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22 Giugno 2012Che i nostri bimbi preferiscano giocare con le macchinine e che le femmine abbiano una preferenza per le bambole è un considerazione che diamo per scontata, tantè che qualche genitore inizia a porsi delle domande se il proprio figlio preferisce dei giochi che, spontaneamente, consideriamo tipici del genere opposto.
Ma la scelta di alcuni giochi piuttosto che di altri è una predisposizione innata intrinseca in ognuno di noi o è solamente frutto dell’influenza culturale?
Le ricerche dimostrano che già a partire dai quattro anni, più del 65% delle preferenze per attività, oggetti e giochi manifestate da maschi e femmine è sessualmente tipizzata (Camaioni, 1996): i bambini prediligono le attività che richiedono un vigoroso impegno fisico, come i giochi motori, la lotta per finta e il calcio, mentre le bambine sembrano preferire i giochi più indirizzati alla riproduzione delle routine familiari, come fingere di preparare la cena e la cura delle bambole. Questa macro-categorizzazione è sicuramente generale, ma è interessante vedere come, laddove un bambino prediliga i giochi dell’altro genere, si tenda a evidenziare come esso abbia preferenze da “maschiaccio” o da “femminuccia” (Bumgartner, 2007).
Per studiare le preferenze dei bambini è utile anche focalizzarsi sui giochi che questi tendono accuratamente a evitare: se le bambine sono più attratte dai giochi maschili, i bambini, invece, soprattutto con l’ingresso nella scuola elementare, evitano accuratamente di intraprendere giochi considerati da femmina. L’influenza che gioca la società è fondamentale, a partire dalle attese dei genitori. Mamma e papà assecondano comportamenti tipizzati sessualmente non solo nella scelta dei giochi, ma anche in altri ambiti della vita quotidiana e relazionale. Già dalla più tenera età, il bambino impara che certe espressioni sono appropriate alla propria “etichetta sessuale”, e cerca di adattarsi al modello ritenuto accettabile nella sua famiglia e nella società in cui è inserito. Con l’ingresso nella scuola materna, i bambini e le bambine iniziano a preferire i compagni di giochi del proprio sesso, dando vita al processo di segregazione di genere, che, solitamente, si conclude entro il quinto anno di età. Il gruppo dei pari acquista, quindi, un ruolo decisivo: il desiderio di essere accettati, di poter giocare con gli altri bambini ed evitare l’esclusione o reazioni negative del gruppo sono fattori motivazionali che contribuiscono a determinare la scelta di un gioco piuttosto che di un altro. Le differenze di genere, dunque, emergono prima a livello interpersonale e solo in un secondo momento nei comportamenti individuali. Infine, soprattutto negli ultimi decenni, è impossibile tralasciare l’influenza prodotta dai media (Greenfield, 1984). Cartoni animati, film e programmi televisivi suggeriscono personaggi di fantasia nei quali identificarsi e modelli di comportamento ai quali conformarsi. Non da ultimo, la pubblicità riveste un ruolo decisivo per promuovere o stigmatizzare comportamenti di genere: negli spot, è sempre il bambino che sta giocando con l’ultimo modello di macchinina radiocomandata, ed è sempre la bambina che, felice, porta a passeggio la sua bambola con il nuovo passeggino.
Sembra, quindi, che anche se una predisposizione innata a preferire certe attività piuttosto che altre è presente, sicuramente il ruolo fondamentale è di tipo socio-culturale. E’ proprio in questa precocissima età, quindi, che è possibile contrastare efficacemente gli stereotipi di genere, che, altrimenti, si radicano e si consolidano, rendendo davvero difficile, se non impossibile, la loro eliminazione. Un esempio illuminante è quello proposto da Maria Montessori nelle sue Case dei bambini: qui le attività pratiche come lavare, pulire e riordinare sono parte integrante del normale percorso educativo sia dei bambini che delle bambine, e risultano essere le attività più gradite. Forse è solo a partire dalla tenera età che si può pensare di eliminare molte delle idee sessiste che ancor’oggi riguardano troppi adulti. D’altronde, lo diceva anche la stessa Maria Montessori: “il bambino è il padre dell’uomo”.
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