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Anoressia nervosa
L’esordio in adolescenza
L’anoressia nervosa, è un disturbo del comportamento alimentare, che tende a presentarsi durante adolescenza o nella prima età adulta, interessando prevalentemente giovani donne. Chi ne soffre presenta un’avversione per il cibo, causata dalla paura dell’aumento di peso, anche quando sottopeso. Da ciò scaturisce una forte diminuzione del cibo ingerito (dieta drastica) o un eccessivo esercizio fisico, con il chiaro intento di smaltire il peso.
Le anoressiche, tendenzialmente, sono ragazze molto intelligenti, con un’estrema sensibilità ed una enorme difficoltà a controllare le proprie emozioni e le proprie relazioni. Imparando a controllare il cibo, astenendosi in modo reiterato nel tempo, “imparano a controllare” indirettamente anche la loro emotività, creando un’anestesia emotiva, un’astinenza da tutto ciò che può risultare piacevole.
Finiscono così per crearsi un’armatura che se da un lato le difende dalla loro sensibilità, dall’altro le schiaccia e le opprime finendo per imprigionarle. In loro, infatti, è presente un forte timore di perdere il controllo di fronte a qualsiasi esperienza che le stimoli piacevolmente. Spesso i familiari cercano in tutti i modi di porre rimedio al problema, insistendo per farla mangiare, assecondandola nei suoi rituali, nei pasti che durano giornate intere, controllandola, finendo per peggiorare più che per risolvere il problema.
Criteri per la diagnosi di anoressia nervosa
Tra i criteri diagnostici per l’Anoressia Nervosa secondo il DSM-IV-TR:
- Rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra o al peso minimo normale per l’età e la statura (per es. perdita di peso che porta a mantenere il peso corporeo al di sotto dell’85% rispetto a quanto previsto, oppure incapacità di raggiungere il peso previsto durante il periodo della crescita in altezza, con la conseguenza che il peso rimane al di sotto dell’85% rispetto a quanto previsto).
- Intensa paura di acquistare peso o di diventare grassi, anche quando si è sottopeso.
- Alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del corpo, o eccessiva influenza del peso e della forma del corpo sui livelli di autostima, o rifiuto di ammettere la gravità della attuale condizione di sottopeso.
- Nelle femmine dopo il menarca, amenorrea, cioè assenza di almeno 3 cicli mestruali consecutivi. (Una donna viene considerata amenorroica se i suoi cicli si manifestano solo a seguito di somministrazione di ormoni, per es. estrogeni.)
Può essere con o senza abbuffate o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi):
- Con restrizioni: nell’episodio attuale di Anoressia Nervosa il soggetto non ha presentato regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).
- Con abbuffate/condotte di eliminazione: nell’episodio attuale di Anoressia Nervosa il soggetto ha presentato regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).
Solitamente chi soffre di anoressia, oltre a limitare la quantità di cibo, a saltare i pasti o ad essere ossessionata dal bisogno di fare esercizio fisico, tende anche ad utilizzare dei comportamenti specifici, come tagliare il cibo in piccoli pezzi, impiegare ore ed ore prima di concludere i pasti.
La fame d’amore in anoressia
L’epidemiologia offre una rappresentazione dei disturbi alimentari come il primo fenomeno di malattia globalizzata, che si estende a macchia d’olio in concomitanza al diffondersi di modelli culturali e stili di vita fondati sulla cultura del corpo e dell’apparire. Se da una parte l’approccio nosografico-descrittivo (classificazione basata sulla descrizione del quadro patologico osservato) si rivela indubbiamente prezioso per il suo carattere di comunicabilità e per l’immediatezza dei suoi criteri classificativi, d’altra parte è bene ammettere la necessità di volgere al problema uno sguardo più attento e approfondito, capace di cogliere ciò che non si dà direttamente a vedere, di andare al di là dei segni e sintomi, in una possibile ricerca di significato.
La clinica ha ormai da tempo dimostrato come anoressia e bulimia costituiscano il sintomo tangibile di un disagio psicologico latente, lacerante e indicibile, un mal di vivere che non trova parole per essere espresso, un profondo senso di vuoto che spesso si rivela eziologicamente legato ad un dramma familiare.
I sintomi esprimono dunque una fuga dalla realtà, un estremo bisogno di controllare la propria vita e quella dell’Altro. Il soggetto è totalmente assorbito nel pensiero ossessivo del corpo e del cibo da non lasciar spazio alla propria sofferenza. E se si riesce a controllare il cibo, allora non si ha bisogno di niente: da qui le fantasie di onnipotenza delle ragazze afflitte da anoressia. Nella clinica dell’anoressia-bulimia, Recalcati propone il concetto di “corpo-ostaggio”: quello dell’anoressia è un vero e proprio auto sequestro per sottoporre l’altro, in primis i familiari, ad un ricatto. Ma il rischio di perdere il potere, il controllo su sé stessi e di cedere al cibo è imminente.
Ogni minimo aumento di peso è vissuto come un fallimento del controllo sul proprio corpo. Il digiuno si trasforma allora nel suo contrario, nel desiderio di “divorare” tutto. Il pensiero anoressico-bulimico si basa sulla logica del “tutto o niente”; non sono ammesse le mezze misure. L’anoressica ha un disperato bisogno di tutto ed è proprio perché non può realisticamente aver tutto che sceglie di non avere niente.
Emerge dunque da questa prospettiva l’idea secondo cui anoressia e bulimia sono non due scelte in antagonismo, bensì due facce della stessa medaglia, dove l’anoressia riflette la realizzazione, momentanea, dell’Ideale dell’Io del soggetto, mentre la bulimia è il naufragio di tale progetto di auto-regolazione a causa di una compulsione a ripetere sregolata ed incontenibile. Le anoressiche sono in realtà “divorate” da una fame insaziabile d’amore e si rifiutano di accettare il cibo come surrogato materiale dell’amore. È facile fermarsi alle apparenze, alle stigmate che si possono vedere sul corpo dell’anoressica che esibisce le ossa sotto i vestiti e richiama alla mente un’immagine di morte. Oppure condannare il comportamento della bulimica che ingerisce enormi quantità di cibo per poi eliminarle attraverso il vomito. Oggi più che mai c’è il pericolo che il malessere sia ridotto alla questione di un corpo da curare, tralasciando il significato latente del sintomo anoressico-bulimico, il quale nasconde in realtà un disperato bisogno d’amore.
Come intervenire sull’anoressia
Rispetto al trattamento, prima di iniziare una terapia, è necessario che vi sia il riconoscimento del problema affinchè vi sia una collaborazione da parte della paziente. Nella maggior parte dei casi infatti, l’anoressia, non viene percepita come un problema, proprio per il soddisfacimento che apporta a livello del piacere legato al controllo di cui specificato precedentemente.
In ogni caso la terapia si basa su un intervento orientato, da un lato sulla persona e dall’altro sul sistema relazionale in cui è inserita.
Approfondimenti
- DSM-IV-TR, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, 2002
- G. Nardone, T. Verbitz, R. Milanese, Le prigioni del cibo.La terapia in tempi brevi, Ponte delle Grazie, 2005.
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