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14 Agosto 2019Vi è mai capitato di pensare una cosa e poi di farne un’altra, senza rendervi conto di avere due idee incompatibili?
Facciamo un esempio. “Non sopporto le persone disoneste” e “A volte mi comporto in maniera disonesta” sono due elementi psicologicamente incompatibili, che quindi possono crearne uno stato interiore negativo.
Se siete onesti con voi stessi, sicuramente ricorderete molti momenti in cui siete rimasti vittime di questa situazione. Questa situazione alla quale gli esperti hanno dato un’etichetta ben precisa, si chiama dissonanza cognitiva.
Ne avete mai sentito parlare? Il concetto di dissonanza cognitiva è quasi auto-esplicativo con il suo titolo: la “dissonanza” riguarda le incoerenze o i conflitti, mentre il “cognitivo” ha a che fare con la mente.
In questo articolo tratteremo questo argomento e vi fornirò delle strategie per risolvere la dissonanza.
Se ti interessa l’argomento, continua a leggere.
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Dissonanza cognitiva in psicologia
In psicologia sociale la dissonanza cognitiva è definita come la tensione o il disagio che proviamo quando abbiamo due idee opposte e incompatibili o quando le nostre credenze non corrispondono a quello che facciamo.
In parole semplici, la dissonanza cognitiva è l’arte di mentire a sé stessi o per utilizzare un’espressione ancora più intuitiva, è il “raccontarsela in modo che i conti tornino”.
La buona notizia è che per quanto questo sembri un comportamento contrario al proprio atteggiamento, in realtà è molto usuale tra noi umani. Ed ecco che tutti scopriamo di essere caduti, almeno una volta nella vita, nella trappola della dissonanza cognitiva.
Pensate a tutte quelle volte in cui non siete andate in palestra anche se questo era un vostro impegno settimanale o a quando mangiate del cioccolato, seppur stiate seguendo una dieta.
Situazioni di questo tipo vi causano tensione o malessere? Probabilmente sì, perché vanno a minare l’immagine positiva che ciascuno ha di sé e che spera o cerca in tutti i modi di rimandare agli altri.
Il bisogno umano di mantenere un’immagine di sé positiva e coerente è infatti un fattore molto potente che guida e motiva il nostro comportamento e le nostre scelte.
Ma come funziona questo meccanismo psicologico?
Adesso proveremo a capirlo meglio, poiché è importante essere consapevoli di quanto questo meccanismo possa farci star bene o male.
Meccanismo sottostante la dissonanza cognitiva
La prima domanda che vi starà balenando nella testa probabilmente è: “Ma cosa succede quando ci rendiamo conto di essere incoerenti rispetto ad un’azione che siamo soliti compiere e al ragionamento logico che saremmo pronti a fare?”
Come anticipato, ci ritroviamo in una percepita sensazione di contraddizione interna. Ed è lì che si presenta la condizione di “arousal”, ovvero una situazione di disagio e frustrazione. E’ proprio questa condizione di “mancata armonia” che lo studioso Leon Festinger, primo fra tutti, ha definito come teoria della dissonanza cognitiva.
Una dissonanza che esiste, poiché l’uomo ha bisogno di sentire una coerenza tra:
- comportamenti (ovvero, ciò che facciamo);
- atteggiamenti (ciò che pensiamo e quindi le nostre tendenze, attitudini, idee verso qualcosa);
- emozioni (ciò che proviamo).
Due modalità di Festinger per la risoluzione di una dissonanza
Ma cosa succede quando comportamenti, atteggiamenti ed emozioni entrano in conflitto tra loro?
Quando pensieri, emozioni e comportamento sembrano essere discordanti, l’individuo tende a provare disagio e di conseguenza ad eliminare le contraddizioni, inventando delle scuse che ritiene veritiere, ma che in realtà sono solo il frutto della sua capacità creativa, per non ammettere di aver sbagliato o di essersi contraddetto.
Secondo Festinger, questa condizione può essere vissuta dall’individuo, attraverso due principali modalità. Vediamole qui di seguito, per poi riprenderle nell’ultima parte dell’articolo, dove parleremo delle “tentate soluzioni” messe in atto per risolvere la dissonanza.
Dissonanza post-decisionale
Questa è la prima modalità, che secondo Festinger, siamo soliti utilizzare in presenza di una dissonanza cognitiva.
Mettiamo caso che ci stiamo frequentando con due persone diverse. Entrambe hanno qualità positive che ci piacciono tanto, ma anche difetti che proprio non riusciamo a sopportare. Ad un certo punto, però, dobbiamo fare una scelta, anche se non ne siamo totalmente convinti. E la facciamo con fatica.
La dissonanza d’altronde è un’inevitabile conseguenza delle decisioni, no? Cosa succede allora?
Inevitabilmente, dopo aver fatto la nostra scelta, facciamo di tutto per annullare l’insicurezza e la dissonanza del continuare a chiederci “se abbiamo fatto la scelta giusta” o “come sarebbe andata se la scelta fosse stata l’altra”.
Ci riusciamo? Secondo Festinger, sì, senza nemmeno impegnarci troppo.
Come? Semplicemente accentuando gli aspetti positivi della scelta fatta e quelli negativi della scelta abbandonata.
Comportamenti contro-attitudinali
Una seconda modalità la ritroviamo ad esempio nei fumatori di sigarette. L’immagine del fumatore incallito ci permette di avere una panoramica ben definita di ciò che Festinger definisce come “comportamento controattitudinale” e le modalità con cui questa dissonanza viene risolta.
I fumatori sono a conoscenza degli effetti negativi del tabagismo, ma allora perché continuano imperterriti a fumare nonostante la scritta sul pacchetto di sigarette riporti a chiare lettere che “il fumo nuoce gravemente alla salute”? Nel momento in cui l’individuo capisce la connessione tra l’utilizzo del tabacco e le malattie che ne derivano, come può continuare a fumare cancellando la contraddizione?
Informare sui rischi legati ad un certo comportamento o stile di vita non basta, perché l’essere umano in questione è dotato di una psicologia molto più sofisticata ed è in grado di risolvere la dissonanza cognitiva fra la sua “buona” abitudine al fumo e la sua potenziale pericolosità, in modi molto più variegati e creativi di quelli che una mera campagna informativa è in grado di influenzare.
Il fatto stesso che mantenga questa abitudine ci fa capire che egli deve aver trovato implicitamente una qualche strategia cognitiva per impedire a sé stesso di confrontarsi, ad ogni sigaretta che accende, con un pensiero del tipo: “se il fumo provoca il cancro, per ogni sigaretta che accendo sto aumentando le probabilità che questo mi accadrà prima o poi”.
Tentate Soluzioni per evitare una dissonanza
A questo punto la questione dovrebbe risultarvi più chiara. Di fronte ad un’evidente dissonanza cognitiva, per sentirci meno in colpa davanti ad un’incongruenza di questo tipo, la cosa più facile da fare è sicuramente una: cercare di evitare la situazione scomoda e le informazioni che possono alimentarla.
Vediamo qui di seguito in maniera più approfondita, alcune strategie che di solito utilizziamo (a volte erroneamente) o che possiamo utilizzare per “risolvere” una dissonanza cognitiva, con l’aggiunta di relativi suggerimenti utili, affinché possano essere evitate delle conseguenze spiacevoli:
- filtrare solo le informazioni che fanno “comodo”;
- cambiare il nostro mondo cognitivo;
- imparare a convivere con la dissonanza cognitiva.
Percezione selettiva
Le persone, per loro natura, tendono a recuperare solo quelle informazioni in grado di convalidare la decisione presa, al fine di non entrare in conflitto con le proprie scelte. Questo fenomeno è strettamente legato alla paura del rimpianto, che da sempre affligge tutti gli esseri umani.
Il meccanismo sottostante è facilmente immaginabile. Quando prendiamo una decisione, qualsiasi essa sia, il cervello cercherà in tutti i modi un sostegno per la libera scelta fatta.
Ad esempio, una volta che una persona ha scelto e acquistato un oggetto particolare, eviterà accuratamente le pubblicità dei modelli concorrenti e cercherà le pubblicità dei modelli acquistati, filtrando irrazionalmente le nuove informazioni che giungono in suo possesso.
Oppure ripensiamo al nostro caro amico fumatore. Per bilanciare i rischi connessi al fumo, il fumatore potrebbe, ad esempio, porre molto più l’accento sui benefici e i vantaggi che il fumo comporta per lui: alleviare lo stress, impedirgli di appesantirsi fisicamente. Potrebbe anche sottolineare quanto non sia ancora sufficientemente dimostrato il fatto che tutti i fumatori vadano necessariamente incontro a malattie gravi e che fra i fumatori vi siano persone longeve.
Finché il rischio per la salute è qualcosa che può accadere “ad altri”, ma non a noi, il nostro comportamento risulta davvero meno contraddittorio.
Suggerimenti per contrastare la dissonanza cognitiva
Ma qual è il “lato oscuro” di questa modalità di azione? Finché parliamo di piccole trasgressioni o piccole incoerenze, il problema non si pone. Ma quando cominciamo a convincerci di cose che non ci fanno stare bene o che distorcono in modo improduttivo la realtà dei fatti, il meccanismo per contrastare la dissonanza cognitiva, potrebbe crearci qualche problemi.
Per quanto questa strategia possa soddisfarci, infatti, dobbiamo ammettere che di base così non facciamo altro che distorcere le informazioni in modo che esse incontrino un bisogno, il nostro bisogno. E purtroppo ciò può causare future decisioni anch’esse distorte.
In questo caso sarebbe utile, quindi, cercare di mettere da parte quello che secondo noi può solo giustificare la nostra dissonanza e cercare di capire realmente perché siamo portati ad averla. Capire le cause che ci spingono a mantenere vivo quel meccanismo.
Ad esempio, se fumiamo tanto, il motivo potrebbe essere perché realmente pensiamo che ci possa aiutare ad alleviare il nostro stress o perché non siamo abbastanza motivati per tentare almeno di smettere.
Imparare a leggerci dentro è utile per riuscire ad evitare di entrare in conflitto con noi stessi.
Proviamo a farci delle domande e a darci delle reali risposte.
Cambiare il proprio ragionamento mentale
Questo risulta essere probabilmente il metodo a cui assistiamo la maggior parte delle volte. Pensiamo ancora una volta al classico esempio del fumatore.
Invece che cambiare il proprio comportamento reale, smettendo di fumare, il fumatore potrebbe scegliere la strada di scartare le notizie e le informazioni riguardanti le controindicazioni del fumo. Ovvero: non possiamo certo dimenticarci o negare che il fumo faccia male, ma nel momento della valutazione del nostro comportamento passato questa sarà una delle informazioni che metteremo a tacere o che non considereremo, dentro di noi.
Questa strategia prevede dunque il cambiamento di un atteggiamento o delle proprie opinioni, aprendosi a nuovi e diversi modi di percepire la propria condotta diversi da quelli solitamente adottati.
Facciamo un altro esempio.
Il fatto di non andare in palestra va contro il desiderio di “perdere i chili di troppo” o quello di “condurre una vita sana”. Ormai non siete andati in palestra, quindi cos’è più semplice, cambiare qualcosa che avete fatto in passato, cambiare un’abitudine o cambiare ciò in cui credete? La soluzione più semplice è l’ultima. Ad esempio, possiamo cominciare a pensare “per una volta che non vado in palestra, non cambia niente”.
Una buona strategia per ridurre il malessere causato dallo stato di dissonanza risulta essere dunque quella di aggiungere nuove credenze, cambiando quelle che già avete o togliendo loro importanza per eliminare l’incoerenza.
In questo modo, il vostro comportamento sarà “razionalmente” giustificato e, per così dire, il discorso non farà una piega.
Imparare a convivere con l’arte di mentire a sé stessi
Un’altra soluzione messa in atto risulta essere anche questa, ovvero trovare una certa soddisfazione nell’autoinganno.
Soffermiamoci a riflettere. Come ci comportiamo quando desideriamo qualcosa e non riusciamo ad ottenerla? Nella maggior parte dei casi, usiamo tutti la stessa mossa strategica, che ci permette di mantenere alto il nostro orgoglio: la critichiamo, sottovalutandola.
A qualcuno verrà in mente la favola della “volpe e dell’uva”. Nella favola di Esopo, la volpe, dopo diversi tentativi vani di raggiungere un grappolo d’uva posto troppo in alto, se ne andava dicendosi che, tutto sommato, quell’uva era di sicuro acerba.
Ebbene, nel caso della dissonanza cognitiva possiamo comportarci proprio così. L’astuta volpe mette in atto un autoinganno per ridurre la sensazione di delusione. Il senso apparente della sua conclusione sembra essere: “Tanto era acerba, anche se l’avessi raggiunta non ne avrei tratto un piacere così grande. Perciò non vale la pena prendersela”.
Il ragionamento che però accade realmente, più o meno consapevole, è questo: “Quell’uva sembrava davvero squisita, ma siccome non sono riuscita a raggiungerla, per non sentirmi un incapace mi convinco che fosse acerba”.
Un autoinganno consiste proprio nel prendere dei dati di fatto, modificarli o distorcerli allo scopo di ricavarne maggiori sensazioni di autostima, serenità o soddisfazione.
È un processo che ognuno di noi compie di continuo senza rendersene conto. Perché, diciamoci la verità, a nessuno piace sentirsi incapace, stupido, inadeguato, impotente o immorale.
Comuni autoinganni sono anche le giustificazioni addotte per l’abitudine al fumo.
Interrogato sul perché fumi, praticamente non esiste individuo che, a fronte dell’enorme mole di ricerca sui danni prodotti dal vizio, non replichi prima onestamente, ammettendo di sapere a cosa potrebbe andare incontro, ma solo per ribattere subito dopo con una o più frasi tipiche del tipo:
- “Cos’è che non fa male a questo mondo?”
- “Lo so, ma di qualcosa bisogna pur morire! Tanto vale godersela, nel frattempo”.
- “Tanto smetto quando voglio”.
Si tratta chiaramente di autoinganni, di razionalizzazioni per ridurre l’ansia del sapere di essere vittima di un vizio pericoloso.
Per utilizzare un linguaggio tecnico, sono tutti autoinganni funzionali di tipo compensativo, ossia hanno la funzione di ristabilire un minimo di equilibrio e serenità.
Si parte da una situazione di svantaggio e si ricorre all’autoinganno per “raccontarsela”, ovvero per illudersi più o meno benevolmente che il problema non esista o che stia da un’altra parte.
Non credere alle bugie
Adesso, la maggior parte di voi si starà chiedendo: ma è davvero un male cercare di ridurre la dissonanza cognitiva?
La risposta è: probabilmente no. O meglio, all’inizio no, perché è un meccanismo che inneschiamo per il nostro benessere. Attraverso la dissonanza cognitiva riusciamo a rimettere in ordine pensieri, azioni ed emozioni, impedendoci di vivere in un disequilibrio incoerente che provoca solo dubbi e sofferenza.
Essere consapevoli di dove può portarci può solo aiutarci ad evitare alcune conseguenze disastrose. Quello che invece può diventare molto pericoloso è arrivare a credere alle nostre bugie.
Bugie queste, che se rimangono tali, poiché dette per uscire da una situazione di momentaneo disagio, vanno anche bene. Purché non arrivate a crederci davvero, poiché potrebbe essere facile: mettere in atto questi meccanismi in modo automatico potrebbe farvi perdere di vista che sono solo giustificazioni momentanee, tanto da poter diventare delle vere e proprie convinzioni, che non faranno altro che alimentare la vostra dissonanza.
Poiché come detto più volte, la dissonanza cognitiva riguarda tutti, in moltissime delle scelte che dobbiamo fare ogni giorno.
Ma essere consapevoli dei modi in cui può influenzarci (come abbiamo appena visto) è però necessario, poiché potrebbe aiutarci ad evitare le conseguenze ampiamente discusse.
Bibliografia
- Festinger, L. (2009). Teoria della dissonanza cognitiva. Franco Angeli.
- Nardone, G. (2014). L’arte di mentire a sé stessi. Firenze: Ponte alle Grazie.
- Amerio, P., Bosotti, E., Amione, F. (1978). La dissonanza cognitiva. Bollati Boringhieri.
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