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Avete mai sentito parlare dell’alessitimia?
L’alessitimia è una condizione alquanto diffusa e comune che indica l’impossibilità di comunicare le proprie emozioni.
Dall’esterno potrebbe sembrare qualcosa di assurdo perché siamo convinti del fatto che le emozioni siano qualcosa di comune ed universale.
Quel qualcosa che tutti noi sperimentiamo allo stesso identico modo: partendo da questo presupposto crediamo che anche la loro espressione sia comune ed universale, però non è così.
L’alessitimia, per chi non lo sapesse, è un vero e proprio disturbo, riconosciuto a tutti gli effetti. Cerchiamo di comprendere meglio di cosa stiamo parlando, qui di seguito.
Indice contenuti
Alessitimia: cos’è?
Il termine alessitimia deriva da “alexithymia” che sta per “mancanza di emozione”.
Il primo a parlarne fu Sifneos negli anni ’70.
Questo disturbo si caratterizza per la presenza di alcuni tratti alquanto distintivi:
- mancanza della capacità di identificare e descrivere ottimamente le proprie emozioni;
- difficoltà nella distinzione tra emozioni e sensazioni corporee associate allo stato emotivo;
- uno stile cognitivo caratterizzato da concretezza e razionalità con una scarsa capacità immaginativa.
Tutto ciò ci permette di capire le difficoltà e l’incapacità dei soggetti alessitimici: si tratta di persone che hanno difficoltà nell’interpretare ottimamente le proprie emozioni.
Non si tratta di un disturbo a sé stante, ma viene riconosciuto più che altro come un tratto e un disturbo che caratterizza alcune personalità, come i soggetti con personalità evitante, dipendente o narcisistica.
Come afferma Nemiah et altri possiamo dire dunque che “L’alexitimia è un fenomeno subclinico che comporta una mancanza di consapevolezza emotiva o, più specificamente, difficoltà nell’identificare e descrivere i sentimenti e nel distinguere i sentimenti dalle sensazioni corporee dell’eccitazione emotiva”.
Il ruolo dei neuroni specchio nell’alessitimia
Come abbiamo già visto, nell’alessitimia sono proprio le emozioni e la loro espressione ad essere al centro delle difficoltà della persona.
Le emozioni sono viste come qualcosa di difficile comprensione e codificazione e, quindi difficili da esprimere.
Un metodo per “trattare” chi soffre di alessitimia è proprio quello di sfruttare i neuroni specchio: cosa sappiamo di questi specifici neuroni?
La loro esistenza è stata rilevata verso la metà degli anni ’90 da Giacomo Rizzolatti e colleghi, presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Parma. Attraverso degli esperimenti, i ricercatori osservarono che alcuni gruppi di neuroni si attivavano quando gli animali compivano un’ azione, ma non solo.
Questi sembravano attivarsi anche quando questi osservavano un altro soggetto compiere la stessa azione. Questa fu la prova del fatto che noi siamo legati all’altro in modo viscerale.
Neuroni specchio ed empatia
I neuroni specchio sono alla base del riconoscimento delle emozioni e delle intenzioni dell’Altro; ci permettono di attivare quella che risulta essere definita una “risonanza empatica” .
Ovvero l’empatia nei confronti dell’altro che ci consente di riconoscere ciò che l’Altro vive e sente a livello emotivo, ma non solo.
Con il termine empatia si intende la capacità di immedesimarsi con gli stati d’animo e con i pensieri delle altre persone, sulla base della comprensione dei loro segnali emozionali, dell’assunzione della loro prospettiva soggettiva e della condivisione dei loro sentimenti (Bonino, 1994).
E il tutto sembra partire proprio dall’attivazione di questi neuroni.
Per Gallese, che è uno degli scienziati scopritori dei neuroni specchio, alla base dell’empatia c’è un vero e proprio processo di ‘simulazione incarnata’ (Gallese, 2006). Con tale espressione ci riferiamo al meccanismo di natura motoria, caratterizzato proprio da questi neuroni che sembrano agire immediatamente, prima di ogni elaborazione a livello cognitivo.
Ecco perché prima abbiamo utilizzato il termine “viscerale”.
La Self Mirroring Therapy
Partendo da questi assunti teorici è stata sviluppata una terapia specifica, ossia la Self Mirroring Therapy.
In pratica parliamo di una specifica terapia che si basa su una tecnica di videoregistrazione di una seduta terapeutica, in particolare di un momento emotivamente significativo per il paziente.
Al paziente, in seguito viene chiesto di guardare questo filmato, insieme al terapeuta: il soggetto rivede, quindi, se stesso in quel momento emotivamente significativo.
Ma non finisce qui: anche questo momento viene ripreso e successivamente rivisto dal paziente.
La visione di questi filmati permette al paziente di osservarsi dall’esterno e ciò gli permette di riconoscere le sue emozioni; ovviamente ciò non avverrà tramite le capacità autoriflessive, che nei soggetti alessitimici sono deficitarie, ma dalla visione del proprio comportamento non verbale e delle espressioni mimico-facciali.
È tale visione ad attivare i neuroni specchio: in questo modo si attivano anche i circuiti motori, viscero-motori ed affettivi. Questo permette una maggiore comprensione dello stato emotivo dell’Altro che, in questo caso, è se stesso perché il paziente rivede la propria immagine.
È stato dimostrato che questa terapia ha efficacia proprio perché permette al paziente di comprendere il suo mondo interiore che, spesso, è inaccessibile.
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