa all’Università di Madison nello Stato di Wisconsin (USA), sentimenti negativi come l’ira, l’odio, il rancore e il rifiuto di perdonare sono alla base di vari disturbi funzionali e alla lunga organici. Inoltre egli sostiene che la nostra ira non danneggia tanto chi ci ha danneggiato, che può essere persino inconsapevole di aver commesso un torto e un danno, quanto noi stessi e i nostri familiari. Quest’ultimo concetto è certamente condivisibile: con ogni probabilità conseguono effetti deleteri anzitutto psicologici e sociali al “mancato perdono”.
Questi effetti possono essere talmente nocivi da farmi ritenere che il perdono è molto più utile a chi ha ricevuto il torto che a chi lo ha commesso e che “non perdonare” è una condizione psicologica molto pericolosa proprio perché gravida di deleterie conseguenze.
Anche l’etimologia viene in aiuto a tali tesi; infatti il “non perdono” si associa inevitabilmente al “rancore”, parola che deriva dal latino “rancidum” che rimanda a qualcosa di cattivo, immangiabile e nocivo per la salute. Si può pensare che essendo il rancore un sentimento, la persona sia in grado di controllarlo impedendo che produca atti lesivi e danni tangibili contro chi è diretto. L’individuo che serba rancore potrebbe in questo modo giustificare se stesso, sia per la difficoltà a modificare i propri sentimenti, sia per la convinzione di riuscire a controllarli impedendo che si tramutino in azione. In realtà il rancore è una bomba pronta ad esplodere: se si verificheranno delle condizioni opportune, è molto probabile che il soggetto che non ha perdonato, anche inconsciamente o involontariamente compirà degli atti ostili nei confronti della persona odiata, proprio a causa del sentimento che predispone ad essi. L’atto ostile che danneggia l’altro poi, per sua natura, molto spesso se non sempre, si ripercuote negativamente su chi lo ha commesso e questo è tanto più vero quanto più i due attori della vicenda sono prossimi per legami parentali o sociali. Si pensi infatti ad una famiglia: se uno dei membri soffre, anche gli altri ne risentiranno. Non perdonare, tanto più dal momento in cui produce un danno tangibile per l’altro produrrà anche nel soggetto che non aveva perdonato quanto meno sentimenti di rimorso e spesso gravi conseguenze negative sulla sua esistenza. E’ appena il caso di rilevare che si possono danneggiare gli altri in molti modi, anche gravemente, pur restando entro i limiti della legge e in circostanze che sarebbe difficile provare davanti ad un giudice. Si può obiettare che, essendo il rancore un sentimento, non è facile o possibile cancellarlo volontariamente. Si può forse però “voler” provare a farlo.
Indice contenuti
Approfondimenti
- Robert D. Enright, Il perdono è una scelta. Ed. Salus Infirmorum 2011
- Britta A. Larsen et alii. Psychosomatic Medicine July 20, 2012
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