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18 Ottobre 2020Hai mai provato ad esprimere le emozioni e ad avere difficoltà nel trovare le parole per farlo? O magari ti è capitato di avere difficoltà o di approcciarti ad una persona che aveva difficoltà a riconoscere le tue o le sue proprie emozioni? O ancora ti è mai capitato di vedere una persona molto fredda e distaccata tanto da sembrare quasi di ghiaccio?
Se ti sei trovato in questa situazione, molto probabilmente hai un problema di analfabetismo emotivo o alessitimia.
Probabilmente, con questa definizione, ti verrà spontaneo pensare ad una persona poco empatica o semplicemente poco incline all’affettuosità e all’emotività, in realtà siamo in presenza di ben altro.
Proprio per queste sue caratteristiche, l’alessitimia spesso è difficile da comprendere e identificare.
In questo articolo cercherò di spiegarti cosa è, in quali casi si manifesta, le sue possibili cause e soprattutto come si può combattere. Inoltre scoprirai come ci si può approcciare facendo in modo che l’impatto non sia troppo invalidante per la propria vita.
Indice contenuti
Alessitimia
Definizione di alessitimia
Il termine alexitimia, deriva dal greco ed è composto dalle parole: a- «mancanza», lexis «parola» e thymos «emozione» che significa: «mancanza di parole per esprimere emozioni».
Questo termine è alquanto recente infatti è stato introdotto per la prima volta nel 1976.
Già l’etimologia e il significato del termine ci permette di capire cosa indichiamo con questa parola, ossia l’incapacità del soggetto di esprimere le emozioni e i propri sentimenti.
Il termine è stato coniato, ufficialmente, negli anni Settanta da John Nemian e Peter Sifneos, anche se si iniziò a parlare e ad osservare questa condizione già negli anni Cinquanta.
I disturbi psicosomatici
Quest’incapacità di esprimere le emozioni venne riconosciuta nei pazienti psicosomatici che mostravano evidenti patologie fisiche, come l’asma e gli eczemi, che però nella tradizione psicoanalitiche sono riconosciute proprio come patologie psicosomatiche.
Le patologie psicosomatiche sono quelle dovute ad un dolore e da una sofferenza psicologica che, in assenza di espressione, si riversano sul corpo. È come se l’individuo esprimesse la propria sofferenza tramite il corpo.
Da allora in poi c’è stata un’accesa curiosità rispetto a questo fenomeno tanto che negli anni Settanta ne è stata data la definizione ufficiale.
Anche dopo questo periodo, questo fenomeno è stato ampiamente oggetto di interesse tanto che proprio nel 2000 Taylor, Bagby e Parker hanno osservato e affermato come l’alessitimia potrebbe essere un disturbo nell’elaborazione degli affetti e in quanto tale interferisce col processo di autoregolazione e di organizzazione delle emozioni e delle sue caratteristiche principali, ad esempio le reazioni fisiologiche.
Nonostante spesso sia visto come un disturbo, esso non trova una vera e propria classificazione all’interno del Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM). La motivazione è semplice: non è stata ancora raggiunta una vera e propria uniformità rispetto all’Alessitimia.
Per alcuni si tratta di un vero e proprio disturbo, ma per molti altri si tratta più di un tratto di personalità che, ovviamente, può divenire patologico o può essere precursore di altri disturbi.
Come riconoscere l’alessitimia?
Le persone che presentano questa caratteristica, come accennato, all’apparenza risultano alquanto fredde, distaccate, poco empatiche. Questo effettivamente è uno dei tratti caratteristici di questo disturbo che consiste proprio nell’incapacità di distinguere ed esprimere emozioni.
Altro elemento caratterizzante di questo disturbo è la tendenza ad un pensiero e uno stile cognitivo tipicamente concreto.
I soggetti, quindi, sono orientati solo e soltanto a ciò che ha un corrispettivo nel mondo pratico e reale; questo, spesso, determina una scarsa capacità immaginativa e anche una scarsa capacità onirica.
L’individuo con questo disturbo o con questo tratto di personalità, quindi tende a mostrare una difficoltà nell’esprimere e nel descrivere i suoi sentimenti, una difficoltà nel distinguere tra le sensazioni puramente corporee e i veri e propri sentimenti, poca immaginazione e un pensiero orientato alle cose pratiche unito ad una mancanza di introspezione.
Ciò può determinare un’eccessiva dipendenza nei confronti dell’Altro o un eccessivo conformismo in quanto il soggetto, da solo, non riesce a regolarsi emotivamente e sente il bisogno di affidarsi all’Altro.
Un’altra tendenza comune è quella di isolarsi eccessivamente e di preferire, quindi, una vita isolata sempre a causa di questa mancanza di capacità autoregolativa.
In conclusione i soggetti che presentano tratti tipici dell’alessitimia sono persone che, nonostante possano apparire molto inserite socialmente, presentano tratti molto rigidi e, al contempo, un’impulsività eccessiva che spesso li porta a reazioni del tutto inadeguate e che non riescono a spiegare e a controllare.
Perché è difficile esprimere le emozioni con le parole?
Come già anticipato, l’alessitimia è sicuramente un fenomeno complesso sia da identificare ma soprattutto da comprendere tanto che, comunemente, si tende a volerlo semplificare come “mancanza di empatia”. Questo, però, non è corretto.
Questo fenomeno è complesso perché negli anni, grazie alle moltissime ricerche attuate, è stato osservato come si tratti di un “disturbo” che effettivamente ha una diversa eziologia.
Si presume, infatti, che nella sua determinazione entrino in gioco diversi fattori: genetici, neurofisiologici, intrapsichici, ma anche modelli di comunicazione familiari e fattori socioculturali. Vediamo più nello specifico.
Fattori neurofisiologici
Negli anni sono state diverse le ricerche e le teorie neurofisiologiche (Nemiah J.C., Freyberger H., Sifneos P.E., 1976; MacLean PD, 1952; MacLean Paul D. 1952). che hanno dimostrato come l’emisfero destro del cervello si occupi principalmente dell’elaborazione del comportamento emotivo, mentre l’emisfero sinistro è implicato nell’articolazione del linguaggio.
A questo punto è stato ipotizzato che l’alessitimia sia dovuta ad una mancanza di comunicazione tra i due emisferi e anche ad un malfunzionamento dell’emisfero destro.
Altro elemento, spesso osservato in questi soggetti, è l’incapacità di distinguere le sensazioni corporee da quelle emotive. Secondo Paul Mac Lean (1967, 1984) quest’incapacità si deve al fatto che le emozioni vengono vissute dalla persona in modo fisico, tramite il corpo e i suoi organi. Ciò ovviamente li porta a quest’incapacità.
Stile comunicativo
Un altro fatto che sicuramente incide sulla formazione di questo disturbo è lo stile comunicativo e di attaccamento tra genitore e bambino nei primi anni di vita.
In psicologia è ormai noto, grazie al contributo di diversi autori quali Winnicott, che la capacità di regolazione emotiva viene insegnata e trasmessa proprio dalla madre.
Proprio Winnicott affermava che solo se la madre è “sufficientemente buona” (riesce a comprendere e a supportare emotivamente il figlio), il bambino avrà un ottimo sviluppo psicologico e imparerà ad autoregolarsi emotivamente (capacità di autoregolazione).
Questa, quindi, potrebbe essere la chiave per lo sviluppo del disturbo/tratto di personalità.
In un rapporto genitore-figlio altamente autoritario o, semplicemente, in un rapporto in cui il legame di attaccamento presente è quello insicuro-evitante, sarebbe più probabile il suo sviluppo. Questo perché il bambino in questi casi non riesce a sviluppare la capacità di autoregolazione emotiva. Quindi non è consapevole dei propri stati emotivi, né riesce a controllarli.
Ciò, di conseguenza, determina una scarsa empatia e un’incapacità di sintonizzarsi emotivamente con gli altri.
Fattori socioculturali
A ciò si aggiungono anche i fattori socioculturali.
Da uno studio (Pasini A. Delle Chiaie R. Seripa S. Ciani N. 1992; Mattila A. K. , Keefer K.V. , Taylor J.G.e al, 2010) è stato dimostrato che, tendenzialmente, gli uomini soffrono di questo disturbo più delle donne.
La spiegazione potrebbe dipendere proprio dalla nostra cultura che, da anni, trasmette stereotipi di genere. È idea comune che le donne siano più propense alle emozioni e all’empatia e che, invece, i maschi non debbano esprimere le emozioni.
Questa cultura ha influenzato per anni l’educazione emotiva che maschi e donne ricevono, determinando il loro modo di agire.
Come combattere l’alessitimia
Cerchiamo di capire cosa effettivamente si può fare in pratica per combattere questo problema.
La prima cosa da fare, quindi, è rivolgersi ad uno psicologo psicoterapeuta che possa aiutare, tramite un intervento mirato, professionale e che ben si adatti alla situazione specifica.
È stato osservato che l’intervento più efficace per l’alessitimia è proprio la psicoterapia breve finalizzata a ristrutturare la sfera cognitivo-affettiva della personalità.
Cosa fare, però, nella vita di tutti i giorni?
Ecco alcuni consigli utili.
Analizza situazioni che ti creano difficoltà
È stato osservato che gli alessitimici hanno la tendenza a non voler cambiare. Questo rende questi soggetti molto difficili da trattare in psicoterapia.
In tal senso è necessario assumere consapevolezza di ciò che si sperimenta nella vita di tutti i giorni.
Ad esempio si potrebbero analizzare le situazioni in cui capita di avere difficoltà ad esprimere le proprie emozioni.
Quando capita? Su quale tematica? In quale situazione specifica?
Questo potrebbe essere un modo per imparare ad approcciarsi, un po’ alla volta, ai sentimenti e alla loro espressione.
Usa il corpo per esprimere emozioni
Ciò che si può fare per esprimere le proprie emozioni e i propri sentimenti è cercare di esprimerle in altri modi.
È stato dimostrato che le persone alissitimiche sono più “sensibili” al contatto fisico. In tal senso il corpo può essere utilizzato ottimamente per esprimere ciò che si vive e si prova.
Ad esempio, se non riesci ad esprimere i sentimenti a parole, potresti dimostrarli tramite una semplice carezza.
Questo sarà di aiuto nel rapporto con gli altri e ti aiuterà a metterti alla prova con la parte più emotiva di te stesso.
Ulteriori suggerimenti che puoi seguire e chi vi sta accanto
Tra gli altri suggerimenti segui anche questi:
- Non vergognarti di piangere o di ridere. Il pianto e il sorriso sono le forme più dirette delle nostra espressione emotiva.
- Fai leva sulla fantasia, poiché questa è un fondamentale mezzo per immaginare il proprio presente e il proprio futuro.
- Confrontati con quelle persone di cui ti fidi, soprattutto parlando delle tue debolezze. Non è bene tenersi tutto dentro.
- Scrivi, prova a tenere un diario tutto per te. Ciò può rafforzare le tue funzioni cognitive e non solo.
- Se hai a che fare con una persona alessitimica, non colpevolizzarla, sostienila e soprattutto apprezzala.
Fate sì che vi renda partecipi del suo mondo e aiutatela affinché possa farsi aiutare a livello professionale.
A seguire un questionario validato per la misurazione dell’alessitimia.
TAS – 20 Toronto Alexithymia Scale
G.J. TAYLOR, R.M. BAGBY, J.D.A. PARKER, 1992
Seguendo le istruzioni sotto elencate indica quanto sei d’accordo o no con ciascuna delle seguenti affermazioni segnando una X sopra il numero corrispondente. Segnare una sola risposta per ciascuna frase.
head | Per niente d’accordo | Poco d’accordo | Né accordo né disaccordo | Abbastanza d’accordo | Molto d’accordo |
---|---|---|---|---|---|
1. Sono spesso confuso/a circa le emozioni che provo | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |
2. Mi è difficile trovare le parole giuste per esprimere i miei sentimenti | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |
3. Provo delle sensazioni fisiche che neanche i medici capiscono | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |
4. Riesco facilmente a descrivere i miei sentimenti | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |
5. Preferisco approfondire i miei problemi piuttosto che descriverli semplicemente | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |
6. Quando sono sconvolto/a non so se sono triste, spaventato/a o arrabbiato/a | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |
7. Sono spesso disorientato dalle sensazioni che provo nel mio corpo | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |
8. Preferisco lasciare che le cose seguano il loro corso piuttosto che capire perché sono andate in quel modo | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |
9. Provo sentimenti che non riesco proprio ad identificare | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |
10. È essenziale conoscere le proprie emozioni | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |
11. Mi è difficile descrivere ciò che provo per gli altri | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |
12. Gli altri mi chiedono di parlare di più dei miei sentimenti | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |
13. Non capisco cosa stia accadendo dentro di me | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |
14. Spesso non so perché mi arrabbio | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |
15. Con le persone preferisco parlare di cose di tutti i giorni piuttosto che delle loro emozioni | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |
16. Preferisco vedere spettacoli leggeri, piuttosto che spettacoli a sfondo psicologico | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |
17. Mi è difficile rivelare i sentimenti più profondi anche ad amici più intimi | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |
18. Riesco a sentirmi vicino ad una persona, anche se ci capita di stare in silenzio | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |
19. Trovo che l’esame dei miei sentimenti mi serve a risolvere i miei problemi personali | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |
20. Cercare significati nascosti in film o commedie distoglie dal piacere dello spettacolo | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |
Punteggio totale
Somma il punteggio di tutte le risposte.
Per un risultato:
- uguale o inferiore a 51 = assenza di alessitimia
- compreso tra 52 a 60 = possibile alessitimia
- uguale o superiore a 61 = alessitimia
Sottoscale
- Sottoscala che misura la difficoltà nel descrivere le emozioni. (domande: 2, 4, 11, 12, 17).
- Sottoscala che misura la difficoltà ad identificare le emozioni (domande: 1, 3, 6, 7, 9, 13, 14).
- Sottoscala che misura la tendenza degli individui a focalizzare la propria attenzione all’esterno (domande: 5, 8, 10, 15, 16, 18, 19, 20)
Riferimenti
- Caretti V., La Barbera, D. (2005). Alessitimia. Valutazione e trattamento. Ed. Astrolabio
Goleman, D. (1995). Intelligenza emotiva. Rizzoli Milano. - MacLean, P. D. (1967). Il cervello in relazione alla empatia e la formazione medica. J Nerv Ment Dis. 144:374-382. 144: 374-382.
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- MacLean, P.D. (1952). Some psychiatric implications of physiological studies onMacLean Paul D. (1952) Alcune implicazioni psichiatriche di studi fisiologici su parte fronto-temporale del sistema limbico Electroenceph Clin Neurophysiol. 4:407–418.
- Mattila A. K., Keefer, K. V., Taylor, G.J., Joukamaa, M., James, A. J., Parker J.D.A..Michael Bagby Bagby R.M. (2010). Taxometric di alessitimia in un campione di popolazione generale dalla Finlandia. Personality and Individual Differences, 49, 3, 216-221 2010.
- Nemiah, J.C., Freyberger, H., Sifneos, P.E. (1976). Alexithymia: A view of the psychosomatic process. In Hill O.W., Modern Trends in Psychosomatic Medicine, Vol. 3, Butterworths, London, pp. 430-439.
- Pasini A., Delle Chiaie, R. Seripa, S. Ciani,N. (1992). Alexithymia as related to sex, age, and educational level: results of the Toronto Alexithymia Scale in 417 normal subjects. Compr Psychiatry, 33: 42-46.
- Porcelli P. (2009). Medicina psicosomatica e psicologia clinica. Modelli teorici, diagnosi, trattamento. Raffaello Cortina (Psichiatria psicoterapia neuroscienze), Milano.
- Taylor G.J., Parker J.D.A Bagby R.M., (1997). Disturbi della regolazione affettiva. L’alessitimia nelle malattie mediche e psichiatriche. Giovanni Fioriti Editore, Roma 2000.
- Winnicott, D.W. (2000). Sviluppo affettivo e ambiente. Studi sulla teoria dello sviluppo affettivo. Armando Editore
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