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Il lavoro è una delle componenti più importanti della nostra vita; potremmo affermare che la maggior parte del nostro tempo viene speso proprio nel lavoro. Esso, infatti, ci permette di essere ciò che vogliamo e di realizzare i nostri sogni.
L’importanza del lavoro è indiscussa tanto che spesso lo si paragona ad una fonte di dignità e, in un certo senso, anche di identità. Noi stessi quando dobbiamo presentarci a qualcuno, tendiamo a farlo proprio tramite il nostro lavoro che ci definisce come persona.
Essere un lavoratore, quindi, ci permette anche di identificarci rispetto al mondo circostante.
Come ogni cosa, però, anche il lavoro può avere aspetti negativi che possono essere fonte di malessere e di disagio.
In questi casi si parla di un ambiente lavorativo tossico.
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Quando parliamo di “lavoro tossico”
Molti studiosi, nel corso degli anni, si sono concentrati proprio sui lavoratori e su come il lavoro può impattare sullo stato di benessere della persona.
Nell’ambito della politica e anche del dibattito sociale, molta importanza assume il lavoro in termini di diritti: ogni lavoratore ha diritto a vivere il lavoro in modo positivo e a trarre vantaggio da esso.
Il lavoro, quindi, oltre ad avere un tornaconto economico, deve necessariamente rappresentare una soddisfazione personale.
Un argomento che ha assunto molta importanza negli anni è stato quello del lavoro tossico che viene definito tale nella misura in cui diviene fonte di malessere psicofisico per il lavoratore.
Se fino a qualche decennio fa il lavoro tossico veniva considerato tale in base a fattori fisici rischiosi, derivanti da condizioni igieniche precarie o ambienti di lavoro inadeguati, oggi sicuramente l’attenzione si è spostata sui fattori psicologici. Oltre alla salute fisica, infatti, si inizia a dare importanza anche al benessere psicologico dei lavoratori che risulta legato strettamente al rendimento lavorativo.
Cosa rende un ambiente lavorativo tossico?
Un fattore che può determinare la presenza di un lavoro tossico è l’assenza di chiarezza, da parte del datore di lavoro, sia rispetto alle richieste di lavoro che vengono rivolte al lavoratore, che rispetto alla definizione dei ruoli, ovvero cosa può o non può fare chi ricopre una determinata posizione.
Altro elemento che rende il lavoro tossico è lo scarso coinvolgimento dei lavoratori nei processi decisionali che fa sentire il lavoratore poco importante, rendendolo così insoddisfatto.
A ciò si aggiungono altri elementi come uno stipendio poco remunerativo o anche il mancato riconoscimento dei diritti lavorativi che a lungo andare causano ansia, malessere e insoddisfazione nel dipendente.
Infine una causa molto frequente sono i capi narcisisti e/o incompetenti che non si sa come (o si sa) spesso occupano ruoli dirigenziali e utilizzano comportamenti provocatori e/o di “bossing”, che puntano a sottomettere o a squalificare i dipendenti, riempiendoli di attività da svolgere o frustrandoli rispetto ai risultati raggiunti.
E ancora capi che non danno feedback o che li danno maggiormente negativi, capi che non rispondono alle email o che non sanno gestire la relazione lavorativa, diventano motivi di un forte malessere che se prolungato nel tempo rischia di nuocere alla salute della persona, generando in molti casi dei veri e propri traumi.
Quando si richiedono più risorse di quelle disponibili
Un’altra situazione che si verifica spesso in azienda, che risulta responsabile di rendere un lavoro tossico è la richiesta implicita o esplicita di maggiori risorse di tempo ed energie al lavoratore rispetto a quante ne ha a disposizione. Molte volte si richiede infatti che il dipendente vada oltre le proprie possibilità o comunque oltre ciò che sarebbe giusto; ad esempio il datore di lavoro potrebbe richiedere turni più lunghi o più frequenti oppure che il lavoratore esegua attività che non gli competono o per le quali non possiede le risorse disponibili.
Conseguenze di un ambiente lavorativo tossico
Gli effetti del lavoro tossico spesso sono devastanti sulla persona che li vive.
Un lavoro tossico può infatti generare nel lavoratore:
- frustrazione
- senso di impotenza
- bassa autostima
- apatia
- gravi insicurezza rispetto alle proprie competenze e capacità
- insoddisfazione
- forti stati di rabbia, paura e tristezza
- depressione
- insonnia
- malesseri fisici
- stanchezza fisica
- calo del desiderio sessuale
- alti livelli di stress
- esaurimento nervoso
- disturbo post traumatico da stress
Spesso è difficile riconoscere che ciò che viene richiesto non rientra nelle proprie possibilità.
Il dipendente può trovarsi così nella condizione di continuare a soddisfare invano le aspettative del capo o ad avere problemi con colleghi sul lavoro, pensando di essere lui a non andare bene, a non “funzionare” più come dovrebbe. Potrebbe convincersi quindi che deve fare di più, e ancora di più, fino a compromettere il proprio benessere psicofisico.
Come gestire un ambiente di lavoro tossico?
A questo punto diventa fondamentale capire come fare per reagire in modo “funzionale” ad un ambiente lavorativo tossico.
Sì, perché sono proprio l’approccio e la reazione i livelli su cui è possibile intervenire per iniziare a costruire un modo differente di stare a lavoro.
Ecco qualche spunto.
1# Impara a dire di no
Fondamentale, se vogliamo sopravvivere nella giungla aziendale, è imparare a mettere limiti alle richieste. Non è bravo chi fa tutto nei tempi previsti (quantità), ma al contrario chi fa le cose bene (qualità), si sa organizzare e al contempo riesce a riconoscere e a far conoscere le priorità.
La responsabilità di star male al lavoro, infatti, non ricade solo sul datore di lavoro, ma anche sul dipendente che non sa gestire bene la relazione. Si parla infatti di relazione lavorativa.
Conoscere i propri diritti e farli rispettare, fino al punto di mettere un freno alle eccessive richieste che vengono fatte, a volte in modo compulsivo, potrà fare la differenza.
Si può imparare ad usare il sano egoismo leggendo qualche libro sulla comunicazione assertiva e mettendo in pratica i suggerimenti, oppure facendosi seguire da un professionista psicologo psicoterapeuta e coach con competenze in ambito aziendale.
2# Focalizzati sui tuoi obiettivi
Cerca di mantenere sempre a mente perché stai occupando quel posto di lavoro. Devi fare tutto per farti dire bravo e soddisfare la tua “maschera di bravo ragazzo” oppure sei lì per crescere ed imparare?
Rispondi a questa domanda, riorienta il focus e mantienilo fisso su questo.
Noterai da subito la differenza.
3# Riconosci la trappola delle provocazioni
Quando ci si trova davanti a dei capi narcisisti, o ancor peggio incompetenti, spesso è facile entrare in dinamiche di potere dove si gioca a fare braccio di ferro, per nascondere le proprie debolezze.
Peccato che in questi casi i capi vincono sempre, anche quando sbagliano, finendo per abusare del proprio ruolo.
Rispondere d’impulso o fare ragionare, in questi casi non funziona, anzi risulta controproducente in quanto dà potere all’altro. Funziona di più invece evitare di rispondere alle provocazioni.
Come?
Lasciando scivolare la provocazioni, come se fosse una chiamata al cellulare, dove la comunicazione si interrompe o risulta disturbata.
Inizialmente potrà essere difficoltoso, ma se vi abituerete a farlo, noterete la differenza.
Rivolgiti ad un esperto
In alcuni contesti di lavoro sono predisposti sportelli di ascolto o per la gestione del lavoro stesso. Molto utile è rivolgersi ad essi e far presente ciò che si sta vivendo, quindi le richieste maggiori che il superiore sta avanzando e la propria impossibilità nell’affrontare correttamente ciò che sta accadendo.
Questi esperti potranno aiutarvi a comprendere come gestire al meglio queste situazioni di difficoltà.
Approfondimenti
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