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5 Luglio 2013Il gioco svolge un ruolo chiave nello sviluppo del bambino dal punto di vista cognitivo, affettivo e sociale. Nel gioco spesso il bambino imita ciò che accade nella realtà “facendo finta di”: oggetti, azioni, situazioni presenti vengono utilizzati come simboli per rappresentare qualcosa che non è presente ma che si può immaginare. Questa fase, che compare nel secondo anno di vita, si chiama gioco simbolico ed evidenzia le capacità di rappresentazione dei bambini (Bornstein, O’Reilly, 1993).
Durante il secondo anno di vita, in cui i bambini cominciano a concettualizzare relazioni astratte tra i simboli e i referenti della vita reale, il gioco diventa una modalità fondamentale di rappresentazione mentale.
Piaget (1962) ha posto in stretta relazione il gioco e lo sviluppo cognitivo dei bambini. Il bambino nel primo anno di vita manipola un oggetto alla volta e mette in atto comportamenti riguardanti la sfera sensomotoria. Questo tipo di gioco si chiama esplorativo o non simbolico perché consente di raccogliere informazioni sugli oggetti e sulle loro qualità percettive. Man mano il bambino mette in atto comportamenti più avanzati manipolando parti di oggetti o giustapponendo due o più oggetti per osservare la relazione.
Durante il secondo anno di vita le azioni di gioco diventano ancora più complesse coinvolgendo oggetti che a loro volta possono diventare altri oggetti, come un cubo che diventa una torre. Il gioco diventa così simbolico o di rappresentazione, perché costituisce un mezzo per mettere in atto delle scene simboliche. Secondo la teoria di Piaget il gioco segue uno sviluppo sequenziale ordinale, l’azione e l’esplorazione sono alla base della conoscenza e il gioco simbolico passa da una modalità che coinvolge solo se stesso, come far finta di dormire, a un gioco che coinvolge gli oggetti, come far finta che la bambola mangi.
Lo sviluppo del gioco simbolico avviene secondo cinque stadi di livello:
- Gioco di passaggio: ossia un’approssimazione di simbolizzazione, come portare il telefono all’orecchio senza parlare;
- Gioco simbolico diretto a sé: come fingere di dormire;
- Gioco simbolico diretto ad altri: come abbracciare la bambola;
- Sequenza di giochi simbolici: come fare il numero e telefonare;
- Simbolizzazione sostitutiva: quando vengono coinvolti uno o più oggetti sostitutivi, ad esempio usare il cubetto come cornetta e parlare al telefono.
Nel corso del terzo anno di vita, le capacità di mettere in atto delle azioni di gioco più complesse vengono consolidate e messe in atto più frequentemente.
Inoltre, Vigotskij (1978) ha concepito il gioco simbolico non più come un’attività solitaria che evidenzia gli schemi del bambino che già possiede, ma come un’attività formativa che avviene attraverso l’interazione tra il bambino e i genitori (Smolucha, Smolucha, 1998). Perciò lo sviluppo del gioco nel bambino avviene anche grazie all’interazione con l’adulto attraverso l’interazione e rispondendo alle sue richieste. Egli ha enfatizzato il ruolo dell’interazione per lo sviluppo cognitivo attraverso il concetto di zona di sviluppo prossimale, che indica lo spazio che consente di innalzare il livello di risoluzione dei problemi del bambino sotto la guida di un partner più esperto come la madre, rispetto a una performance spontanea e libera se fosse da solo. Quindi l’adulto svolge un ruolo di supporto (scaffolding) per lo sviluppo del bambino fino a quando quest’ultimo non ha appreso specifiche abilità che gli consentiranno di essere autonomo. Per questa ragione il gioco consente al bambino di transitare nellazona di sviluppo prossimale, mediante la quale si realizza una anticipazione dello sviluppo. L’apprendimento è possibile attraverso relazioni significative che costituiscono una specie di impalcatura, che sostiene il bambino, il quale costruisce attivamente lo sviluppo di nuove competenze che vengono interiorizzate. Vygotskij attribuisce, quindi, importanza all’interazione nel processo di apprendimento, che diventa un elemento strutturante verso lo sviluppo e la crescita del bambino.
Bibliografia
- Bonichini S., Axia G. (2007) (a cura di). L’assessment psicologico nella prima infanzia, Carocci Editore.
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