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26 Giugno 2012Depressione post-partum
La credenza che il ruolo materno implichi complessità e ambivalenze, a volte inaccessibili alla razionalità, è da sempre presente nella saggezza popolare.
L’esperienza della maternità rappresenta una delle fasi più pregnanti nel ciclo di vita di una donna.
I cambiamenti biologici, intrapsichici e relazionali che caratterizzano la gravidanza possono mettere alla prova l’equilibrio e il benessere della donna fino alla ridefinizione della propria identità.
La gravidanza, il parto e il periodo successivo possono portare la donna a sperimentare forme di disagio di differente natura e intensità.
La depressione post-partum è il disturbo perinatale più indagato dai clinici e dai ricercatori. Molti autori preferiscono parlare di depressione perinatale anziché di depressione postpartum perché il 40% delle madri depresse nei mesi successivi la nascita del bambino lo è già durante la gravidanza (Heron et al., 2004).
È importante spostarsi da una visione concentrata esclusivamente sul dopo parto a una prospettiva più ampia che comprenda l’intero periodo perinatale. Di conseguenza, tale prospettiva sollecita la necessità di operare uno screening precoce delle donne a rischio e di mettere in pratica interventi preventivi.
Il disturbo depressivo può presentare forme lievi dette depressioni minori o forme più severe caratterizzate da un’insorgenza precoce.
Nel primo caso i sintomi emergono prevalentemente in un periodo che va dai tre ai sei mesi dopo il parto; comprendono sensazioni di esaurimento fisico, irritabilità, insonnia, sintomi somatici.
Nelle forme più severe è presente confusione e l’esordio è acuto. L’ansia può costituire un elemento frequente e riguarda soprattutto la salute del bambino.
Una madre depressa si sente incapace di provvedere al bambino, irritabile, facile al pianto, prova uno stato di anedonia che si accompagna a un rallentamento psichico come incapacità a compiere compiti quotidiani e sensazioni di non riuscire a far fronte alle situazioni (Saita, Fenaroli, 2006).
Indice contenuti
Depressione post-partum come esito di diversi fattori
Da un punto di vista biologico numerose ricerche si sono concentrate sull’effetto ei fattori ormonali sull’alterazione dell’umore, i risultati però restano contraddittori.
Per quanto concerne i fattori psicologici si riscontra una bassa self-efficacy (Haslam et al., 2006), caratteristiche di personalità quali evitamento, dipendenza, tratti ossessivo compulsivi (Akman et al., 2007), nevroticismo e ansia di tratto.
Tra i fattori cognitivi si riscontra una maggiore difficoltà a recuperare i ricordi autobiografici dettagliati. Si ritiene anche che queste donne lamentino un sonno più frammentato e maggiore difficoltà ad addormentarsi rispetto a donne non depresse (Goyal et al., 2009).
Circa il legame con il parto, non è l’evento in sé quanto la percezione e la valutazione dell’esperienza vissuta a influire sull’adattamento. Donne che avvertono uno stato di delusione e insoddisfazione rispetto al parto hanno una maggiore probabilità di riportare sintomi depressivi (Waldenstrom et al., 2004). Secondo Koo et al. (2003), le madri che partoriscono con un cesareo d’emergenza hanno una probabilità doppia rispetto alle altre donne di sviluppare una depressione post-partum.
Tra i fattori psicosociali ci possono essere dei fattori di rischio come: giovane età, basso status socioeconomico, eventi stressanti. Va tenuto presente anche il peso giocato dal supporto sociale offerto alla madre da parte della famiglia e della comunità. Infatti, una fonte di sostegno sia emotivo che pratico permette di svolgere una funzione di buffer, ossia modera l’impatto dello stress sulla donna (Soet et al., 2003) contribuendo a incrementare la self-efficacy.
Anche il ruolo giocato dalla relazione con il partner nel sostenere la neo mamma è cruciale. Scarsa soddisfazione, percezione di una relazione povera e di un inadeguato sostegno da parte del partner costituiscono fattori di rischio ampiamente dimostrati. La letteratura ha evidenziato che i fattori maggiormente legati alla depressione post-partum sono la capacità di ascolto verso la neo mamma e la capacità di incoraggiarla a chiedere aiuto in caso di necessità. La sensazione di sentirsi apprezzata dal proprio partner e di poter condividere le preoccupazioni legate al ruolo genitoriale sembrano dunque proteggere la donna dal rischio di sviluppare una sintomatologia depressiva.
Gli strumenti utilizzati nella pratica clinica non sempre sono in grado di portare alla luce situazioni celate e le mamme possono arrivare a negare il loro disagio persino a se stesse. Farsi carico di questo problema significa indirizzare l’attenzione verso indicatori indiretti di questa sofferenza e identificare precocemente anche le forme latenti di depressione.
La depressione post-partum influenza lo sviluppo del bambino?
“Maternity blues” e “Depressione post-partum”
Dopo la nascita di un bambino può capitare che la donna non si senta così felice come pensava di essere. Al contrario, può sentirsi triste senza motivo, irritabile, incline al pianto, “inadeguata” nei confronti dei nuovi compiti che la attendono. Nella maggior parte dei casi questo stato d’animo è del tutto fisiologico e passeggero, nel giro di pochi giorni, questi sentimenti negativi passano e la donna può godere appieno della vicinanza del suo piccolo. Si parla in questi casi di “maternity blues”: uno stato depressivo temporaneo e senza nessuna conseguenza. Si stima che questo stato di alterazione dell’umore interessi circa il 40-70% delle donne e scompaia dopo pochi giorni.
Ben più seria è la “depressione post-partum” vera e propria. Il concetto di depressione post-partum o postnatale definisce l’instaurarsi di un episodio di tipo depressivo che si manifesta nel periodo del post parto (Cox et al., 1993). Da un punto di vista diagnostico la donna presenta un umore disforico e disturbi del sonno, dell’appetito, psicomotori, affaticabilità, presenza di senso di colpa e di pensieri suicidari (American Psychiatric Association, 1994), che durano per almeno una settimana, portando ad una certa compromissione delle capacità funzionali della donna. La durata media dell’episodio che caratterizza la depressione post-partum sembra essere di alcuni mesi e in forme gravi può protrarsi fino a due anni (Cramer, 1999).
Non esiste un singolo fattore in grado di spiegare l’insorgere della DPN (O’Hara & Swain, 1999) ma una molteplicità di fattori che possono avere un impatto negativo:
- Fisiologici;
- Psicologici;
- Sociologici.
Conseguenze della depressione post-partum sul bambino
Molti studi negli ultimi anni hanno focalizzato l’attenzione sull’impatto della depressione materna sullo sviluppo del bambino e su come essa possa essere associata a disturbi di tipo comportamentale, cognitivo ed emotivo (Agosti, Monti, Marano, Baiamonte, 2004).
La depressione post-partum può compromettere la capacità materna e, di conseguenza, anche quella della diade madre-bambino, di regolare reciprocamente l’interazione (Cohn & Tronick, 1989), portando ad una disregolazione degli affetti nell’interazione che interferisce con il processo di apprendimento del bambino.
I figli di madri depresse, infatti, si caratterizzano spesso per una forma d’attenzione disregolata, in quanto la PND può influenzare due aspetti della regolazione dell’attenzione: la consapevolezza delle contingenze ambientali e la capacità di modulare il proprio stato emotivo contemporaneamente all’elaborazione dell’informazione (Cooper e Murray, 1997).
La letteratura ha evidenziato come i figli, in base alla differenza di genere, siano influenzati in maniera differente dagli effetti della depressione post-partum.
I maschi sembrano mostrare maggiori problemi d’autoregolazione dell’eccitabilità e delle emozioni (Cooper e Murray, 1997), a causa del comportamento materno non contingente e dell’affetto negativo cui sono stati esposti. È stato riscontrato che lo sviluppo cognitivo soprattutto nei maschi in un contesto di depressione materna è fortemente a rischio e se in un ambiente di deprivazione socioeconomica. Inoltre, questi bambini mostrano un livello più elevato di disturbi comportamentali a 5 anni e sviluppano in percentuale superiore un legame di attaccamento insicuro a 18 mesi (Cooper & Murray, 1998).
Nella diade madre depressa-femmina si osservano le maggiori alterazioni interattive, sia per ciò che riguarda compromissioni nelle interazioni corporee (in particolare la tendenza delle figlie a mostrarsi più passive e indifferenti negli scambi corporei), vocali e gestuali, sia in termini di mancanza di reciprocità.
Che tipo di prevenzione?
A livello preventivo è importante riflettere sui fattori di resilienza e sulla necessità della presa in carico e del sostegno della donna a partire dalla gravidanza, al fine di favorire la possibilità di elaborazione delle proprie esperienze infantili negative relative all’attaccamento e mediare gli effetti della depressione sulla relazione madre-bambino.
Secondo Boath et al. (2005) l’elevata percentuale di interventi preventivi produce esiti positivi rispetto al miglioramento della situazione della puerpera, soprattutto nelle donne primipare. I principali interventi che possono portare a esiti positivi sono interventi di tipo educativo, di supporto e cognitivo-comportamentali. Inoltre, è importante favorire il coinvolgimento del partner nell’assunzione del ruolo genitoriale e nel fornire sostegno alla donna attraverso interventi di preparazione alla genitorialità.
Secondo Dennis (2005) gli interventi preventivi sembrano determinare una riduzione del 19% del rischio di sviluppo di disordini depressivi post-partum.
In particolare, l’ascolto partecipe e la comprensione del disagio e delle difficoltà della neomamma dovrebbero essere ritenuti strumenti importanti attivati dalla sensibilità e delle competenze di ogni professionista coinvolto nel delicato periodo della gravidanza e del post-partum.
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Bibliografia
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