Paura di perdere il controllo: impariamo l’arte del controllo efficace
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29 Dicembre 2012Il desiderio più grande di ognuno di noi è la felicità e tutti abbiamo un elenco, scritto o meno, di desideri, progetti, sogni che, se realizzati, renderebbero la nostra vita perfetta, “e allora sì che saremmo felici”.
Quando ci confrontiamo col fatto che non abbiamo (ancora!) la vita che desideriamo, le parole o concetti chiave che ricorrono il più delle volte nei nostri discorsi – che si stia parlando con qualcuno o con sé stessi – sono pressappoco questi: “i sogni sono una cosa, la realtà è un’altra…”, “finché sei giovane sogni, poi cresci…”, “la vita vera è un’altra cosa”, “ho un passato difficile”, “vengo da una famiglia che…”, “i miei genitori non…”, “servono i soldi…”, e così via.
Uno dei principali ostacoli alla realizzazione di noi stessi è il nostro passato. Non il passato in quanto tale, ma il modo con cui ci relazioniamo con esso, il peso che gli attribuiamo, il permesso che gli diamo di condizionare il nostro presente e, quindi, il nostro futuro. Le esperienze passate possono, si, aver influito negativamente sulla nostra vita. L’ambiente e le circostanze attuali influenzano chi siamo oggi, ma siamo totalmente responsabili di chi diventiamo.
Quando guardiamo in tv un atleta pronto alla partenza, pensiamo che ha pochi secondi o minuti per giocarsi tutto. Nessuno di noi, credo, immagina che magari un’ora prima ha litigato con la moglie al telefono, o il figlio è stato bocciato per la seconda volta quest’anno e ciò gli causa molto dolore, o che è nato in una famiglia in cui nessuno gli ha insegnato a credere nei sogni e lottare. Anche quell’atleta ha delle circostanze x, esperienze y e un passato z che influenzano chi è, oggi. Ma correre e arrivare alla meta, in quella gara, dipende solo da lui, l’esito non è dettato da una qualche esperienza passata ed è sotto il suo controllo. Questo vale anche per noi, nelle nostre piccole o grandi gare quotidiane.
ESERCIZIO PSICOLOGICO: Sostituiamo le parole chiave
Ora vi propongo di sostituire le parole chiave evidenziate prima, che di fatto si rivelano poco utili, con altre, più funzionali alla nostra felicità.
Per disegnare il nostro futuro, dobbiamo lasciare andare il nostro passato. Lasciare andare il passato non vuol dire non riconoscere il suo valore, non coltivare i ricordi, ignorare l’effetto che le esperienze hanno avuto su di noi. Tutt’altro: noi veniamo da lì, il nostro passato ci ha resi quelli che siamo, la famiglia in cui siamo nati, per quanto scalcagnata sia, rappresenta le nostre radici. Ma una volta che abbiamo riconosciuto l’impatto che talune esperienze ed eventi hanno avuto su di noi, lasciamoli andare. Continuare ad addurli come spiegazione e giustificazione li rende solo presenze sempre più ingombranti, fantasmi invadenti che non ci fanno procedere. Dare la colpa, trovare giustificazioni e lamentarci non ci porta da nessuna parte (parola chiave #1: lasciare andare).
Presentare il passato come la ragione per cui le cose non stanno procedendo come vorremmo significa che non ci stiamo assumendo la completa responsabilità per la nostra vita. Attenzione: prendersi la responsabilità non vuol dire prendersi la colpa. Come suggerisce Devon Harris, se guardiamo alla parola “responsabilità” notiamo che è costituita da due parole: “rispondere” e “abilità”. Ovvero, abbiamo l’abilità di scegliere come rispondere a tutti gli eventi che si verificano nella nostra vita. È vero che ad alcune persone accadono molti eventi negativi negli anni, mentre altre sembrano camminare più o meno indenni lungo il viaggio, ma se non consideriamo questi estremi, la maggioranza degli individui è toccata, nel corso della vita, da alcuni fatti spiacevoli (lutti, separazioni, difficoltà di relazione, guai economici, tradimenti, torti di vario genere, difficoltà a realizzare la propria autentica natura). Gli eventi esterni “accadono” e accadono a tutti. Noi possiamo fare la differenza scegliendo come rispondere. In questo spazio – nella risposta – sta il nostro potere, la possibilità di scegliere come vogliamo vivere la nostra vita. Delle nostre risposte dobbiamo assumerci la responsabilità (parola chiave #2: responsabilità).
Le persone più felici sono quelle che rispondono agli eventi della vita assumendosi la responsabilità, accettando e trovando soluzioni al problema. Della responsabilità abbiamo già parlato, vediamo gli altri due punti.
Accettare è uno splendido verbo, che purtroppo è passato di moda nella nostra società e nell’attuale periodo storico. Suona come “accontentarsi”, ha il sapore della passività, dell’arrendevolezza. Accettare non vuol dire smettere di porsi obiettivi e avere desideri, non vuol dire diventare compiacenti. Questa è rassegnazione. Quando si è rassegnati non si ha più speranza per il futuro. Accettare, invece, vuol dire riconoscere che questo – noi come siamo oggi e la nostra attuale situazione di vita – è il nostro punto di partenza (parola chiave #3: accettare).
Una volta che abbiamo accettato noi stessi e il nostro presente, con le ombre e le fragilità che ci appartengono, possiamo scegliere di migliorare, riparare, crescere. Quel che è fatto è fatto, e adesso? Invece di trovare giustificazioni, troviamo soluzioni (parola chiave #4: soluzioni).
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