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20 Giugno 2011In questa intervista, a cura di Antonella Marchisella e pubblicata sul portale GirlPower, affronto il tema del “vomiting” o sindrome da vomito, una sorta di anoressia mascherata e subdola sempre più diffusa tra le donne.
Indice contenuti
Dott. Algeri in che cosa consiste il Vomiting?
Il Vomiting o Sindrome da vomito, oggi sempre più diffuso principalmente tra le donne, è stato definito per la prima volta in terapia strategica, come una modalità di “specializzazione tecnologica” di un disturbo alimentare, che nonostante presenti caratteristiche miste dell’Anoressia o della Bulimia, si configura come una patologia a se stante e alla cui base vi è un’ossessione/compulsione basata sul piacere del mangiare e vomitare.
Nello specifico, il Vomiting consiste principalmente nell’utilizzo del rituale (segreto) del vomito auto-indotto, dopo avere consumato il pasto, il più delle volte in forma di abbuffata. Il rituale magiare-vomitare, che inizialmente si presenta in modo saltuario, successivamente diviene spontaneo e abituale, trasformandosi in una piacevole perversione nei confronti del cibo. Il sintomo in questi casi diventa una sorta di “amante segreto” che dà piacere, quasi come un “demone” di cui non ci si può più liberare.
Ciò che caratterizza la “vomitatrice” è proprio il rituale di sequenze di abbuffate-vomitate, dove l’obiettivo non è più il controllo del peso, quanto piuttosto il controllo della compulsione che crea piacere e dove quello che inizialmente rappresentava un tentativo di soluzione, si trasforma nel problema stesso.
Da un punto di vista fisico, anche in questa patologia, sono presenti delle ripercussioni ugualmente dannose come le altre tipologie di disturbi alimentari, dal momento che i succhi gastrici, tipicamente eliminati con il rituale del vomito, provocano gravi conseguenze come la corrosione del condotto gastro-esofageo.
Si potrebbe definire “anoressia mascherata”?
Si può parlare di “anoressia mascherata”, in quanto si manifesta con una modalità di rapporto col cibo opposta rispetto a quella tipica dell’anoressica.
Infatti mentre nell’anoressia, il piacere dato dal cibo viene “anestetizzato” attraverso il controllo e l’astinenza, nel vomiting, il cibo contribuisce ad “esaltare” l’irrefrenabile piacere, attraverso il rituale compulsivo del mangiare e vomitare.
Possiamo inoltre aggiungere che, mentre nella “vomitatrice”, il vomito offre la possibilità di “mangiare quanto si vuole” e in modo sfrenato senza ingrassare, nell’anoressica rappresenta esclusivamente un comportamento guidato dal bisogno di essere magra o di non ingrassare.
Inizialmente il vomiting è indotto ed in seguito diventa spontaneo. Perché?
Nel Vomiting la condotta di eliminazione, inizialmente rappresenta un mezzo, per gestire la paura di ingrassare tipica dell’anoressica o il desiderio di svuotarsi dopo una grande abbuffata caratteristico della bulimica, successivamente si trasforma in qualcosa di diverso dal problema iniziale.
La persona quindi, si abbuffa, poi successivamente, preoccupata di aver esagerato, viene assalita dalla paura di ingrassare e vomita.
Il circolo vizioso abbuffata-vomito, ripetuto nel tempo, inizia così a trasformarsi gradualmente in un rituale piacevole, contribuendo a ristrutturare la percezione del vomito, da mezzo accessorio iniziale (nella bulimia o nell’anoressia) a mezzo che genera piacere (nel vomiting).
Il binomio abbuffata/eliminazione, porta l’aspirante “vomitatrice” a sperimentare la falsa illusione che, quando vuole, può riempirsi e svuotarsi al tempo stesso di ciò che ha materialmente ingerito.
Passa così dal “mangiare per piacere” al “mangiare per vomitare”, dove l’obiettivo della “vomitatrice”, non è più quello di utilizzare il vomito per controllare il peso, dopo un raptus di fame, ma di mangiare per raggiungere “quel piacere” attraverso il vomito.
Il momento dell’espulsione, diventa a questo punto, l’incontro che si ripete con il proprio “amante segreto”, che contribuisce a rafforzare l’entità del disturbo stesso e a creare, al tempo stesso, una sorta di dipendenza nei confronti di questo “piacere perverso”.
Come si fa a distinguere una persona anoressica da una persona con disturbo da vomiting?
Il DSM-IV definisce l’anoressia come un disturbo caratterizzato da un’intensa paura di diventare grassi. In tal modo, si viene a creare nell’individuo la voglia di dimagrire fortemente ed il rifiuto di conservare un peso corporeo normale e in molti casi la preoccupazione per il peso corporeo aumenta parallelamente alla perdita reale di peso.
L’anoressica rifiuta il cibo spinta dalla necessità estrema di controllare l’alimentazione e il proprio peso. La perdita di peso è principalmente ottenuta tramite la riduzione della quantità totale di cibo assunta. Sebbene la restrizione possa essere inizialmente limitata all’esclusione di cibi considerati ipercalorici, nella maggior parte dei casi questi soggetti finiscono per avere una alimentazione rigidamente limitata a poche categorie di cibi. In aggiunta possono essere messe in atto condotte di eliminazione (es. vomito auto indotto, uso inappropriato di lassativi e diuretici) o la pratica eccessiva di attività fisica, allo scopo di perdere peso.
Ciò la porta a controllare i propri comportamenti e ad essere anestetizzata nei confronti delle proprie sensazioni (fame, emozioni).
L’anoressia nervosa presenta due sottotipi: con restrizioni e con abbuffate/condotte di eliminazione.
Il sottotipo con abbuffate/condotte di eliminazione, identificato in terapia strategica come vomiting, ha evidenziato caratteristiche di persistenza diverse dall’anoressia, presentandosi quindi non come un sottotipo, ma come un disturbo diversificato, basato su un impulso irrefrenabile a mangiare per vomitare.
Dal punto di vista fenomenologico (rispetto a ciò che è osservabile), mentre la persona anoressica prova disgusto nel parlare di cibo, nell’immaginarlo e nel descrivere il modo in cui se ne nutre, non riuscendo ad identificare i cibi che preferisce, piuttosto considerandoli un “veleno” per il proprio fisico, al contrario, la persona che soffre di sindrome da vomito, percepisce il cibo come qualcosa di molto piacevole e riesce ad indicare le sue preferenze culinarie, riuscendo a descrivere dettagliatamente e serenamente l’uso che ne fa.
Quali terapie si sente di consigliare in casi di vomiting?
Essendo il Vomiting una sindrome a se stante, risultano fallimentari le metodologie di intervento utilizzate su anoressia e bulimia.
Dai risultati ottenuti su una moltitudine di casi, l’intervento breve strategico è risultato essere il tipo di trattamento più efficace (83% dei casi risolti) per la cura del Vomiting, all’interno del quale è stato possibile sperimentare e definire dei protocolli specifici di trattamento.
La pratica clinica e le numerose ricerche condotte all’interno del modello strategico hanno permesso di individuare tre sotto tipologie di vomitatrici:
- Trasgressive inconsapevoli: sono giovani inesperte, che non si sono rese conto della analogia che il rituale ha con il piacere sessuale.
- Trasgressive consapevoli e compiaciute: non vogliono rinunciare al loro amante segreto.
- Trasgressive consapevoli, ma pentite: si rendono conto di quanto sia limitante il loro problema, ma non ce la fanno a smettere.
L’intervento strategico, dopo aver individuato la tipologia di vomitatrice (inconsapevole/compiaciuta/pentita), si focalizza sulla condotta di eliminazione che genera piacere, assecondando la logica del problema e cercando di creare, al posto di tanti piccoli piaceri distribuiti nell’arco della giornata, un piacere più grande (ubi maior minor cessat).
Il fine ultimo della terapia consisterà nel rovinare la piacevolezza del rituale, trasformandolo in sgradevole tortura e nel portare la persona alla scoperta di nuovi piaceri.
Approfondimenti
- Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – Dsm-5, 2013.
- G. Nardone, Al di là dell’amore e dell’odio per il cibo, BUR, Milano, 2003.
- G. Nardone, T. Verbitz, R. Milanese, R., Le prigioni del cibo. La terapia in tempi brevi. Ponte alle Grazie, Milano, 1999.
- Nardone G., Watzlawick P. (1997), Terapia Breve Strategica, Raffaello Cortina Editore, Milano.
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