Disturbi mentali: come si strutturano?
2 Agosto 2010Ansia da prestazione: una domanda da cui partire
2 Agosto 2010Nell’articolo sui doveri avevamo accennato all’opportunità di prendere coscienza che i nuclei cognitivi falsi, edificati sul non vero, conducono inevitabilmente col tempo a disagi emotivi e comportamentali nella persona e che questi nuclei “di falso” sono sempre edificati su criteri doveristici (basati sul dover fare).
Premettiamo che ogni pensiero, credenza, convinzione presente nella nostra mente, lo è in quanto noi stessi ce l’abbiamo messa e che pertanto noi stessi, e solo noi, la possiamo rimuovere; che per rimuovere una cognizione è necessario averne pronta una sana, ovvero funzionale al benessere e la sopravvivenza, da utilizzare al suo posto e che per abbandonare un certo modo di pensiero è necessario avere chiara la prova del suo falso, andiamo a considerare lo strumento che ci consente la preziosa bonifica.
Chiameremo il nostro strumento la prova del tridente. Per tridente intendiamo una prassi mentale alla quale sottoporremo il pensiero (fonte di sofferenza personale) che intendiamo indagare. Poiché, come detto in precedenza, il pensiero doveristico scaturisce sempre dall’imperativo DOVERE/NON DOVERE qualche cosa, la nostra intelligenza ci impone di indagare per recuperare benessere e stabilità emotiva.
Il tridente è pensato rispettando i criteri della ricerca scientifica e cioè: se una cosa è vera deve essere dimostrabile la sua veridicità; se è falsa deve essere dimostrata la presunta falsità.
Il suddetto strumento di bonifica si avvale di tre passaggi che sono praticamente indispensabili per esercitare l’intervento di indagine. Il primo passaggio consiste nell’individuare il pensiero (presunzione doveristica) alla base della sofferenza. Esempio: …non mi doveva tradire!, il secondo consiste nel sottoporre il pensiero/convinzione alla prova della verità che si traduce nel chiedersi: è vero che non doveva tradirmi? Perché è vero? Quali sono le prove che è vero? Posso dimostrare a me stesso con prove inconfutabili che non doveva farlo? A questo punto tutto quello di buono e di meglio si può riuscire a trovare consiste nel rendersi conto che si trattava solo di un desiderio e preferenza personale magari un grande desiderio, ma non un qualcosa di dovuto. Una volta appurato che si trattava solo di un personale desiderio, si approda al terzo passaggio ovvero si sottopone il nucleo doveristico alla prova di falsità: …perché questo pensiero è un falso? Quali sono le prove che è falso? Posso dimostrare a me stesso con prove inconfutabili che è falso? E a questo punto le prove arriveranno a pioggia, basta pensare al fatto che “se un fenomeno accade, in quanto accade è possibile che possa accadere chi sono io per pretendere di cambiare le leggi dell’universo?“
A questo punto al lettore potrebbe venire il dubbio che …si ho capito che è un falso, ma io sto male lo stesso! Non pretendiamo che una abilità mentale di questo calibro venga metabolizzata in base alla conoscenza acquisita in questi pochi articoli, sappiamo bene che sono solo piccole porzioni della risorsa che ci siamo proposti di acquisire. E’ con questa considerazione al centro della nostra attenzione che anticipiamo l’intento contenuto nel prossimo appuntamento: come si esegue la disputa di un pensiero doveristico o disfunzionale?
Elisabetta Vellone
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