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9 Ottobre 2012L’educazione
E-DUCERE significa “tirare fuori”, in questo caso significa estrapolare da un figlio le sue competenze e la sua vera identità. Il termine educare è simile al termine greco MAIEUTICA, ovvero “l’arte del far nascere”. Educare è una scelta, non qualcosa di automatico o naturale; nello specifico educare è la scelta di aumentare la competenza di un figlio nella sua capacità di costruire valori, operare scelte, creare coerenza tra la coscienza e le azioni. Il bisogno dei figli è quello di crescere e di essere accompagnati all’autonomia, più che stare bene con i genitori. I genitori di oggi sono in realtà le figure educative più sensibili ai contenuti pedagogici perchè molto orientati a dare un significato alle scelte che operano in funzione dei figli (libri, esperti, convegni,…). Il genitore di oggi vuole educare con cura, agire con consapevolezza ed analizzare i bisogni specifici di quel figlio. Educare è un’arte, richiede competenze tecniche, attenzione, capacità creativa, occorre organizzare intenzionalmente una serie di azioni, saper regolare, ascoltare e alla base di tutto sapere comunicare.
Indice contenuti
Non si puo’ educare senza comunicare
Il termine comunicazione deriva dal latino cum=con e munire=legare, costruire. Comunicare significa fondamentalmente “mettere in comune” con altri, informazioni, idee, emozioni etc. Questo scambio tra persone avviene soprattutto attraverso il linguaggio parlato o scritto, ma anche attraverso gesti e immagini. È importante tenere conto del fatto che i termini comunicazione e linguaggio – spesso confusi – non hanno esattamente lo stesso significato. Il linguaggio è la capacità di associare suoni e significati attraverso delle regole grammaticali, esso assolve due funzioni:
- la funzione comunicativa vera e propria;
- la funzione simbolica che consiste nella costruzione di un insieme di simboli (parole) che rappresentano le categorie degli oggetti.
Il linguaggio verbale è uno degli strumenti (il più importante) che permettono la comunicazione, ma non è l’unico, ad esso si aggiungono gli aspetti non verbali della comunicazione: il tono, il ritmo, il volume della voce, i gesti,la mimica, gli sguardi, la postura, l’abbigliamento. Possiamo affermare che qualsiasi nostro comportamento è comunicazione. Ciascuno di noi può facilmente constatare che la comunicazione non ha quasi mai una struttura lineare semplice. Non c’è generalmente un inizio ed una fine, bensì ogni messaggio è insieme di causa ed effetto di altri messaggi. Il concetto di comunicazione comporta la presenza di un’interazione tra agenti diversi: si tratta quindi di un’ attività che prevede un certo tipo di cooperazione. Quando vi è comunicazione tra due o più persone quindi, non vi è mai solo uno scambio di contenuti e non vengono solo trasmesse delle informazioni, ma viene determinato anche il tipo di relazione che sussiste tra le persone. Si dice cioè che ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto, cioè ciò che le parole dicono, e uno di relazione, ovvero quello che i parlanti lasciano intendere, a livello verbale e più spesso non verbale, sulla qualità della relazione che intercorre tra loro. Nello specifico, nel rapporto genitori-figli la comunicazione assume un fondamentale aspetto relazionale. E’ quindi impossibile non comunicare e, di conseguenza, è impossibile non entrare in relazione con l’altro. L’ altro avrà sempre una percezione di noi e del nostro modo di porci nei suoi confronti. Per questo possiamo e dobbiamo chiederci che cosa imparano i bambini? Che cosa comunichiamo a loro quando viviamo in una relazione spesso fatta di gesti che passano attraverso comunicazioni non sempre consapevoli? Cosa comunichiamo loro attraverso le emozioni che viviamo e che passano nella relazione con loro? Comunicare in famiglia significa quindi disporsi gli uni verso gli altri, genitori e figli, nella propria casa, nella quotidianità più intima delle relazioni felici e/o dolorose della vita in comune. La parola scambiata e ascoltata, così come l’azione presentata e condivisa, può essere compresa solamente attraverso un esercizio costante di attenzione all’altro. Dunque nella conversazione familiare il dialogo, l’ascolto e l’attenzione sono i mezzi attraverso cui i genitori e i figli, reciprocamente, mettono in atto uno scambio relazionale. In conclusione possiamo affermare che se non sappiamo comunicare adeguatamente con i nostri figli, anche la relazione con loro risulterà complessa. Non è semplice saper comunicare, ma è solo così che possiamo gettare le basi di una relazione genuina.
E voi ritenete di avere una buona comunicazione con i vostri figli?
Approfondimenti
- Gordon T., Genitori efficaci. Educare figli responsabili, La Meridiana
- Gordon T., Relazioni efficaci. Come costruirle come non pregiudicarle, La Meridiana
- Marcoli A., Il bambino nascosto. Favole per capire la psicologia nostra e dei nostri figli, Oscar saggi Mondadori
- Marcoli A., Il bambino arrabbiato. Favole per capire le rabbie infantili, Oscar saggi Mondadori
- Marcoli, A., Il bambino lasciato solo. Favole per momenti difficili, Oscar saggi Mondadori
- Maiolo Giuseppe, L’occhio del genitore. L’attenzione ai bisogni psicologici dei figli, Ed. Erickson
- Porcelluzzi S., Educare con cura. Famiglia, scuola, società nella crescita della persona, Elledici
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