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Passare le giornate in modo insensato e come degli “zombie” vagare senza sapere dove andare. L’umore è altalenante e più si cerca di reagire più si finisce per sprofondare.
Sono queste le sensazioni tipiche di chi vive le proprie giornate come un depresso non riuscendo a scorgere un futuro positivo e chiaro, quanto piuttosto confuso e grigio, se non addirittura nero.
Chi vive nel limbo della depressione, si sente apatico, perde il piacere delle cose che prima erano in grado di fornirgli gratificazione.
Le relazioni, il lavoro, il cibo, ogni cosa diventa priva di senso e all’improvviso il pensiero pessimistico prevale senza sosta dalla mattina appena svegli fino alla sera.
È così che tutte le giornate diventano uguali e inconcludenti.
Indice contenuti
Depressioni si nasce o si diventa?
La depressione è più un qualcosa di reattivo che di innato, ovvero può essere considerata una reazione ad una situazione spiacevole che si prolunga nel tempo. Un dolore, una separazione, una paura che non si riesce a gestire, l’incapacità nel definire un obiettivo o il non riuscire a procedere verso di esso, il non essere in grado a fare o di ottenere ciò che si desidera. È così che questo continuo stato, caratterizzato dalla speranza di farcela, seguito dal fallimento e dalla delusione, cronicizzandosi, portano alla rinuncia e quindi ad una prospettiva che appare tremendamente senza speranze.
L’etichetta “depressione” viene oggi utilizzata molto in psichiatria e in psicologia clinica, per descrivere quell’insieme di sintomi che rientra nella categoria dei disturbi dell’umore.
La depressione come reazione
Nonostante ciò si è visto, nella pratica clinica e da studi empirici condotti attraverso l’approccio strategico, che la depressione, nella maggioranza dei casi, si manifesta come una reazione ad uno o più eventi di vita improvvisi (lutti, abbandoni, traumi, ecc.); a problemi quali disturbi fobici, ossessivi, attacchi di panico, disturbi di tipo paranoico, e problemi relazionali di vario tipo, che reiterandosi nel tempo, e non riuscendo ad essere superati, generano una reazione depressiva o depressione reattiva.
Quindi il mancato superamento di un problema, l’impossibilità di raggiungere un obiettivo o ancora una credenza infranta (es.: pensavo di riuscirci e invece ho scoperto di non essere in grado), possono generare una delusione, con una conseguente reazione di rinuncia depressiva.
Il trattamento della depressione reattiva
Partendo da questa base, è stato dimostrato empiricamente che lavorando sul problema o sul disturbo che ha generato la reazione depressiva (fobia, ossessione, problema relazionale, etc.), si può ottenere come effetto la scomparsa di questa.
Per fare qualche esempio, un soggetto potrebbe adottare una modalità disfunzionale di chiudersi in casa, per non affrontare una situazione che gli crea il panico. Ciò potrebbe creare in lui, se questa tentata soluzione si ripete nel tempo, la percezione di essere incapace di affrontare quella determinata situazione, con conseguenti sentimenti di tristezza e vissuti di profonda frustrazione.
Ancora una persona che non riesce a relazionarsi come vorrebbe, potrebbe avere la percezione che gli altri la rifiutano, arrivando ad astenersi dai rapporti. Anche questo potrebbe generare in lei, se questa percezione si presenta nel tempo, reazioni di forte tristezza e di depressione reattiva.
E ancora di fronte ad un forte trauma (lutto, incidente, violenza, relazioni devastanti), la difficoltà o l’incapacità di superarlo, potrebbero portare alla rassegnazione, e quindi ad un conseguente effetto depressivo.
In questi tre casi, come in tutti gli altri, potrebbe essere un errore andare a lavorare sull’aspetto depressivo, in quanto, la percezione e l’interazione che si ha con sé, con gli altri e con il mondo rimarrebbe sempre la stessa. Piuttosto, interrompendo ad esempio, nel primo caso la tentata soluzione di evitamento; facendo esperire nel secondo le relazioni in modo diverso o ancora nel terzo, aiutando la persona ad elaborare il trauma, si creerebbe una visone diversa di sé, degli altri e del mondo, con la conseguente scomparsa della reazione depressiva.
Farmaci e depressione reattiva
Non c’è quindi da meravigliarsi sul come mai le cure farmacologiche antidepressive, spesso non risolvono il problema, ma piuttosto lo peggiorano, portandolo alla cronicizzazione. Anche qui, per quanto i farmaci possano alzare il livello di eccitazione interna, la percezione e il punto di vista che la persona ha di sé, degli altri e del mondo, rimangono sempre le stesse.
Infine, secondo l’approccio breve strategico, si può parlare di depressione reattiva, quando un soggetto, in seguito ad una serie di illusioni e disillusioni, finisce per rinunciare a combattere, iniziando a delegare e ad assumerne il ruolo di vittima.
Come per altri tipi di disturbi, per intervenire sulla depressione reattiva l’approccio strategico si serve di metafore, ristrutturazioni, prescrizioni dirette, indirette o paradossali, al fine di aggirare le resistenze al cambiamento tipiche di ogni psicopatologia e di condurre il paziente a cambiare il suo modo di percepire la realtà e quindi il suo modo di reagire ad essa.
Psicoterapia breve strategica
L’essere umano ha la tendenza innata a sopravvivere. Per questo motivo, in queste situazioni, si fa di tutto per reagire. La persona cerca di distrarsi, di fare, di non pensare con l’effetto paradossale che più cerca di non pensarci, peggio sta, in quanto, come dicevano gli antichi pensare di non pensare, equivale a pensare. Ciò contribuisce a far aumentare la ruminazione e far “stagnare” i pensieri negativi, per gran parte della giornata.
Essendo questa una condizione reattiva, lo stato depressivo è un qualcosa da cui è possibile uscire, e con una psicoterapia, anche in tempi brevi.
La terapia breve strategica, in questo senso, può offrire un importante contributo nel trattamento della depressione, aiutando chi vive momenti di forte sconforto a:
- riprendere il controllo dei propri pensieri negativi, circoscrivendo quella che fino a quel punto si era trasformata in una lamentela fine a se stessa;
- riprendere in mano la propria vita in funzione di un obiettivo, in modo che ci si percepisca nuovamente parte attiva in ciò che fa;
- concedersi i propri piaceri personali, che in questi casi risultano completamente assenti.
Grazie alla Terapia Breve Strategica l’82% dei casi di depressione è stato risolto con una media di 8 sedute.
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