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22 Maggio 2011L’abuso di alcool in adolescenza
Riporto qui di seguito un’intervista curata da Antonella Marchisellasulle nuove forme di sballo che sempre più stanno prendendo piede tra i giovani.
Buona Lettura
Davide Algeri
Abbiamo parlato di eyeballing e nuove modalità di ubriacarsi, magari con la falsa illusione di eludere i controlli dell’alcool test! Oggi vogliamo andare più a fondo della questione, ne parliamo con Davide Algeri, Psicologo e Psicoterapeuta di Milano.
di jessica rattini 18 maggio 2011
A cura di Antonella Marchisella
Indice contenuti
Si può fare da soli o in gruppo: bastano una bottiglia di vodka ed un tampax. Si serve il drink in un bicchiere profondo e si sommerge il tampax per alcuni secondi affinché assorba il liquido. Dopo si “inserisce”: le ragazze per via vaginale e i ragazzi su per il retto. I casi che si sono presentati finora sono di adolescenti. Dott. Algeri quali dinamiche psicologiche entrano in gioco in questa pratica di gruppo?
E’ necessario premettere che l’adolescenza rappresenta una fase, nella vita dell’uomo, particolarmente critica. Adolescenza, deriva dal latino “adolescere” che significa crescere e tale crescita comporta e porta con sé dei cambiamenti non solo fisici ma anche psicologici non indifferenti. E’ durante lungo tutta questa fase, infatti, che si determinerà l’identità del futuro adulto. E’ come se la formazione della personalità dell’adolescente, per potersi delineare, dovesse necessariamente passare attraverso determinate dinamiche tra le quali: la presa di distanza dal sistema familiare e di contro la ricerca di somiglianza e vicinanza con il gruppo dei pari, con conseguenti conflitti e incomprensioni tra genitori e figli.
L’adolescente si trova a mettere in discussione e a doversi gradualmente separare dal mondo familiare e a confrontarsi, invece, con il resto del mondo. Per tale motivo può sperimentare talvolta vissuti quali insicurezza, ansia, timore di non sentirsi all’altezza e accettato dal gruppo dei pari. E’ a partire da tali premesse che possono scaturire comportamenti a rischio come questi, dove la componente del piacere viene ad assumere un significato ed un’importanza secondaria rispetto, al desiderio da parte del giovane che se da un lato ha il desiderio di sentirsi accettato dai pari e apparire “coraggioso”, dall’altro mettendo in atto comportamenti del genere, invia un messaggio ben preciso ai genitori, ovvero, la richiesta di una maggiore presenza affettiva. Sappiamo bene come non sia affatto facile fare i genitori, in particolar modo al giorno d’oggi dove i valori, i sistemi di riferimento e le istituzioni sono messe continuamente in discussione.
A fronte, infatti, di un continuo e costante miglioramento della qualità della vita materiale si assiste ad un deterioramento e ad una instabilità dei valori, non a caso il ragazzo-tipo che mette in atto comportamenti a rischio è in genere, il ragazzo di buona famiglia, al quale non manca nulla dal punto di vista materiale ma che sperimenta, invece, un vuoto rispetto al sistema normativo-valoriale trasmesso dai genitori.
Questa nuova tattica per ubriacarsi fa riflettere su come gli adolescenti vogliano eludere i propri genitori dal controllo delle loro vite, ed anche su come la ricerca e l’assunzione di questa sostanza non siano per nulla legate al piacere di bere. Cosa può dirci su questo punto?
Come accennato prima, in pratiche di questo tipo la dimensione che i giovani ricercano non è tanto quella del piacere quanto piuttosto, il desiderio di sentirsi parte di un unico gruppo, sentirsi accettati e mostrare all’altro la propria forza, mascherando quelle che possono essere invece le proprie debolezze. Per certi versi, pratiche di questo tipo, potrebbero essere paragonate ai riti di passaggio tipiche delle antiche società tribali che attraverso rituali ben precisi hanno lo scopo, di sostenere, supportare e delineare i momenti di transizione più importanti della vita di una persona o della tribù.
Nelle società occidentali, anche se con modalità del tutto differenti, tali riti (quali la festa dei 18 anni, la laurea, il matrimonio, la nascita di un figlio…) e in generale tutte quelle tradizioni culturali che svolgono la funzione di accompagnare l’essere umano nel passaggio da uno status all’altro, sono scomparsi o sono mutati profondamente al punto tale da non svolgere più un ruolo di protezione dalle ansie e dalle preoccupazioni che è normale sperimentare nel corso della vita, per esempio nella fase dell’adolescenza. In assenza di tali rituali, dunque, è come se i giovani inconsapevolmente li riproponessero con tutti i rischi e le problematiche che comportano.
Alla luce delle fragilità tipiche dell’adolescente, dell’assenza di un sistema socio-culturale ben definito, unitamente ad uno stile genitoriale connotato da una scarsa presenza affettiva e normativa, è possibile fornire una spiegazione dei comportamenti ad alto rischio come quello descritto nell’articolo di oggi.
Soffermandoci, ancora, sul rapporto genitore-figlio, è fondamentale rimarcare l’importante ruolo svolto dai genitori in una fase così delicata come quella dell’adolescenza. Come accennato in precedenza, il ragazzo per potere delineare la propria identità, deve quasi “necessariamente” scontrarsi con il mondo genitoriale ed è qui che esercita un’influenza importante lo stile genitoriale adottato.
Nel corso dell’adolescenza, infatti, il ragazzo tende a trasgredire e tale comportamento porta il genitore ad assumere due possibili modalità di controllo: un iper-controllo, dove il genitore vieta in maniera categorica e senza possibilità di confronto ogni comportamento del ragazzo: atteggiamento che nella maggior parte dei casi conduce ad una escalation di conflitti e, paradossalmente, ad aumentare le probabilità che il giovane metta in atto comportamenti a rischio (più una cosa la si vieta, più diventa appetitosa) e un ipo-controllo, modalità molto diffusa al giorno d’oggi tra i genitori, vale a dire uno scarso controllo, nel quale il giovane è lasciato a sé stesso, senza punti di riferimento. Pur non esistendo una regola giusta o sbagliata, la modalità ideale consisterebbe in quello che viene definito stile democratico, il quale non esclude il controllo, piuttosto include anche la possibilità di confronto e rispetto verso il giovane che va incontro a un mondo separato e indipendente da quello del genitore.
Dott. Algeri, concludiamo con una domanda forse banale, ma da non dare mai per scontata: cosa pensa che rappresenti l’alcool per i più giovani?
Fondamentalmente per gli adolescenti l’alcol, al giorno d’oggi, svolge numerose funzioni. Di fronte alla continua richiesta da parte della società, infatti, di essere costantemente attivi, dinamici e disinibiti, l’alcol consente loro, almeno apparentemente, di superare le insicurezze, di essere maggiormente disinibiti, di mascherare debolezze e fragilità, arrivando al punto di inventarsi nuove strategie di “assunzione” al tempo stesso più pericolose al fine di raggiungere questi obiettivi a tutti i costi.
Oltre alla pratica descritta nel presente articolo, infatti, ne esistono di nuove altrettanto pericolose, come ad esempio l’eyeballing proveniente dai campus inglesi, che consiste nell’iniettarsi alcool negli occhi, producendo danni irreparabili. Un altro ruolo svolto dall’alcool è quello di anestetizzante, consente, cioè, di sedare sofferenze, ansie, preoccupazioni e, ancora, aiuta a non pensare ad eventuali problemi personali o familiari.
Pertanto, se l’alcol o bere in compagnia entro dei limiti e con un sano equilibrio, può rappresentare un gesto di socializzazione, una volta superato il confine, può trasformarsi in un pericoloso mezzo che fornisce l’illusione di potere controllare e gestire la propria vita emotiva, ma in che realtà non fa altro che generare una perdita stessa del controllo.
Fonte: GirlPower
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