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26 Settembre 2017Certi nomi per noi sono talmente grandi che li associamo a qualcosa di divino e di geniale nel campo della creatività. Tra NOI e LORO c’è di mezzo non il mare, ma l’oceano. Punti in comune non ce ne sono (non vogliamo mica guardarli come delle persone comuni come noi). Loro smuovono il mondo e noi di conseguenza ci adattiamo al cambiamento. Se paragonati a queste persone noi ovviamente un briciolo di creatività non ne abbiamo né mai la avremo. Una cosa simile succede quando ci paragoniamo con tutta quella gente del pianeta Terra che vive vicina alla nostra quotidianità (i nostri amici, i conoscenti, i colleghi di lavoro, gli amici degli amici, i vicini di casa ecc.) e che noi etichettiamo come dei creativi o degli artisti perché sanno dipingere, scrivere, danzare, cantare, comporre, dirigere, disegnare ecc. Tanti di noi pensano che la creatività non possa essere insegnata né tantomeno definita. Meno male che questo non è vero e che non ne abbiamo idee molto chiare su cosa sia la creatività.
Secondo Ken Robinson, l’esperto dell’educazione, della creatività e dell’innovazione, se la nostra visione è come quella descritta sopra, è solo perché non abbiamo dedicato tempo giusto a pensare la creatività.
Indice contenuti
Cosa è veramente la creatività?
Una delle definizioni migliori di creatività è quella secondo cui essa consiste nella “produzione di un’idea o di un prodotto nuovo e utile nello stesso tempo” (Sternberg & O’Haram, 2000). È un processo fatto di tentativi ed errori nella nostra determinazione di trovare connessioni e associazioni nuove tra la conoscenza, idee ed esperienze che possediamo e che al primo sguardo sembrano distanti concettualmente tra loro. In altre parole pensare “outside of the box” significa andare oltre le soluzioni già note ed immediate.
Bisogna precisare però che raramente un prodotto o un idea risultano completamente nuovi di zecca: anche le scoperte più significative si basano su idee del passato, nello stesso modo in cui è raro pubblicare una ricerca scientifica del tutto originale.
E’ altrettanto difficile valutare obiettivamente l’utilità e la validità di un’idea o di un prodotto: la Nona di Beethoven è più utile della teoria della relatività, e quest’ultima, è più utile di un paio di scarpe? Pare sia una questione di punti di vista che cambiano anche in base al contesto e al tempo. I quadri di Van Gogh sono stati apprezzati dal pubblico solo dopo la sua morte mentre tante composizioni di Bach non hanno raggiunto il successo durante la sua vita. Per tagliare la testa al toro ci pensa Robinson (di cui prima) quando dice che le nostre idee o i prodotti creativi non devono essere originali e utili alla società e a tutto il mondo, basta che lo siano per noi o per qualcun altro.
Sfatiamo alcuni miti:
1. “Essere creativi significa essere molto “artistici”
Veramente no.
È vero che alcune forme d’arte richiedono il pensiero creativo ovvero l’abilità di vedere qualcosa che gli altri non hanno visto, di creare qualcosa che nessun altro ha creato finora. Ma l’arte e la creatività non sono la stessa cosa.
La creatività gira attorno alle idee e a come le sviluppiamo, come le intendiamo e come riusciamo a comunicarle, non solo in termini artistici, ma in tutte le sfere che necessitano dell’intelletto umano.
La creatività ha un ruolo importante anche nelle professioni non tipicamente creative: potrebbe servire all’agente di polizia di catturare un criminale, al commercialista per evitare di pagare le tasse e all’avvocato per vincere una causa legale.
2. “Se si è creativi, allora si è per forza anche molto intelligenti.”
No.
Non bisogna essere dei geni per essere creativi. La ricerca suggerisce che la relazione tra la creatività e l’intelligenza tenda a non esserci più una volta superata la soglia di 120 del QI. Un minimo di intelligenza però è necessario per la creatività (Guilford, 1967) ovvero per creare nuove associazioni (ci si riferisce soprattutto all’intelligenza “cristallizzata”, quella che dipende dal livello della cultura e dell’educazione che ciascuno di noi ha). Questo significa che più leggiamo, impariamo, pensiamo creativamente e lavoriamo su noi stessi, più il nostro cervello avrà maggiori probabilità di creare idee originali.
In altri termini, non abbiamo le scuse.
3. “O sei creativo o non lo sei. Punto.”
Hm…
Ciascuno di noi è potenzialmente creativo. Noi esseri umani siamo una specie creativa per eccellenza: l’evoluzione non ci ha resi particolarmente veloci o forti fisicamente, ma ci ha dotati di una mente creativa.
Gli studi genetici riportano che i geni spiegano solo quel 10% di variazione nelle differenze tra gli individui nella creatività (Reuter & Co., 2006), il che significa che oltre al “gene creativo”, ossia alla predisposizione genetica, alla creatività – nei termini di intelligenza e di personalità – ci sono tantissimi altri fattori (tra i quali gli interessi individuali, la percezione che abbiamo di noi stessi/la fiducia in noi stessi e la motivazione) che giocano un ruolo importante nella creatività. Le ricerche scientifiche suggeriscono che tramite l’esercizio intenzionale, l’allenamento e lo studio possiamo ulteriormente sviluppare un aspetto della creatività ovvero il pensiero creativo/divergente (il che sta per la generazione di varie possibilità e di risposte/soluzioni multiple e “uniche” alle domande/problemi vs. il pensiero convergente che porta alla produzione di una sola risposta corretta, ormai nota al mondo).
4. Conformismo vs. Creatività?
La maggior parte degli sforzi che si fanno nel campo educativo pongono l’enfasi sul pensiero convergente e quindi riescono a fare poco se non niente per il potenziale creativo. (Mark Runco, 2007)
Tradizionalmente la scuola (soprattutto le primarie e le secondarie) hanno le tendenza ad elogiare il pensiero convergente (di cui sopra), a premiare e ad incoraggiare gli scolari che si attengono alle regole, che seguono le istruzioni, che si impegnano a memorizzare i fatti e non mettono mai nulla in discussione, piuttosto che quelli che hanno le visioni alternative ed originali ed escono un po’ dalle righe. Per esempio, la risposta alla domanda “Quanto fa due più due?” la conosciamo tutti. Invece la risposta alla domanda del tipo “In quanti modi possiamo arrivare al risultato “quattro”?” non è una sola, ma di numero aperto e la ricerca delle risposte non immediate stimola il nostro intelletto.
Normalmente siamo tutti un pò conformisti e sin da piccoli impariamo man mano a fare le cose in maniera “giusta” e sicura in modo da avere più probabilità di successo nella vita. Il conformismo ha un vantaggio evolutivo però: permette la collaborazione. Noi prendiamo ciò che ha avuto successo e condividiamo la cultura e le varie norme. Se fossimo però solo dei conformisti non ci saremmo mai sviluppati come genere umano. Non avremo mai neppure provato qualcosa di nuovo. Il conformismo è confortevole e non ci costringe a pensare – dobbiamo solo seguire. Ma per il progresso e la crescita è necessario pensare e uscire “outside the box”, provare cose nuove. Vari studi trovano gli indicatori della creatività ad essere correlati in maniera significativa con l’adattamento nell’età avanzata e con la crescita.
Perché la creatività è importante?
Vivere significa avere problemi e risolvere i problemi significa crescere creativamente. (Guillford, 1968)
Creatività come “life skill” per il XXI secolo
Sì, la vita sarebbe molto facile se riuscissimo a dare a tutto una risposta sola. Invece viviamo in un mondo di rapidi avanzamenti tecnologici, in un mondo sempre più complesso dove è diventato cruciale adattarsi in continuazione all’ambiente in continua trasformazione. Questa evoluzione culturale richiede dagli individui, oggi più che mai, una flessibilità inedita. Dato che la creatività contribuisce alla maggior flessibilità, gli individui creativi potrebbero essere più preparati ad adattarsi e rimanere flessibili. La creatività è la risposta utile ed efficace ai cambiamenti evolutivi e perciò non desta meraviglia che sarà una delle capacità più importanti e richieste nel mondo di lavoro nei prossimi tre anni (World Economic Forum).
Creatività come la risorsa per il benessere emotivo
Uno studio recente pubblicato sul Journal of Positive Psychology (Tamlin, Conner, DeYoung & Paul, 2016) suggerisce che il coinvolgimento in un’attività creativa ogni giorno, anche una volta sola al giorno, può portare ad uno stato d’animo positivo e avere l’impatto sulla felicità nelle relazioni interpersonali e sulla positività nel luogo di lavoro.
Un altro studio, invece, mette in evidenza che fare le cose con le proprie mani migliora la salute mentale e ci rende felici. La dott.ssa Kelly Lambert ha appurato che il lavoro manuale soddisfa il nostro bisogno primario di creare le cose e potrebbe anche fungere da antidoto per il malessere culturale dal quale siamo afflitti. Troppo tempo trascorso con gli aggeggi tecnologici e la nostra tendenza a comprare le cose e pagare per i vari servizi e le varie riparazioni piuttosto che provare a fare le cose da soli, ci rende schiavi dell’ambiente più del dovuto e ci depriva da tutti quei processi fisiologici che portano all’euforia, al piacere, al senso dell’orgoglio e al senso stesso delle cose. Trovarsi assorti in qualche cosa che stiamo facendo con le nostre mani ci fa perdere l’autoconsapevolezza: ci troviamo in uno stato flow (in psicologia positiva il termine inglese sta per l’esperienza ottimale, quasi di trance, in cui la persona è completamente immersa in un’attività) dove la creatività ha il libero sfogo e dove il processo stesso diventa il protagonista. Riuscire a godere del processo piuttosto che ossessionarci dei risultati che arriveranno dopo potrebbe rivoluzionare la concezione che finora abbiamo avuto del successo, la nostra autostima potrebbe migliorare e avremmo imparato a “curarci” da soli.
Creatività come sublimazione
La creatività è uno strumento di sublimazione molto potente in quanto trasforma la parte irrazionale del nostro mondo psichico (il caos, il disordine e la confusione che nascono dalle varie ferite emotive) in qualcosa che finalmente ha più senso per noi, non ci perturba più come prima ed è diventato più ordinato, palpabile e concreto anche per gli altri. Sia che ne siamo consapevoli o meno di quello che ci turba, l’azione creativa trasforma l’energia distruttiva in energia costruttiva.
Creatività contro la paura della morte
Dopo aver rivisto gli ultimi dodici studi scientifici che nell’insieme supportavano la nozione che la creatività avesse un ruolo importante nel management delle preoccupazioni esistenziali, Rotem Perach e il Dott. Arnaud della Kent’s School of Psychology hanno condotto un esperimento nel quale hanno partecipato 108 studenti di psicologia.
Gli studenti per prima hanno compilato due questionari dove da soli valutavano a) il loro livello del raggiungimento creativo e b) di ambizione creativa. Dopo questa prima parte dell’esperimento, i partecipanti si sono sottoposti ad altri test, uno dei quali valutava quanta paura della morte avessero, l’altro invece consisteva di frammenti di parole da completare (un esempio è “Sk__l” che poteva essere completato o come “Skull”-teschio in italiano o “Skill”-capacità in italiano).
Risultati:
- Gli studenti che erano meno interessati alla creatività e hanno anche avuto più paura della morte a giudicare dai self-report, nella terza parte dell’esperimento hanno formato più parole legate alla morte. In altre parole, la morte era il loro perturbante.
- D’altro canto, gli individui che a) hanno già raggiunto dei significativi risultati creativi nella loro vita e che b) hanno espresso degli obiettivi creativi importanti per il futuro, dopo essere stati esposti alla nozione della morte non si sono spinti nella direzione oscura.
Questi risultati suggeriscono che gli individui che sono ambiziosi nel perseguire e nel ricercare la creatività e che producono significativi contributi creativi potrebbero beneficiare della maggior sicurezza esistenziale di fronte alla morte.
Conclusione
Qui ho accennato ad alcuni fatti che riguardano la creatività nella speranza che possano ispirarti a riflettere un pò di più su di essa e di vederla da un nuovo e più fresco punto di vista. Se questo succederà, questi tuoi nuovi orizzonti ti saranno d’aiuto quando leggerai I prossimi articoli nei quali parlerò del processo creativo e di quello che succede nel nostro cervello durante quel processo; della personalità creativa vs. quella non-creativa; di quali sono I correlati della creatività e I fattori che la influenzano; infine, di come possiamo sperimentare la vita al di fuori della “scatola” (mentale e fisica) con il fine di migliorare questa capacità innata che tutti possediamo ma che spesso e volentieri ignoriamo.
Un assaggio per i più curiosi:
Nel 1998 Bruce Miller & Co. hanno usato la SPECT (Tomografia a emissione di fotone singolo) per mettere a confronto l’attività cerebrale di un ragazzo di nove anni con autismo e con la sindrome del savant (quest’ultima comprende la coesistenza in una persona dei talenti e delle abilità straordinarie insieme ai ritardi cognitivi. Si pensi al film Rainman con Dustin Hoffman) con quella dei pazienti anziani che avevano la demenza fronto-temporale. Questi pazienti che non hanno mai avuto talenti particolarmente importanti, man mano che la loro condizione progredisse, sviluppavano sempre maggiori abilità artistiche fino a che diventassero savant-simili. Le immagini SPECT hanno rivelato che quello che I pazienti con la demenza fronto-temporale avevano in comune con il cervello del bambino con autismo era il simile deficit nell’emisfero sinistro (quello logico, analitico e razionale) che ha portato all’attività compensatoria nell’emisfero destro (quello “artistico”).
In un altro momento è stata indotta la stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS) (che cambia solo temporaneamente l’attività della sottostante corteccia) su una serie di partecipanti sani. Successivamente alla stimolazione alcuni partecipanti hanno sperimentato le abilità savant-simili la cui durata è stata di qualche ora.
Questi studi suggeriscono che forse tutti noi abbiamo I circuiti necessari per essere degli savant ma che il nostro emisfero sinistro (quello più razionale, più morale e più giudicante) può mettere in ombra queste abilità.
Anche se questi sono i casi e le idee estremi possono portarci a riflettere: secondo voi è possibile che imparando a “rallentare” un pò il nostro cervello analitico, a sospendere un pò il giudizio e ad inibire i pensieri dominanti ma irrilevanti riusciamo a far uscire un pò più di creatività e di bellezza dalla nostra vita?
BIBLIOGRAFIA
PUBBLICAZIONI
- Tomas Chamorro-Premuzic, Personality and Individual Differences, BPS (Wiley & Sons Ltd), 2015
- Laura Freberg, Discovering Biological Psychology, Wadsworth Publishing, 2010
ARTICOLI ONLINE E SITI WEB
- Tanner Christensen, Creativity is not art, “Creative Something”, 31.08.2016
- http://creativesomething.net/post/149747194420/creativity-is-not-art
- Nick Skillicorn, Leaders agree: Creativity will be 3rd most important work skill by 2020, “Idea to Value”, 16.09.2016
- Cathy Malchiodi, Creativity and Emotional Well-Being: Recent Research, “Psychology Today”, 29.12.2016
- Tom Jacobs, Creative Achievement Can Buffer Death Anxiety, “Pacific Standard”,
- 05.12.2016, https://psmag.com/news/creative-achievement-can-buffer-death-anxiety
- Carrie Barron, Creativity, Happiness and Your Own Two Hands, “Psychology Today”, 03.05.2012,
VIDEO ONLINE E SITI WEB
- Ken Robinson, Can Creativity Be Thaught?, “You Tube”
- Gerard Puccio at TEDxGramercy: Creativity as a Life Skill, “You Tube”
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