Disturbo di personalità istrionico: riconoscerlo e intervenire
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24 Settembre 2022Il disturbo di personalità paranoide è stato introdotto in psichiatria da Kraepelin (1921) per descrivere quelle persone che presentano credenze illusorie in assenza di un deterioramento delle facoltà mentali.
In genere, chi soffre di questo disturbo, presenta una modalità di pensiero rigido: il pensiero paranoide si differenzia da quello dello schizofrenico per il fatto di non essere delirante: la realtà in sé non è distorta; lo è, invece, il significato di realtà come essa appare (Sharipo, 1965).
Con l’uscita del DSM I (APA, 1952) tale disturbo viene considerato come una categoria indipendente, successivamente con la seconda edizione del DSM (DSM II; APA, 1968) il disturbo paranoide viene descritto con alcune caratteristiche con cui tutt’oggi viene inteso e che vedremo a breve.
Il termine paranoia deriva dal greco παράνοια che significa “follia, insensatezza”.
Questo, infatti, è un disturbo del pensiero e chi ne è affetto ha delle convinzioni specifiche.
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Chi è più a rischio di soffrire di questo disturbo
Il disturbo paranoide di personalità colpisce tra il 2,3 e il 4,4% della popolazione generale, è più tipico nel sesso maschile e in media si manifesta nella fascia d’età tra i 40 e i 50 anni, anche se può comunque presentarsi fin dalla prima adolescenza (fonte DSM-5, 2014).
Diagnosi di disturbo di personalità paranoide
Il disturbo paranoide di personalità (PPD) è un disturbo di personalità e in quanto tale rientra nel DSM 5 proprio nei disturbi di personalità del cluster A.
Le persone che ne soffrono presentano diversi sei seguenti criteri diagnostici:
- Presumono che gli altri li sfruttino, li danneggino, anche in assenza di prove che supportino tali aspettative (Criterio A1).
- Nutrono sospetti sulla base di prove insignificanti o che gli altri complottino contro di loro e possano attaccarli in ogni momento e senza ragioni. Dubitano, senza una giustificazione, della affidabilità di amici o colleghi, le cui azioni vengono esaminate minuziosamente per evidenziare intenzioni ostili (Criterio A2).
- Percepiscono una deviazione circa l’affidabilità e la lealtà altrui, sentono vere le loro supposizioni. Si stupiscono se un amico o un collega si mostra leale. Se si trovano nei guai, si aspettano che gli amici e i colleghi li attaccheranno. (Criterio A3).
- Tendono a rifiutare di rispondere a domande personali e a leggere come significati nascosti umilianti e minacciosi rimproveri o altri fatti benevoli (Criterio A4).
- Provano costantemente del risentimento e non riescono a dimenticare insulti, offese, o ingiurie (Criterio A5).
- Piccole offese evocano in loro una grande ostilità e i sentimenti ostili possono persistere per molto tempo. Contrattaccano, inoltre, rapidamente, e reagiscono con rabbia agli insulti percepiti (Criterio A6).
- Possono essere gelosi in modo patologico: possono arrivare a sospettare che il coniuge o il partner sessuale sia infedele senza una giustificazione adeguata (Criterio A7).
Il disturbo non può essere ricondotto a schizofrenia, disturbo bipolare o depressivo con caratteristiche psicotiche o a un altro disturbo psicotico o ad altra condizione medica. (Criterio B).
Il primo criterio, come anche gli altri, mette in evidenza una caratteristica importante del disturbo: chi ne soffre nutre una forte sospettosità e diffidenza nei confronti degli altri, fino ad interpretare gli eventi in modo distorto.
Le persone che soffrono di questi disturbi, inoltre, faticano a mettere in discussione i loro comportamenti: parliamo infatti di disturbi di personalità egosintonici, ovvero sono convinti che i loro pensieri sono così e non può esistere una visione altra dalla loro.
È proprio per questo motivo che difficilmente riescono ad essere consapevoli del loro disturbo e a chiedere aiuto.
La persona con questo disturbo manifesta specifici sintomi tra cui:
- paura di essere ingannata e sfruttata da amici e colleghi;
- timore ingiustificato che le proprie informazioni possano essere utilizzate contro di lei;
- rancore costante;
- rabbia.
Alla base vi è, quindi, un problema di sfiducia verso se stessi, che porta a percepirsi come incompetenti, e verso gli altri visti come minacce, che sembra svilupparsi la paranoia; quasi come per compensare questo modello negativo interno.
Il paranoide vive uno stato di angoscia costante correlata alla convinzione che il mondo sia popolato da nemici bugiardi e inaffidabili (Ogder, 1986).
Al centro vi è dunque la paura di essere danneggiati, soprattutto da persone vicine.
Per tale motivo arriva a chiudersi in se stessa ed evita di confidarsi con gli altri e altre volte, per difendersi, reagisce con rabbia.
Parliamo di persone che sono polemiche, aggressive, lamentose, che faticano ad accettare le critiche e che riescono spesso a mascherare le loro vere emozioni con una razionalità forte.
In alcuni casi questo disturbo può essere accompagnato da ansia e depressione.
In presenza di tale disturbo possono verificarsi anche brevi episodi psicotici con allucinazioni, deliri di persecuzione che possono durare per pochi minuti fino ad un massimo di qualche ora.
Caratteristiche psicologiche del disturbo
Chi soffre del disturbo paranoide di personalità parte da premesse errate, ovvero, che gli altri sono pericolosi e come sappiamo, una convinzione o comunque un’idea in cui si crede fermamente, spinge a cercare e a trovare delle prove (spesso opinabili) fino a dimostrare a sé la teoria iniziale, secondo il principio della profezia che si autoavvera.
Analizziamo ora le caratteristiche psicologiche del disturbo paranoide di personalità, in termini di:
- Visione di sé: si considerano vulnerabili se si parla del trattamento che ricevono da parte degli altri;
- Visione degli altri: considerati ingannevoli, manipolativi e capaci di sminuire e discriminare.
- Credenze: tra le convinzioni che albergano la loro mente vi sono pensieri che denotano sospettosità del tipo “non posso fidarmi degli altri”, “se non starò attento le persone mi sfrutteranno”.
- Minacce percepite: hanno paura delle azioni altrui in quanto percepiscono delle vere e proprie minacce al proprio territorio o alla propria relazione.
- Strategie di coping: spesso sono in allerta alla ricerca di segnali che possono svelare i “motivi nascosti” di chi intende mandarli fuori strada.
Perché si arriva a soffrire del disturbo paranoide di personalità
Come per gli altri disturbi di personalità alla base vi sono diversi fattori tra cui l’ambiente, il temperamento e l’ereditarietà.
Sembra, infatti, che vi siano maggiori probabilità di insorgenza del disturbo in chi ha familiari con disturbi schizofrenici e deliranti.
Ancora, sembra maggiormente presente in chi ha subito traumi infantili.
Fondamentale, infine, risulta anche il ruolo dei genitori che in questo caso risultano molto critici, svalutanti e favoriscono lo sviluppo di sentimenti di scarso valore.
Le relazioni di un paranoide
Chi soffre di disturbo paranoide di personalità in amore tende ad avere forti dubbi sulla fedeltà del proprio partner, per questo risulta molto geloso, fino ad manifestare manie di controllo su di esso.
Parliamo di persone che difficilmente riescono a entrare in intimità con l’altro, dal momento che nutrono grandi sospetti.
I rapporti interpersonali sono frammentati e nascondono la convinzione che nessuna relazione possa durare nel tempo, la persona paranoide ha la percezione del momento ed è convinta che l’altro farà prima o poi “un passo falso”, confermando così i suoi sospetti.
Sono presenti, quindi, serie difficoltà nelle loro relazioni per i motivi descritti che le portano ad essere poco empatiche e a basarsi su supposizioni errate, di cui sono convinte, che le spingono a percepire i fatti diversamente da come effettivamente appaiono.
Tutto questo spesso porta queste persone a sviluppare sentimenti di ansia e tristezza e infine ad isolarsi.
Come rapportarsi (in modo funzionale) a chi soffre di paranoia
Relazionarsi con chi soffre di questo disturbo, come anticipato, non è per nulla semplice e in molti casi il rapporto si può trasformare in un “inferno”.
Per relazionarsi in modo funzionale a chi soffre di un disturbo paranoide, gli atteggiamenti suggeriti sono i seguenti:
- Accogliere quando viene detto, mostrare empatia e comprensione per capire cosa ci vogliono dire. Spesso quando veniamo accusati in prima battuta ci mettiamo in posizione di difesa e neanche proviamo ad ascoltare ciò che l’altro ci sta dicendo. Questo porta chi soffre di questo disturbo ad esacerbare la propria posizione.
- Evitare di contraddire le affermazioni/accuse emesse dalla persona (cosa non facile); Come anticipato, chi presenta quelle convinzioni, difficilmente si persuaderà del contrario, proprio perché presenta un disturbo. Quindi confermate che la sua visione potrebbe essere corretta, ma al contempo richiedete le prove che dimostrano con certezza quanto la persona afferma.
- Proporre un percorso non per curare loro, ma per migliorare la relazione. Fate presente che avete bisogno voi e che lui o lei possono esservi di aiuto a migliorare le cose. Un aiuto professionale, in questi casi, potrebbe fornire degli strumenti per trovare delle alternative al modo di percepire la realtà, ristrutturare i pensieri disfunzionali di sospetto e sfiducia verso gli altri, migliorare le abilità sociali e la qualità della vita in generale. Inoltre potrebbe aiutare a rendere la persona ad essere più consapevole dei propri pensieri ed emozioni, oltre che di ciò che prova chi le sta vicino.
Lo psicologo psicoterapeuta può aiutare nel trattamento del disturbo paranoide di personalità fungendo da contenitore di odio, impotenza, disperazione e proprio grazie all’empatia consente al paziente di vivere in una nuova relazione che rappresenta un’alternativa rispetto a quelle vissute e interiorizzate.
Attraverso questa esperienza il soggetto scopre che l’altro non è solo un nemico e che le accuse fatte possono essere accolte e fungere da momento di riflessione per costruire nuovi significati.
Riflessioni conclusive
Chi presenta tale disturbo ritiene gli altri in grado di far loro del male, perché sono stati educati o si sono convinti, in seguito ad esperienze traumatiche, che gli altri sono “cattivi”.
Per questo tendono a rimanere sulla difensiva e distanti dagli altri.
Alla base di queste credenze vi è una modalità di pensiero distorta che tende a vedere la realtà secondo un’ottica negativa.
Una modalità che prende vita nel proprio passato, quindi, ma che può influenzare il proprio presente e il proprio futuro.
Ed è proprio su questa modalità che si deve intervenire se vogliamo migliorare la nostra vita e le nostre relazioni che siano a lavoro, a casa o nell’ambiente esterno.
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