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Gli effetti collaterali della tecnologia
Al giorno d’oggi si assiste ad una vera e propria rivoluzione tecnologica, che sicuramente, al pari della passata rivoluzione industriale, ha apportato grandi benefici dal punto di vista lavorativo, economico e privato.
La comodità della reperibilità costante della persona, ad esempio, è un elemento non da poco, in particolare in un clima di cambiamenti socio-culturali come quello di oggi in cui soprattutto i giovani e i bambini sono esposti a situazioni più pericolose nella quotidianità rispetto a prima. Ogni genitore può essere in contatto col proprio figlio e sapere se sta tornando a casa da scuola, oppure si possono mantenere relazioni a distanza da casa guardandosi comodamente negli occhi, senza il bisogno di scriversi una lettera che potrebbe arrivare dopo un lungo periodo di attesa, o ancora non si deve più andare a caccia di una cabina telefonica libera se si vuole salutare un amico.
In effetti, la tecnologia ci spinge a connetterci l’uno all’altro e ci avvicina nonostante limiti spazio-temporali che prima apparivano insormontabili, ma quando la troppa connessione incrementa la lontananza invece che eliminarla? Quando ci si allontana troppo dal semplice utilizzo e si passa ad una vera e propria internet dipendenza?
Ormai la tecnologia è diventata parte integrante del nostro mondo, rispondendo in modo sempre più efficiente ai nostri bisogni, ma rendendo d’altro canto sempre più compulsivo il suo utilizzo. (Scopri come si presenta il disturbo ossessivo-compulsivo)
Indice dei contenuti
- Dipendenza da cellulare
- Nomofobia: una nuova allarmante sindrome da disconnessione
- Nel panorama delle addiction
- Due diverse interpretazioni dello stesso fenomeno
- Quando si può parlare di vera e propria dipendenza da cellulare?
- I soggetti più a rischio di dipendenza da cellulare
- Come intervenire sulla dipendenza da cellulare
Dipendenza da cellulare
Nomofobia: una nuova allarmante sindrome da disconnessione
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un incredibile incremento della produzione di ogni sorta di strumento tecnologico, in primis computer, tablet e telefoni cellulari. A proposito di questa sovrapproduzione di oggetti, per lo più non necessari, vi sono moltissimi spunti di discussione, dallo sfruttamento di manodopera sottopagata nei paesi in via di sviluppo, allo smistamento di questi oggetti una volta caduti in disuso, al cieco consumismo che caratterizza tutti i paesi occidentali.
In questa sede si andrà ad esplorare in particolare il tema della nomofobia (dipendenza da smartphone o dipendenza dal cellulare), termine coniato recentemente per indicare un comportamento a rischio molto frequente nella popolazione a livello mondiale. Il termine deriva dalla condizione di trovarsi momentaneamente senza telefono, dunque no-mobile, e il suffisso fobia, parola che indica come tutti sappiamo una forte paura, spesso incontrollabile. In questo caso dunque, si parla del terrore e dell’ansia che si prova di fronte all’impossibilità di usare il telefono cellulare, o in mancanza di credito, o per la batteria scarica, o ancora in caso di furto.
La definizione deriva da uno studio condotto in Gran Bretagna dall’ente di ricerca Yougov, che ha rilevato che più della metà degli utenti che usano il cellulare tendono a mostrare uno stato ansioso quando lo perdono o quando appunto diventa fuori uso (un 58% degli uomini contro un 48% delle donne).
Per gli esperti la dipendenza da cellulare è una malattia. La nomofobia colpisce per lo più giovani tra i 18 e 25 anni, soprattutto coloro che tendono ad avere bassa autostima e problemi relazionali. Questo fenomeno è in parte collegato con l’uso compulsivo dei social: “L’abuso dei social network può portare all’isolamento – spiega Ezio Benelli, presidente del congresso e dell’International Foundation Erich Fromm -, l’utilizzo smodato e improprio del cellulare può provocare non solo divari enormi tra persone, ma anche a chiudersi in se stesse e a alimentare la paura del rifiuto“.
La dipendenza da cellulare è un fenomeno in forte crescita in tutto il mondo, soprattutto in Europa, Asia e negli Stati Uniti, dove il telefonino è ormai diventato un prolungamento della propria persona, senza il quale ci si sente nudi. Il telefono non viene spento nemmeno la notte e ci accompagna anche nei posti più inopportuni come il bagno, perché ha sostituito moltissimi altri strumenti come la sveglia per la mattina o lo stereo per ascoltare la musica mentre si fa la doccia. Nessuno però si rende conto della dipendenza che ha contagiato tutti, senza considerare poi le radiazioni nocive che questo tipo di dispositivo emana.
Nel panorama delle addiction
Lo IAD, ovvero internet addiction disorder, rientra nel panorama mondiale delle nuove malattie del nostro secolo, come la depressione, i disturbi alimentari, i disturbi specifici dell’apprendimento e l’abuso di sostanze. All’interno della categoria degli abusi di farmaci, alcool, materiale pornografico e così via, ha ormai lo stesso peso anche lo IAD, il disturbo da abuso di internet e social network, in cui ritroviamo anche l’utilizzo senza freno del telefono cellulare e la relativa nomofobia (dipendenza da smartphone).
La dipendenza da tecnologia è purtroppo in crescita, infatti gli adolescenti del nuovo millennio hanno sostituito moltissimi elementi di vita quotidiana con device dello smartphone, dalla calcolatrice alla sveglia, dall’agenda ai giochi di società. La maggior parte delle persone, di cui quasi tutti giovani al di sotto dei 18 anni, non spengono mai il telefono nemmeno di notte proprio perché, ad esempio, usando l’applicazione “sveglia” del cellulare devono tenerlo acceso, altrimenti la mattina dopo non potranno svegliarsi. Il sospetto di abuso nella dipendenza da cellulare, tablet, computer e così via, lo si può riscontrare nella quotidianità come nell’esempio citato, soprattutto con i ragazzi che possono essere sottoposti ad una serie di domande da parte di genitori e insegnanti, quando questi ultimi percepiscono un campanello d’allarme. Nella persona con nomofobia si crea la sensazione di perdersi qualche cosa, se non si controlla costantemente lo smartphone, e il rischio è che si inneschi un meccanismo di dipendenza, del tutto analogo a una tossicodipendenza. Allo stesso modo dunque, quando si entra nel circolo vizioso della dipendenza da cellulare, si ha sempre bisogno di aumentare il dosaggio e si mettono in atto una serie di comportamenti disfunzionali come stare più tempo al telefono, aspettare la risposta dell’altro e se l’attesa è vana questo scatena sentimenti molto negativi, vedere che cosa accade agli amici nei diversi social network, commentare e condividere in modo compulsivo, svegliarsi di notte e controllare che non sia cambiato niente, portarsi lo smartphone in luoghi non consoni al suo uso come il bagno, esattamente come accade con droghe e alcool.
Due diverse interpretazioni dello stesso fenomeno
Quando si parla di nomofobia vi sono due interpretazioni divergenti. La prima, che si riferisce alla presenza del termine fobia all’interno della parola, riconduce la dipendenza da smartphone ad un disturbo d’ansia, data anche la somiglianza della sintomatologia (Scopri quali forme può assumere un disturbo d’ansia). Il secondo punto di vista si discosta da questa visione, grazie soprattutto anche ad uno studio condotto da ricercatori del Panic and Respiration Laboratory dell’università federale di Rio de Janeiro nel 2010, e considera la nomofobia come una vera e propria dipendenza patologica: questo dopo aver provato con diverse tecniche a ridurre l’ansia nei momenti di stress emotivo legato all’impossibilità di usare uno specifico device. Questa patologia deriva probabilmente da cognizioni disadattive unite a comportamenti negativi che intensificano o mantengono la risposta nociva. In questa prospettiva diventa fondamentale il tipo di rinforzo che l’individuo riceve dall’evento: se il rinforzo è positivo, la persona sarà condizionata a mettere in atto la stessa attività in modo continuativo, con lo scopo di raggiungere un’attivazione fisiologica simile e uno stato di equilibrio psicologico che pensa di sperimentare solo in quel modo. Se quindi si parla di condizionamento, allora si può provare a eliminare l’azione disadattiva introducendo degli stimoli che fungano da rinforzo negativo, in modo da dissuadere la persona a ripresentare lo stesso comportamento.
La dipendenza dalle nuove tecnologie è sicuramente in fase di crescita, ma purtroppo viene spesso confusa con situazioni psicopatologiche diverse, mentre il trattamento dovrebbe essere realizzato sulla base di caratteristiche clinico-psicopatologiche simili ai disturbi da uso di sostanze e ai disturbi dell’umore.
Quando si può parlare di vera e propria dipendenza da cellulare?
Nel 2012 un team di ricerca ha individuato sei tipologie di comportamenti connessi all’uso del cellulare: da quelli abituali, dunque comportamenti eseguiti con poca consapevolezza mentale, quelli obbligatori che devono essere fatti, seguiti o rispettati solitamente perché ufficialmente richiesti, quelli volontari quindi comportamenti pensati e condotti per motivazioni specifiche, quelli dipendenti, dall’inglese “dependent”, diverso dalla “dipendenza” in quanto sono spesso comportamenti motivati dall’importanza delle norme sociali, quelli compulsivi ovvero ripetitivi e difficili da fermare in cui il soggetto esperisce un forte bisogno di eseguire continuamente il comportamento, e infine quelli coinvolgenti, dall’inglese “addictive”, comportamenti di vera e propria dipendenza che diventano il fulcro della vita di una persona escludendo progressivamente altre attività, causando malessere fisico, mentale e danno sociale. La dipendenza da smartphone è la diretta conseguenza della continua attuazione di comportamenti di quest’ultimo tipo, in cui la persona, solitamente giovani adulti e adolescenti, coordinano ogni tipo di attività alla dipendenza da smartphone, senza la quale ogni azione diventa incompleta e inutile.
I soggetti più a rischio di dipendenza da cellulare
Secondo le ricerche, la maggior parte delle persone coinvolte in questo tipo di fenomeni sarebbero giovani adulti e ragazzi con bassa autostima e problemi nelle relazioni sociali, che sentono il bisogno di essere costantemente connessi e in contatto con gli altri attraverso il telefono cellulare per paura di un’eventuale esclusione e che di solito mostrano noia quando si effettuano altre attività ricreative derivati da un uso patologico di telefoni cellulari. Certamente il cellulare e internet ci permettono di restare collegati con diverse parti del mondo e con migliaia di persone a seconda del device o dell’app utilizzata in quel momento, ma non bisogna sottovalutare il senso di solitudine che paradossalmente diventa la principale conseguenza di questi strumenti.
E gli adulti? Siamo abituati ad essere costantemente bombardati da avvertimenti, ammonimenti e quant’altro sui comportamenti a rischio tra i giovani, sulla prevenzione negli ambienti di aggregazione sociale come la scuola o l’oratorio, ma non pensiamo che anche i genitori di questi ragazzi potrebbero essere individui a rischio, così come qualsiasi altra persona che utilizza spesso il telefono cellulare. Ormai lo smartphone non è più prerogativa dei giovani, ma anche le fasce d’età più alte hanno imparato a usarlo fino ad abusarne l’uso allo stesso modo dei ragazzi. Quante volte si vede per strada il tipico signore in giacca e cravatta che al semaforo conclude una chiamata e ne inizia subito un’altra? Ugualmente si possono notare signore al bar all’orario dell’aperitivo che al posto di chiacchierare con le amiche passano il tempo a controllare sulle piattaforme social chissà quale notizia interessante.
Purtroppo questo tipo di dipendenza non colpisce una piccola porzione di popolazione, ma ormai tutti possono essere soggetti a rischio.
Come intervenire sulla dipendenza da cellulare
Per prevenire questo tipo di comportamenti bisogna utilizzare lo smartphone in modo intelligente. Per contrastare la nomofobia bisogna principalmente tenere a mente che il cellulare ha delle utilità fondamentali al giorno d’oggi: sicuramente è un ottimo strumento per mantenere i rapporti anche con persone molto lontane geograficamente o ritrovare vecchi amici persi da anni, da questo punto di vista permette un arricchimento delle relazioni sociali e in qualche modo l’evitamento dall’isolamento. Naturalmente tutto questo diventa fattibile nella misura in cui si adoperano gli strumenti saggiamente senza abusarne, in questi casi bisogna evitare che il cellulare diventi il fulcro della nostra vita, soprattutto in momenti di particolare disagio in cui siamo più vulnerabili, come dopo la fine di una relazione amorosa, il litigio con un amico o l’allontanamento dal proprio paese per motivi di lavoro. In questi casi il risultato atteso potrebbe essere l’opposto, dunque una chiusura totale verso il mondo esterno e quindi un isolamento che può portare a delle insicurezze di fronte alle relazioni sociali. Cosa si può fare in proposito? Cercare utilizzare gli strumenti tecnologici che abbiamo a disposizione in modo saggio, tenendo sempre in considerazione che la vita virtuale può essere un’opportunità da molti punti di vista, senza che però prenda il posto di quella reale.
Approfondimenti
- Le nuove dipendenze. Riconoscerle, capirle, superarle, C. Portelli e M. Papantuono
- Nomofobia (Wiki)
- Nomofobia: una cura in 3 passi per la dipendenza da cellulare
- Nomofobia
- Allarme ‘nomofobia’, dipendenza da smartphone è malattia
- Exploring the dimensions of nomophobia: Development and validation of a self-reported questionnaire
- Dipendenze comportamentali: giovani e smartphone
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