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13 Agosto 2013Da sempre le balbuzie hanno attirato la curiosità e le fantasie degli studiosi. Aneddoti e false credenze hanno caratterizzato per secoli le persone colpite da fenomeni disfluenti, creando un alone di mistero intorno a questo disturbo.
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Cosa sono le balbuzie?
La balbuzie è un disturbo del linguaggio, un fenomeno complesso caratterizzato da diversi livelli a seconda dei fattori fisiologici e psicologici, oltre che dalle variabili genetiche e ambientali che lo denotano.
Contrariamente a ciò che si pensa, la comparsa delle balbuzie nella prima infanzia è molto frequente: per l’85% dei soggetti balbuzienti, infatti, l’insorgenza è avvenuta tra i 18 e i 42 mesi. Spesso la situazione si risolve spontaneamente, ma a volte le difficoltà si protraggono fino all’età adulta. Come spesso accade, la prognosi tempestiva è l’arma migliore per contrastare il fenomeno: di fronte a segnali di fenomeni disfluenti, dunque, è bene che i genitori prestino maggiore attenzione al comportamento del bambino.
Quali sono le cause della balbuzie?
Gli studiosi sostengono prevalentemente due posizioni: la teoria della predisposizione genetica e quella del contesto ambientale. Proprio per questo motivo negli ultimi anni si sta lavorando molto sulla prevenzione, al fine di sensibilizzare i genitori al fenomeno, formando e informando circa lo sviluppo della parola parlata, in modo tale da aiutarli a promuovere e monitorare gli sviluppi del piccolo. Nonostante i genitori siano in grado spontaneamente di favorire l’emergere della parola, è importante, infatti, che essi seguano i progressi del bambino, supportandolo e aiutandolo nell’educazione linguistica.
Cosa possono fare, dunque, i genitori?
- Accompagnare, seguire proprio figlio, stimolandolo nello sviluppo linguistico, ma senza forzarlo ed evitando di mettergli pressione.
- Rallentare e ascoltare. Sentiamo sempre, ma ascoltiamo poco: è una delle conseguenze della frenesia quotidiana in cui siamo immersi. Di fronte a una sovrastimolazione, tendiamo a non soffermarci sulle cose importanti. Per questo è bene ricordare che è fondamentale prestare maggiore attenzione a ciò che racconta nostro figlio: è importante mostrare un interesse autentico, genuino, circa ciò che ci sta raccontando. Guardarlo negli occhi, commentare le sue parole, lasciarlo comunicare liberamente senza, ad esempio, concludere le parole su cui mostra particolari difficoltà, possono essere degli strumenti utili per dimostrare l’interesse per ciò che nostro figlio ci sta dicendo.
- No panic! È importante non preoccuparsi eccessivamente e non mostrare angoscia alle prime difficoltà del linguaggio. Il rischio, infatti, è quello di creare un sentimento di ansia e angoscia che facilmente si trasmette ai bambini, che inizieranno a vivere il momento comunicativo come uno stress, dando vita a un circolo vizioso difficile da interrompere. Come detto anche in precedenza, i bimbi sono in continuo sviluppo e, nonostante ai primi campanelli di allarme è consigliabile presentare un’attenzione particolare, è controproducente allarmarsi eccessivamente. Parlarne con il pediatra può essere una buona soluzione, che consiglierà come muoversi nel modo ottimale.
- Può sembrare un consiglio banale, ma non lo è: non prendete in giro, nemmeno per scherzo, il bambino per le sue difficoltà nel parlare. E’ opportuno anche sollecitare eventuali fratelli o amici a non ripetere il modo di parlare del bambino, evitando prese in giro e derisioni. Spiegate al bambino che anche a voi capita di bloccarvi, che è assolutamente normale avere questi momenti di difficoltà. Evitate di sottolineare il disturbo, commentando il suo modo di comunicare.
E’ importante trasmettere al bambino il messaggio che noi lo accettiamo così com’è, sia esplicitandolo verbalmente, che attraverso i gesti quotidiani. Far sentire nostro figlio compreso e accolto è sicuramente uno degli strumenti più potenti per promuovere il suo sviluppo e garantirgli una crescita serena.
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