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La schizofrenia rappresenta una delle realtà psicopatologiche più complesse. Numerosi studiosi tentano da secoli di pervenire ad una definizione sempre più chiara ed esaustiva del disturbo, che sia capace di cogliere l’ampio spettro di disfunzionalità e il profondo disagio che esso comporta in termini cognitivi, comportamentali ed emotivi. E’ una patologia riconducibile ad una complessa interazione di fattori genetici ed ambientali, con un’incidenza dell’1% sulla popolazione e un esordio piuttosto precoce nell’uomo rispetto alla donna, che si manifesta già in età adolescenziale e conduce ad un progressivo deterioramento personale e sociale.
Si tratta di una condizione di estrema sofferenza che comporta una grave alteårazione dei processi percettivi, di memoria, pensiero e linguaggio, e impedisce al soggetto di distinguere la realtà dall’immaginazione.
Indice contenuti
Caratteristiche distintive della schizofrenia e del paziente schizofrenico
Pensieri deliranti e allucinazioni popolano la quotidianità della persona, portandola ad una dimensione di isolamento sociale che va ad esacerbare ulteriormente la sua sintomatologia.
Accanto a questi sintomi, definiti “positivi”, per i quali vengono generalmente predisposti dei trattamenti farmacologici specifici si associano i sintomi “negativi”, che attengono più alla sfera dell’umore e difficilmente rispondono all’utilizzo di antipsicotici. Si assiste ad un appiattimento dell’affettività che si esprime attraverso una comunicazione delle emozioni coartata, e si associa a stati di anedonia e apatia.
Dal punto di vista comportamentale è frequente lo sviluppo di condotte inadeguate, disorganizzate e bizzarre che spesso hanno delle pericolose ricadute sia a livello personale che sociale.
Il linguaggio risulta anch’esso alterato, caricandosi di neologismi e perdendo gradualmente la sua valenza comunicativa, e attestando il ritiro autistico in cui la persona schizofrenica si rifugia.
Origini della schizofrenia
Il termine schizofrenia è stato utilizzato per la prima volta da Bleuler per indicare una condizione mentale caratterizzata da un processo di scissione e frammentazione, in contrapposizione con l’approccio kraepeliniano incentrato invece sull’accostamento del disturbo a forme di demenza precoce. Bleuler trasse le sue teorie riscontrando dalla propria attività clinica con i pazienti schizofrenici, che attraverso specifici trattamenti potevano gradualmente migliorare, a differenza di quanto accade nella demenza precoce, patologia che porta ad un deterioramento sempre più significativo nel tempo.
Per comprendere l’eziologia della schizofrenia è opportuno adottare una prospettiva olistica che tenga conto della complessa interazione di fattori genetici ed ambientali che contribuiscono allo sviluppo della patologia. Un approccio multifattoriale e multidisciplinare risulta indispensabile per poter definire un intervento adeguato al trattamento della malattia psicotica che sia capace di affiancare alla tradizionale e necessaria terapia farmacologica quella psicologica e psicoeducativa, e che si estenda anche all’intero nucleo familiare del soggetto.
La famiglia del paziente schizofrenico
La diagnosi di malattia grave e cronica assume un significato particolarmente drammatico, infatti, non solo per il paziente schizofrenico, ma anche per i rispettivi familiari.
Il disagio familiare attraversa specifiche fasi che rendono necessario un intervento supportivo tale da favorire le capacità di gestione e adattamento alla patologia in cui ciascun membro è inevitabilmente coinvolto:
- Shock
- Negazione
- Disperazione
- Collera
- Rielaborazione
- Accettazione della malattia
La patologia psichiatrica ha un impatto molto determinante nell’equilibrio familiare, incidendo sul benessere psicologico, fisico e sociale di chi si assume il ruolo di caregiver, ovvero di colui che si prende cura e carico del familiare sofferente.
E’ altrettanto vero che i familiari possono costituire una preziosa risorsa nella cura di questi soggetti, che si colloca come una sorta di ponte tra il paziente affetto dalla patologia e il contesto socio-assistenziale.
Generalmente, infatti, sono gli stessi familiari a segnalare il problema e a favorire la richiesta di aiuto, a supportare il paziente nella gestione quotidiana della malattia, nell’adesione ai trattamenti farmacologici, facilitando nella globalità il processo di guarigione. Le famiglie di questi pazienti, inoltre, possono fornire delle preziose informazioni anche riguardo ad eventuali recidive ancor prima degli stessi pazienti. Chi soffre di patologie psichiatriche così gravi, infatti, spesso non riconosce di aver bisogno di aiuto e tende a percepire ogni tipo di trattamento come un attacco personale o un eventuale segno di complotto.
Il ruolo famiglia del paziente schizofrenico nel passato e di oggi
I primi studi sulla schizofrenia tendevano a focalizzarsi sulla famiglia solo ed esclusivamente in relazione al ruolo che assume nello sviluppo del disturbo, inquadrandola quindi come nucleo patogeno principale.
Le strutture manicomiali, sulle quali si reggeva l’impostazione “curativa” della psicosi, escludevano il paziente dal suo contesto familiare e sociale, aggravandone le condizioni e producendo una profonda alienazione. L’isolamento dei pazienti era giustificato dall’ipotesi secondo la quale il coinvolgimento dei familiari avrebbe peggiorato la loro situazione clinica.
In seguito ai cambiamenti che si sono succeduti in ambito psichiatrico e con l’approvazione della legge “Basaglia” nel 1978, si è gradualmente affermato un nuovo modello della malattia mentale che rivaluta la famiglia nel suo ruolo di supporto e contenimento del paziente schizofrenico, includendola tra i fattori facilitanti il suo processo di guarigione.
Si tratta di un nuovo modello di cura e assistenza di tipo territoriale che comporta un maggiore coinvolgimento dei familiari nell’assistenza dei pazienti psichiatrici.
Il gravoso carico del caregiver
Se da un lato la famiglia rappresenta una preziosa risorsa è altrettanto opportuno sottolineare l’importanza di interventi che siano in grado di supportarla ed accompagnarla nella gestione della patologia.
I familiari spesso sperimentano un senso di solitudine ed abbandono nello svolgimento dei compiti quotidiani e, in generale, nella gestione della persona affetta dalla malattia, evidenziando così una condizione di discontinuità tra intervento medico e socio-assistenziale.
A livello sociale, esiste una forte stigmatizzazione nei confronti dei soggetti affetti da malattia mentale grave, dovuta in parte anche ad una insufficiente informazione che non di rado sfocia in comportamenti discriminatori e di esclusione.
Risulta indispensabile fornire alle famiglie una rete di servizi socio-sanitari, un ambiente capace di supportarle con continuità e di superare quel rischio di isolamento sociale.
E’ stata condotta nel 2011 una ricerca da O.N.Da (Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna) sulla qualità della vita delle donne che si occupano di familiari affetti da schizofrenia e sulle relative difficoltà.
L’indagine ha evidenziato una seria compromissione del benessere psicologico di queste donne, dovuta all’eccessivo carico di lavoro connesso alle attività quotidiane svolte per prendersi cura del familiare malato. Si tratta di un disagio a più livelli che investe il benessere psico-fisico, la vita familiare, socio-relazionale e lavorativa.
Lo studio è stato condotto su donne di età media pari a 55 anni e che nella maggior parte dei casi (80%) convivono con il familiare ammalato. Si tratta prevalentemente di madri (37%), sorelle (34%) e mogli (12%).
E’ proprio il grado di parentela con la persona affetta dalla malattia a determinare l’intensità del coinvolgimento affettivo ed il vissuto emotivo di queste donne. Generalmente emerge una sofferenza più profonda dal vissuto delle madri, una forte empatia nelle sorelle e un senso di delusione nelle mogli, spesso aggravato dalla necessità di dover occuparsi dell’intera famiglia.
Nelle realtà meridionali, tipicamente caratterizzate da un modello familiare allargato, è stata riscontrata una funzione supportiva anche da parte di figure parentali più lontane come zie, cugine e nipoti.
Secondo l’indagine queste donne caregiver sono consapevoli dell’importanza del ruolo che rivestono nell’assistenza al familiare malato e risultano uniche nel loro genere dal punto di vista dell’impegno richiesto e dello stress correlato all’imprevedibilità della malattia psichiatrica.
Risulta estremamente difficile assistere il familiare nella gestione dei compiti quotidiani, proprio per i suoi comportamenti ostili, imprevedibili e per la mancanza di gratitudine nei confronti di chi lo accudisce.
Quali conseguenze per la qualità della vita di queste donne?
Impatto sulla sfera psico-emotiva
Dalle interviste utilizzate nell’indagine è emerso che il fattore maggiormente ostacolante la gestione delle cure quotidiane risulta essere l’imprevedibilità. Il caregiver può sperimentare stati d’animo ed emozioni di diversa natura e spesso contrastanti, come preoccupazione, stanchezza, solitudine, paura, ma anche rabbia e frustrazione.
Impatto sul benessere psico-fisico
Un altro aspetto significativo emerso dall’indagine è lo stress percepito dalle donne sia a livello fisico, in termini di stanchezza, sia a livello psicologico sotto forma di ansia, disturbi del sonno, disturbi psicosomatici e sintomi ascrivibili ad una vera e propria patologia.
Impatto sulla quotidianità
Sono state riscontrate delle limitazioni in vari ambiti della vita quotidiana delle donne coinvolte nella ricerca: cura di sé e dei propri spazi personali (43%), relazione con il partner (38%) e i figli (33%), disponibilità lavorativa (26%), vita sociale e relazionale (24%).
Tra gli aspetti che rendono più problematica l’assistenza vi è certamente la necessità di sorvegliare costantemente il familiare malato (42%), per contenere il rischio di suoi comportamenti pericolosi verso se stesso o verso gli altri, e la somministrazione della terapia farmacologica (17%), cui spesso viene opposta resistenza.
Rapporto con la terapia farmacologica
La maggior parte delle intervistate si dichiara soddisfatta (70%) dei risultati ottenuti con il trattamento farmacologico, mentre emerge una profonda insoddisfazione (58%) verso gli effetti collaterali connessi alla terapia, come ad esempio l’aumento del peso corporeo.
Rapporto con la rete istituzionale e assistenziale
Generalmente la figura professionale di riferimento per queste donne è rappresentata dallo psichiatra (49%), diversamente da quanto accade con le strutture sanitarie che, invece, vengono percepite come distanti (53%).
L’informazione
Rispetto alla conoscenza dei disturbi psichiatrici vi è spesso poca chiarezza. Il 93 % delle donne intervistate sostiene di essere abbastanza informata sulla schizofrenia, sebbene rimanga una percentuale consistente (41%) che ritiene vi sia scarsa informazione sulla malattia spesso responsabile di un forte stigma sociale.
Alleanza terapeutica
Uno degli aspetti più significativi emersi dallo studio riguarda il rapporto con il medico specialista e la possibilità di costruire un’alleanza terapeutica che coinvolga non solo il paziente designato, ma anche il familiare che lo accudisce.
Una delle caratteristiche frequentemente riscontrate nelle famiglie dei pazienti psicotici è un elevata tendenza ad esprimere le emozioni (expressed emotion) soprattutto in termini di:
- criticismo
- ostilità
- eccessivo coinvolgimento emotivo
Essendo la schizofrenia una patologia caratterizzata, oltre che da fattori di vulnerabilità biologica anche da un malfunzionamentodell’intero nucleo familiare, come evidenziato dalle teorie sistemiche, è opportuno che gli interventi siano progettati includendo i familiari dei pazienti gravi. Attraverso il coinvolgimento del sistema famiglia è possibile, infatti, intervenire sia sul miglioramento della loro qualità di vita sia, in maniera indiretta, sulla patologia psichiatrica del paziente.
Quali possibilità di supporto per i familiari del paziente schizofrenico?
Esistono varie tipologie di trattamento:
Terapia sistemico-familiare
Costituisce il primo tentativo di approccio familiare al trattamento dei disturbi mentali che attribuisce al sistema-famiglia un ruolo determinante nello sviluppo della schizofrenia e per il quale risulta indispensabile un intervento volto a modificare i rapporti interni al sistema.
Counseling familiare
Si tratta di un intervento piuttosto breve e pratico, basato su alcuni incontri tenuti da operatori psichiatrici presenti in consultori o centri di salute mentale che si differenzia da una psicoterapia tradizionale e si configura come un supporto nella gestione di problemi specifici riportati dai familiari.
Interventi di auto-mutuo-aiuto
Sono degli interventi di gruppo non necessariamente clinici, che hanno lo scopo di fornire un supporto psicologico e sociale ai familiari dei pazienti gravi, offrendo un contesto che consenta di superare il senso di solitudine grazie alla condivisione delle proprie esperienze, e dove sia al tempo stesso possibile uno scambio informazioni più pratiche per gestire la malattia dei cari.
Interventi di supporto
In questo caso l’intervento avviene in un setting di gruppo caratterizzato da familiari o amici del paziente, e promuove una maggiore conoscenza sui disturbi mentali e lo sviluppo di nuove strategie di coping. La durata degli incontri in genere è variabile in base alle esigenze dei membri del gruppo.
Intervento psicoeducativo familiare
E’ un intervento di sostegno psicologico basato sull’approccio cognitivo-comportamentale che risulta tra i più efficaci e si basa sulla considerazione dei fattori biologici e psicologici, oltre che di quelli sistemico-familiari, nella comprensione dei disturbi mentali gravi. Tra i suoi principali obiettivi:
- incrementare le capacità dell’individuo nell’affrontare in modo adeguato le situazioni stressanti
- migliorare le abilità dell’intero nucleo familiare nel fronteggiare le difficoltà quotidiane
- ridurre le tensioni provenienti dall’ambiente sociale
- aumentare le risorse familiari e sociali su cui l’individuo può contare
Approfondimenti
- L’impatto della psicosi schizofrenica sulla qualità di vita dei familiari dei pazienti, Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (2011)
- Randomized controlled trial of motivational interviewing, cognitive behavior therapy, and family intervention for patients with comorbid schizophrenia and substance use disorders. Barrowclough et al., Am J Psychiatry, 2001; 158: 1706-1713
- Family psychoeducation and schizophrenia: a review of the literature. Journal of Marital and Family Therapy, 2003; 29, 2; 223-245
- Interventi di sostegno per i familiari dei pazienti con disturbi mentali gravi.
- www.sunhope.it
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