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21 Dicembre 2012Il senso di gratitudine
Ho iniziato a scrivere queste note il 22 Novembre e non perché fosse il giorno del Ringraziamento. Bensì perché è stata una di quelle giornate, come si dice, da dimenticare, in cui ringraziare era l’ultima delle cose che mi veniva da fare. Tutti abbiamo giornate così, non è vero?
Gratitudine vuol dire sentire intimamente di essere grati per qualcosa.
Vuol dire, quindi, innanzi tutto smettere di dare le cose per scontate. Se ci pensiamo, è in casa che più spesso ci dimentichiamo di dire grazie perché consideriamo ovvii i gesti e l’amore dei nostri familiari.
Consideriamo ovvie anche piccole comodità e routine che caratterizzano la nostra vita occidentale, che nella maggior parte dei casi è una vita comoda, o dolce, come ho letto negli appunti di viaggio di un’amica. Cose molto piccole, come il caffè al mattino, la lettura del giornale, un cinema ogni tanto.
L’essere umano è abilissimo a dare per scontate le cose, le persone, lo status quo, fino a quando non li perde. Perché dobbiamo arrivare a vivere esperienze forti per renderci conto di quanto sia prezioso quello che abbiamo?
La gratitudine è una sfida e chi la studia sostiene che essa sia strettamente connessa alla felicità.
Non si può essere grati e infelici allo stesso tempo
Per chi accetta la sfida ho raccolto del materiale da varie fonti e, nell’organizzarlo, è emerso uno schema che spero vi sia utile.
Indice contenuti
Provare gratitudine
- INIZIARE – Il primo passo è sentirci grati per tutto quello che oggi nella nostra vita va bene. Per quello che c’è, che è buono, positivo e funziona: un corpo tutto sommato sano, una famiglia un po’ storta ma che fa del suo meglio per restare unita, degli amici con cui condividere parole e tempo, un tetto sopra la testa, un lavoro, anche se non proprio quello dei nostri sogni, il frigo e la dispensa pieni, la possibilità di una doccia calda, il riscaldamento d’inverno, un computer, internet. Proviamo a rispondere a queste domande: Cosa funziona oggi nella mia vita? Di cosa posso dirmi soddisfatto? Chi sono le persone che più mi sostengono? E quelle che mi hanno reso migliore? I miei eroi? Gli amici che più amo e che mi amano? Possiamo aiutarci facendo una vera e propria lista. E per non dare proprio nulla per scontato possiamo chiederci anche: Che doni ho ricevuto alla nascita? Con che vantaggi sono venuto al mondo? Alcuni di noi hanno una bella voce, o un talento artistico, altri sono dei draghi in cucina o posseggono una grande empatia: ognuno di noi ha un talento (e per chi fosse convinto di non averne: è arrivato il momento di scoprirlo!). Possiamo elencare i motivi per cui ci sentiamo grati, di primo mattino: farlo come prima cosa e poi dare il via alla nostra giornata cambia molto l’attitudine con cui ci poniamo verso le persone, gli impegni, il mondo. Oppure possiamo scegliere di farlo a fine giornata. Prima di andare a letto, pensiamo a 3 cose successe nelle ultime 24 ore per cui ci sentiamo di dire grazie. Martin Seligman, pioniere della Psicologia Positiva alla University of Pennsylania, ha dimostrato che esercizi come questi, anche messi in pratica per una sola settimana, possono aumentare il livello di felicità percepita e la soddisfazione per la propria vita.
- MANTENERE – Continuiamo a sentirci riconoscenti anche dopo una brutta giornata al lavoro, dopo un torto subìto, una lite con il marito o la moglie e chiediamoci cosa possiamo imparare dall’esperienza. Farsi questa domanda (e rispondersi) ci permette di dare un senso anche a questi “contrattempi” e fa si che l’irritazione o il dispiacere non siano vani.
- IL COMPITO PIÙ DIFFICILE – La vera sfida è ringraziare per i problemi e le difficoltà, e ci viene raccomandato di farlo per almeno due ragioni: la prima è che quando le cose vanno male ci rendiamo finalmente conto di quanto sia prezioso quel tempo in cui va tutto bene e nulla turba il nostro quotidiano; la seconda è che i problemi sono eccezionali maestri, possono insegnarci molto. Per questo si dice che vadano, addirittura, onorati e che rappresentino delle benedizioni.
Voglio chiedervi di trovare il tempo per pensare ad uno o due problemi o eventi che avete dovuto affrontare negli ultimi anni e che vi hanno causato molto dolore. Nella delusione, nella rabbia e nella tristezza possiamo trovare opportunità di crescita, di senso, di apprendimento e, così facendo, trasformarle. Questo non vuol dire negare il dolore e la perdita, ma trovare il modo di aggiungervi della gioia. Questa gioia può derivare solo dalla consapevolezza di avere imparato dall’esperienza e di essere diventati, grazie ad essa, migliori. Se riusciamo a fare questo, la gratitudine ci trasforma da passive vittime delle avversità in individui più forti e consapevoli.
Esprimere gratitudine
La gratitudine è fatta per essere prima sentita e poi espressa. Un certo William Arthur Ward disse che non esprimere la gratitudine che si prova è come incartare un regalo e non consegnarlo.
Facciamo in modo di esprimere la gratitudine a coloro che ci circondano, sia con le parole che con i gesti. Se il grazie è sincero, l’altro lo sentirà e ne sarà felice. Proviamo a pensare a come ci sentiamo noi quando veniamo ringraziati da qualcuno. Ricevere gratitudine dagli altri rafforza la fiducia nel ruolo positivo che svolgiamo nel mondo e ci ricorda che non siamo indipendenti né autosufficienti, ma facciamo parte di uno straordinario continuum di eventi e di esseri su questo pianeta.
Traducendo Melody Beattie e Doris Day, la gratitudine ci rende ricchi, ci fa vivere nell’abbondanza, poiché trasforma quello che abbiamo in “abbastanza e anche di più”. Lamentarsi, invece, ci rende poveri e manchevoli. È un cambio di prospettiva radicale.
Cosa scegliamo? La lamentela o la gratitudine? La mancanza o l’abbondanza?
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