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La mediazione è un atto volontario, che mira a ristabilire un ponte, un dialogo, per raggiungere un obiettivo. La scuola è l’ambito privilegiato in cui la cultura mediativa può essere introdotta.
Nell’ambiente scolastico si può ridurre la conflittualità e c’è la possibilità che bambini e ragazzi possano assumere atteggiamenti mentali pronti ad accogliere i punti di vista degli altri.
La mediazione scolastica nasce in parallelo con la mediazione familiare.
Nel 1981 nascono i primi programmi di mediazione scolastica a San Francisco, assumendo le caratteristiche della cosiddetta “peer mediation“.
Nella “peer mediation” si istruiscono alcuni ragazzi sulle tecniche d’ascolto e sulla gestione dei conflitti e poi si lascia che siano loro stessi ad intervenire nelle situazioni conflittuali tra pari.
Nel 1983, a Bruxelles si svilupparono programmi di mediazione per facilitare il dialogo tra genitori ed insegnanti. In questo caso si parla di “programma di formazione alle gestione del conflitto”. Insegnanti e genitori vengono favorite nelle conoscenze di cosa sia il conflitto e di come gestire al meglio l’ascolto e la comunicazione, in modo da non trasformare le relazioni in conflitti.
Un’altro tipo di intervento di mediazione scolastica è lo “sportello di mediazione” vero e proprio. In questo caso un mediatore sarà presente in alcuni orari per gestire i conflitti nelle varie relazioni: tra pari, tra genitori e insegnanti, tra insegnanti e insegnanti, tra insegnanti e allievi e tra insegnanti e dirigenza.
Gli obiettivi generali della mediazione possono essere individuati nei seguenti:
- Promuovere lo sviluppo di abilità empatiche;
- Maggior rispetto reciproco;
- Rispetto degli altri e della cosa pubblica;
- Promuovere una serena convivenza sociale ed individuale.
Indice contenuti
Le tecniche usate in mediazione
Tra le tecniche più utilizzate in mediazione e anche negli interventi scolastici, troviamo:
- l’empatia;
- l’ascolto (tra cui la tecnica dell’ascolto attivo);
- la riformulazione;
- l’utilizzo delle domande.
Tutte queste tecniche servono ad uno sviluppo delle abilità di comunicazione e ascolto.
L’empatia ha il significato di:
- Abilità di percepire i sentimenti di altri ( “pensarmi nella persona dell’altro”).
- Esperienza cognitivo/affettiva suscitata da un altro (“mi sono anch’io sentito così a volte?”).
- Identificazione parziale nello dello stato psichico di un’altra persona (“posso comprenderlo, perchè capisco il suo stato emotivo”).
L’ascolto attivo: è una delle tecniche dell’assertività e si fonda sia sulla capacità di leggere i segnali che ci invia l’interlocutore, sia su quella di controllare i segnali che noi emettiamo e di finalizzarli a favorire un’espressione più aperta e una maggiore comprensione. Innanzitutto è necessario tener presente che, nell’ambito di un approccio pragmatico ai problemi della comunicazione, non si ascoltano solo i contenuti (espressi attraverso le parole), ma si può “ascoltare” anche la relazione (espressa attraverso la comunicazione non verbale).
A proposito della comunicazione non verbale, è fondamentale saper riconoscere i segnali che indicano il non ascolto; chi non ascolta di solito:
- non guarda mai negli occhi chi parla;
- sembra non poter stare fermo;
- ha sempre troppo da fare;
- viene costantemente interrotto (telefonate, visite);
- fa troppe domande interrompendo chi parla;
- non mostra interesse;
- è troppo aggressivo, non è obiettivo;
- fraintende a proprio vantaggio;
- non è abbastanza umile;
- sta troppo sulla difensiva.
L’ascolto attivo si basa non solo sul controllo dei segnali di questo tipo (sia che li riceviamo, sia che ci accorgiamo di emetterli), ma anche su una serie di comportamenti specifici a livello di interazione con l’altro; in effetti la capacità di ascoltare è connessa con il fornire feedback sulla corretta ricezione dei messaggi, in modo da chiarire e favorire il proseguimento della discussione. La capacità di ricezione ha due dimensioni fondamentali: la prima, è comunicare l’intenzione di voler capire le idee e i sentimenti dell’emittente; la seconda, è comprendere e interpretare le idee e i sentimenti espressi dall’interlocutore. Il principale ostacolo per una comunicazione efficace è, infatti, la tendenza a giudicare (approvando o disapprovando) il messaggio ricevuto; questa tendenza al giudizio è particolarmente accentuata in situazioni nelle quali sentimenti ed emozioni sono particolarmente coinvolti, soprattutto quando gli interlocutori esprimono punti di vista o valori diversi.
La riformulazione e l’utilizzo delle domande: sono specifiche tecniche dell’ascolto attivo.
La riformulazione è una tecnica comunicativa che consiste nel ridire ciò che l’altro ha appena detto utilizzando le stesse parole o in maniera più concisa con altri termini, non aggiungendo nulla di proprio al contenuto, evitando in tal modo l’interpretazione. Attraverso la riformulazione l’operatore può ottenere l’accordo da parte della persona e la persona ha la conferma di essere stata ascoltata. Si può approfittare del momento in cui la persona è alla fine di un periodo per intervenire e riprendere ciò che è stato appena comunicato.
ESEMPI: “Mi sta dicendo che…….”, “Lei vuol dire che…….”, “In altre parole……..”, “A suo avviso perciò……..”, “Così, secondo lei…….”
La persona se si riconosce nella riformulazione è sicura di essere stata ascoltata e compresa e così è portata a esprimersi ulteriormente e a collaborare. E’ anche facilitata a rimanere concentrata sul problema e su come lo vive.
La delucidazione agevola l’autocomprensione sottolineando anche le emozioni che accompagnano il contenuto. Si coglie dal non verbale oltre che dal verbale.
ESEMPI: “Mi sembra di cogliere dal suo sguardo uno stato di preoccupazione”; “Dalle sue parole ho l’impressione di cogliere delle perplessità circa……..”.
La capacità di saper porre domande scegliendo la tipologia più adeguata.
Le domande aperte sono da preferire in una fase iniziale, lasciano ampia possibilità di risposta, tendono ad ampliare e approfondire la relazione, stimolano l’esposizione di opinioni e pensieri (come, cosa vorrebbe, potrebbe, può approfondire, cosa ne pensa).
Le domande chiuse sono circoscritte, costringono ad una sola risposta specifica, spesso forzano una risposta, restringono e rendono più mirata la comunicazione, richiedono solo fatti oggettivi e a volte possono sembrare limitative e ostacolanti (quando?, dove?, chi?).
Le domande che iniziano con il “perché” possono essere percepite dalla persona come colpevolizzanti o accusatorie, pertanto andrebbero evitate.
Approfondimenti
- Castelli Stefano, La mediazione. Teorie e tecniche, Ed. Raffaello Cortina, Milano, 1996.
- D’Alò E.- Mastro A.- Persano L., La mediazione scolastica. Teorie e strategie di intervento, Armando Editore, Roma, 2005.
- Di Rosa Roberta T., La mediazione. Gestione del conflitto e (ri)costruzione sociale, Ed. La Zisa, Palermo, 2002.
- Martello Maria, Oltre il conflitto. Dalla mediazione alla relazione costruttiva, Ed. McGraw-Hill, Milano, 2003.
- Olla Igor, Adolescenti a scuola, Ed. Marco Valerio, Torino, 2005.
- Pinna Savina, Spissu Margherita, Spissu Giovanni, Mediare e prevenire nella scuola. Da un’esperienza europea un modello progettuale per la prevenzione del disagio, Ed. Punto di Fuga, Cagliari, 2003.
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