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4 Marzo 2011L’intelligenza emotiva, è stata definita da Goleman, come un “aspetto dell’intelligenza”, legato alla capacità di provare emozioni, riconoscerle e viverle in modo consapevole. L’intelligenza emotiva permette inoltre comprendere il motivo per cui alcune persone che non hanno spiccate capacità logico-matematiche, riescono ad avere successo, mostrando forti potenzialità emotive e di trascinamento delle masse.
Sempre secondo Goleman, esistono 5 caratteristiche fondamentali dell’intelligenza emotiva:
- Consapevolezza di sé, la capacità di produrre risultati conoscendo le proprie emozioni;
- Dominio di sé, capacità di utilizzare i propri sentimenti per un fine;
- Motivazione, ciò che muove all’azione;
- Empatia, capacità di “sentire” gli altri entrando in contatto;
- Abilità sociale, capacità di stare con gli altri e comprendere le dinamiche che si instaurano;
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Oltre a queste un’altra abilità può essere aggiunta, ovvero quella che si riferisce alla capacità di valutare le conseguenze (reazioni) a livello emotivo delle proprie azioni sugli altri.
Anticipare infatti la reazione che potrebbe generarsi nell’altro permette infatti di orientare le proprie azioni in maniera più efficace, tenendo conto della globalità delle situazioni.
Questa è una qualità che risulta essere necessaria per i professionisti che operano nell’ambito delle relazioni d’aiuto (psicologi, medici, infermieri), ma anche per il resto dei professionisti che offrono servizi di consulenza alla gente.
L’incompetenza emotiva
Non tenere conto di questa capacità, genera infatti ciò che si potrebbe definire come incompetenza emotiva (D. Algeri 2011), ovvero l’incapacità di valutare le conseguenze a livello emotivo delle proprie azioni.
Ci si sorprende tanto, se la gente rimane insoddisfatta dei servizi che vengono offerti. Questo avviene anche perché le persone spesso di fronte alla diagnosi, a un referto o a una restituzione del professionista, sperimentano un vissuto di incomprensione, “come se” si sentissero private o deprivate delle proprie caratteristiche soggettive connesse a quella situazione che è stata oggetto di valutazione. Seppure infatti tali diagnosi possano apparire “perfette”, rispettando i manuali diagnostici di riferimento, è come se non tenessero conto delle conseguenze emotive che andranno a creare nella persona e degli effetti che genereranno nell’ambiente sociale nel quale al persona è inserita, vive e con il quale interagisce.
La conseguenza di questo stato di incomprensione potrebbe inoltre condurre la persona, nella maggior parte dei casi, a sperimentare sentimenti di rabbia e astio nei confronti dei professionisti.
Un intervento di questo tipo, finirà quindi per dimostrarsi riduttivo, mancante di un aspetto professionale importante per possedere il “quadro completo” e per risultare efficace in termini benessere emotivo.
Un buon professionista, quindi, dovrà essere in grado anche di tener conto della reazione emotiva e delle dinamiche che susciterà nell’altro con il proprio “responso”, pena: la scarsa valutazione dello stesso.
Bibliografia
- D. Goleman, Intelligenza emotiva, Milano, Rizzoli, 1997
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