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Liti e contro-liti capitano più spesso di quanto possiamo immaginare durante la fase di sviluppo di ragazzi e adolescenti. I conflitti interni alla famiglia spesso sono dovuti a incomprensioni, gelosie, motivi futili, sui quali non si arriva ad un accordo, mandando all’aria tutte le certezze costruite fino a quel punto. Se ciò accade sporadicamente, non necessariamente rappresenta un problema, ma quando litigare davanti ai figli diventa la quotidianità, i danni possono risultare permanenti.
In questi casi, a pagarne le conseguenze sono infatti i figli che diventano spettatori di incomprensioni e offese continue, di accuse, critiche e recriminazioni.
I figli, che in questa fase dovrebbero vivere in modo spensierato, giocare senza pensare ai problemi, alle preoccupazioni e alle responsabilità dei grandi, si ritrovano invece a vivere momenti di panico e di confusione emotiva, perché improvvisamente viene a mancare quella stabilità di cui hanno bisogno.
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Un film di guerra in famiglia che dura una vita
Così questi ragazzi si ritrovano ad assistere, giorno dopo giorno, proprio dentro quel luogo che dovrebbe essere il più sicuro per loro, ovvero la propria casa, continui “film di guerra”, o “dell’orrore”, a seconda dei contenuti che vengono trasmessi.
Litigare davanti ai figli, genera in questi angoscia, paura di rimanere soli, emozioni quali ansia, rabbia e sensi di colpa, pensieri negativi che non li fanno crescere e sviluppare come dovrebbero.
Molto spesso inoltre i genitori che litigano, coinvolgono i figli, chiedendo implicitamente o esplicitamente, di schierarsi dall’una o dall’altra parte, mediante ricatti affettivi. Inevitabilmente questi finiranno per sentirsi colpevoli del fallimento della coppia.
Litigare davanti ai figli: gli effetti delle guerre familiari sui minori
Questi sono scenari, ahimé, molto diffusi che oggi creano problemi negli adulti di domani.
Problemi in cui i bambini si ritrovano spesso a doversi comportare da grandi, a prendersi cura dei propri genitori, a chiudersi in se stessi o al contrario a doversi mettere in mezzo per interrompere i conflitti.
Litigare davanti ai figli, genera minori che non possono permettersi di star male, di soffrire, di mostrare le loro debolezze, perché hanno di fronte a loro dei “grandi” paradossalmente ancora più deboli. Spesso sono genitori adulti che non si curano della fragilità, ingenuità e innocenza di chi hanno messo al mondo, ma pensano solo al proprio egoismo (infantile), di averla vinta sull’altro. E così obbligano i piccoli a guardare, quotidianamente film di guerra. Ma si sà la guerra crea dei traumi negli adulti, figuriamoci nei piccoli. Traumi con i quali si impara fintamente a convivere. O meglio disturbi post traumatici che non spariscono così, e che pur volendo non si possono cancellare, ma al contrario si portano dentro, pur facendo kilometri e kilometri, e sono destinati a condizionare gli atteggiamenti sociali ed emotivi dei ragazzi una volta cresciuti.
Le ferite di guerra
Sono gli adulti depressi, insicuri, ipersensibili, crocerossini, quelli che non riescono a creare il futuro che vorrebbero, perché non sono cresciuti nelle condizioni di base per costruire le fondamenta. Così ci provano a crescere, a costruirsi un futuro lavorativo, relazionale, amicale. Solo che poi arrivano gli imprevisti della vita, che fanno perdere una o l’altra cosa e crollano totalmente e sentono che devono ricominciare daccapo. Questa volta però, sono più grandi e con meno risorse.
Vivere un’infanzia con i genitori che litigano mattina e sera produce una ferita che si porta dentro per tutta la vita. Una ferita che genera tristezza, rabbia e angoscia per il futuro. Spesso non si pensa o si banalizzano gli effetti di certi comportamenti, quando prestando più attenzione e affrontando i problemi in modo diverso, forse, le cose potrebbero andare meglio.
Spesso nelle famiglie dove si litiga molto, uno o entrambi i componenti hanno vissuto a loro volta dei traumi con le loro famiglie di origine, che li portano ad assumere questo atteggiamento.
L’intensità del litigio e l’impatto sul trauma
Di sicuro famiglie che litigano solo “a parole”, hanno un impatto minore, rispetto a famiglie in cui si alzano le mani, si lanciano oggetti o ci si rincorre con i coltelli in mano. Poi se l’aggressività viene rivolta in modo cruento anche verso i figli, il trauma è decisamente sconvolgente. Diciamo che si passa in genere da “film di guerra” a “film del terrore”. Diversi studi dimostrano che litigare davanti ai figli ripetutamente aumenta il rischio di sviluppare disequilibri mentali con più facilità. Inoltre l’aumento dei litigi, in termini di frequenza e intensità, può generare anche disturbi psicologici, quali depressione, disturbi d’ansia, disturbi della personalità, abuso di alcool e droghe.
Se ne può uscire?
Spesso si pensa che il problema sia nel quotidiano, nelle cose che non vanno nel presente, quando diciamocelo pure, il problema rimane dentro e fa interamente parte del passato.
Nella misura in cui si decide di fare i conti con il dolore e la rabbia che si porta dentro, a quel punto si può iniziare a riscoprire anche ciò che di bello c’è stato nel passato, anche all’interno del rapporto con la propria famiglia. Sì perché in ciò che accade, esistono anche momenti, più o meno lunghi di esperienze positive. Solo che questi spesso sono sommersi dalla “merda” che ci si porta dentro.
Diventa importante quindi scavare la montagna, piuttosto che scalarla, cosa che spesso si fa in questi casi, risultando come processo molto più faticoso. Solo a quel punto si potrà provare pian piano a ricostruire il proprio presente per un futuro più stabile.
In parole povere prendersi cura e confortare quel bambino indifeso e spaventato che si nasconde dentro un corpo “maturo”, per permettergli di costruirsi la propria vita da adulto.
Una psicoterapia breve in questo senso può fornire gli strumenti per affrontare il dolore e uscirne fuori, costruendo al contempo una struttura più solida e meno franabile.
Nel caso della coppia, invece, un percorso di terapia di coppia o di mediazione familiare potrebbe servire a ristabilire la comunicazione in modo funzionale, gestendo i conflitti.
Infine, ove possibile, una terapia familiare può risultare fondamentale quando il bambino presenta comportamenti inadeguati o conseguenze di tipo psicosomatico (insonnia, mal di pancia, pianto continuo, enuresi, etc.). In questo casi uno psicologo psicoterapeuta può aiutare a instaurare di relazioni positive e “sane” fra tutti i componenti della famiglia.
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