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23 Novembre 2012Esiste la formula che definisce l’equazione della felicità? Martin Seligman, fondatore della psicologia positiva, sostiene di si!
Seligman ha capovolto l’approccio tradizionale della psicologia classica, centrato sulla patologia e sul disagio, rendendo prioritario un altro obiettivo; quello di incrementare gli stati positivi, di benessere che rendono la vita piena di senso. Ha fondato una vera e propria scienza dell’ottimismo, che ci insegna a valorizzare i tratti positivi della personalità, imparando ad allontanare gli atteggiamenti e i pensieri negativi e ad incrementare in modo durevole la propria quota di felicità.
Indice contenuti
L’equazione della felicità
La formula è molto semplice:
H= S+C+V
Dove H (happiness) indica il livello di felicità
S (set range) riguarda la quota fissa di felicità di ciascuno. Seligman sostiene infatti che, rispetto alla felicità ciascuno di noi avrebbe un range di riferimento, una sorta di timoniere genetico che ci indirizza verso uno specifico livello di felicità o di tristezza, così come per il peso. Le persone tendenzialmente tristi non raggiungerebbero mai una felicità duratura e le persone felici non diventerebbero mai stabilmente tristi. Agisce come un termostato che tende a riportare la nostra felicità ai suoi livelli abituali.
C (circostance) sono le circostanze esterne che influenzano il livello di felicità: il benessere economico, gli affetti, la vita sociale, la fede… Alcune sembrano influire più di altre nel determinare il livello di soddisfazione esistenziale che ciascuno sperimenta. Riguardo alla ricchezza ad esempio, alcune ricerche hanno mostrato, confrontando il benessere soggettivo in paesi ricchi e poveri, che questa non determina necessariamente livelli più alti di felicità. Una maggiore ricchezza dunque ha effetti trascurabili sulla felicità personale, inoltre sembra che il materialismo sia controproducente, chi attribuisce maggiore valore al denaro rispetto ad altri ambiti sembra essere meno soddisfatto della propria vita in generale.
Il denaro fa la felicità?
A differenza del denaro che sembra avere una modesta influenza sul livello di felicità, una vita sociale soddisfacente e il matrimonio sono invece correlati a livelli elevati di benessere e soddisfazione personale. Ciò può essere associato al fatto che probabilmente le persone più felici in partenza piacciono di più e hanno più probabilità di sposarsi e di avere anche una vita sociale più ricca e soddisfacente.
Riguardo alla salute, diversi studi hanno osservato che il livello di salute oggettiva è poco correlato alla felicità, ciò che realmente conta è la percezione soggettiva del nostro stato di salute. Così come i credenti sembrano essere più felici dei non credenti poiché esiste una relazione causale tra fede, vita più sana e appartenenza a una rete sociale che da supporto. Inoltre come è noto le religioni incoraggiano speranza nel futuro e fiducia nel presente.
Questi sembrano i fattori che incidono maggiormente sul livello di felicità personale.
Il nostro tasso di emotività positiva può essere accresciuto stabilmente?
A questo interrogativo risponderò nel prossimo articolo in cui parlerò dei fattori che dipendono dal nostro V (controllo volontario), che sono il motore di un cambiamento duraturo.
Adesso poniamo l’attenzione alla variabile V (controllo volontario) che possiamo esercitare nel determinare il nostro livello di felicità: H=S+C+V. A differenza delle C (circostanze esterne) e del S (set range) che sono in gran parte esterni al nostro controllo e per molti aspetti difficili da cambiare, sono molte le circostanze interne V che possono lavorare a nostro favore.
E’ possibile vivere ai massimi livelli della propria quota fissa di felicità?
Le variabili volontarie possono generare un cambiamento costante e definitivo nei livelli di felicità e benessere perchè dipendono appunto dalla nostra volontà. Noi possiamo indirizzare le nostre emozioni in una direzione positiva modificando i pensieri e le interpretazioni che attribuiamo agli eventi del nostro passato, la percezione che abbiamo del presente e di conseguenza le aspettative riguardo al futuro.
Questi tre ambiti emotivi non sono connessi tra loro in modo deterministico, ciò che proviamo riguardo al passato, non determina necessariamente il modo in cui viviamo il presente e ciò che pensiamo del futuro. In alcune condizioni l’emozione governa il pensiero ad es. è più facile che un individuo depresso abbia pensieri tristi, e in altre è il pensiero che genera l’emozione; il pensiero del pericolo provoca ansia, il pensiero della perdita genera tristezza.
Le emozioni legate al passato
Tutte le emozioni che riguardano il passato sono generate dall’interpretazione che attribuiamo al ricordo, in più se crediamo che il nostro passato determini il nostro futuro tenderemo a lasciarci andare all’inerzia rimanendo amareggiati dal passato e passivi nei confronti del futuro. Molti studi longitudinali (M.Rutter, R. Plomin), basati cioè sull’osservazione a distanza di anni, hanno dimostrato una scarsa correlazione tra i traumi dell’infanzia ed effetti negativi sulla vita adulta e lo stesso riguarda anche l’influenza genetica sullo sviluppo della personalità.
Esistono due modi per portare le sensazioni che abbiamo riguardo al nostro passato nella direzione dell’appagamento e della soddisfazione. E’ possibile modificare l’atteggiamento mentale che ci lega agli eventi passati: provare gratitudine e apprezzamento per gli eventi positivi amplifica la sensazione di appagamento e riuscire a perdonare in primo luogo a sé stessi, gli eventi negativi, dissolve l’amarezza e il rancore. Non è facile, perché il nostro cervello si è evoluto in modo da riconoscere alle emozioni negative il potere di difenderci meglio dalle avversità, disponendoci in uno stato di attivazione psicofisica, a differenza delle emozioni positive che ci esporrebbero a maggiori pericoli, inoltre il perdono nei confronti di un torto subito non è la naturale risposta, che invece è quella della lotta per la sopravvivenza.
Dunque una strategia per una positiva riscrittura del passato è rievocare un ricordo negativo nei termini dell’empatia cercando di non indugiare nè in pensieri di autocommiserazione nè in pensieri di vendetta. Accrescendo inoltre la gratitudine per gli eventi positivi ci dispone in una condizione mentale di appagamento che intensifica la soddisfazione esistenziale.
Vedere il futuro con ottimismo
Anche l’ottimismo riguardo al futuro può essere costruito, cioè appreso e sviluppato. Le emozioni positive riguardo al futuro generalmente sono la speranza, la fiducia, la sicurezza in sé, l’ottimismo.
Le persone che si arrendono facilmente tendono ad attribuire agli eventi negativi effetti permanenti: “il mio capo mi odia” e a quelli positivi cause transitorie: “è solo il mio giorno fortunato”, a differenza delle persone ottimiste che attribuiscono ai successi cause permanenti perché legate ad abilità personali o a caratteristiche della propria personalità. Inoltre le persone con un atteggiamento negativo che sperimentano un fallimento in un ambito specifico della propria vita, tendono a lasciare che questo pervada ogni altro aspetto della loro vita, mandando in crisi l’esistenza per intero.
Quindi saper trovare cause transitorie e specifiche per gli eventi negativi, e insieme cause permanenti e pervasive agli eventi positivi, è l’arte della speranza e insieme alla capacità di saper discutere con sé stessi le accuse e i pensieri pessimistici, così come faremmo con un rivale che ci che ci accusa ingiustamente, che possiamo costruire l’ottimismo.
Vivere il presente
La felicità nel presente è generata da stati d’animo differenti da quelli che riguardano il passato e il futuro. Le sensazioni di benessere legate al presente riguardano due categorie fondamentali: i piaceri e le gratificazioni.
I piaceri ci giungono attraverso i sensi, sono sensazioni gradevoli che implicano una risposta emotiva forte e positiva, tuttavia sono momentanei e indugiare ripetutamente nello stesso piacere è controproducente; a causa dell’assuefazione è possibile sviluppare una dipendenza.
L’arte dell’assaporare, del vivere “slow”, invece è una qualità che è bene sviluppare per avere un atteggiamento mentale ricettivo, di attenzione partecipe che ci eviti di essere costantemente protesi verso il futuro, distratti, perdendo così enormi quantità di presente senza rendercene conto.
Le gratificazioni, invece, a differenza dei piaceri hanno una forte componente cognitiva; riguardano l’esercizio delle potenzialità. Riconosciamo un’attività che ci gratifica quando siamo totalmente immersi in essa e perdiamo il senso del tempo e la consapevolezza di noi stessi. Sono le passioni, la lettura di un buon libro, lo sport, un hobby, tutte quelle attività che ci impegnano in un compito, che implicano una sfida con noi stessi, che ci segnalano il raggiungimento di una crescita psicologica. E di conseguenza di uno stato accresciuto e permanete di benessere.
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