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6 Dicembre 2013Indice contenuti
Disturbo Oppositivo Provocatorio
1. E’ semplicemente maleducazione
Il Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP) è un disturbo dell’età evolutiva che si caratterizza per la presenza di: perdita di controllo, litigiosità eccessiva, opposizione attiva o rifiuto di rispettare richieste o regole degli adulti, azioni deliberate che arrecano fastidio agli altri, accuse agli altri per i propri sbagli o per il proprio cattivo comportamento, suscettibilità, collera o risentimento, dispetti o vendicatività. Tali comportamenti devono manifestarsi in maniera frequente per almeno 6 mesi consecutivi e causare nel bambino difficoltà nell’adattarsi ai suoi diversi contesti di vita.
L’oppositività e provocatorietà si presentano in modo così intenso e frequente da rappresentare un ostacolo per lo sviluppo emotivo, relazionale e, a volte, cognitivo del bambino.
Per questi motivi si parla di disturbo e non di semplice maleducazione.
2. E’ colpa dei genitori
Le ricerche più accreditate e condivise fanno riferimento al Disturbo Oppositivo Provocatorio come ad un disturbo di tipo neurobiologico che provoca alterazioni nelle risposte agli stimoli ambientali. Nonostante alcune pratiche educative possano enfatizzare o favorire la cronicizzazione di alcune di queste alterazioni, la letteratura scientifica non riconosce nei genitori la causa diretta di tali condotte.
3. Questo disturbo scompare con in passare degli anni, basta aspettare
Come ogni titpo di disturbo, le sue caratteristiche si modificano e accompagnano l’evoluzione dell’individuo. Queste modifiche sono legate a 2 ordini di fattori interconnessi:
- cambiamenti fisiologici dell’individuo, che hanno ripercussioni sulle manifestazioni del disturbo;
- modelli mentali che l’individuo costruisce in base all’esperienza fatta nel proprio contesto.
L’assenza di un intervento opportuno sia sull’individuo che sul suo contesto rischia di cronicizzare quel circolo vizioso che caratterizza le manifestazioni di disagio esternalizzate come appunto il Disturbo Oppositivo Provocatorio: mi comporto male, le persone mi trattano male, credo che le persone ce l’abbiano con me, mi comporto male. Prima si rompe la catena attraverso cambiamenti nel singolo e nel sistema, più favorevole sarà l’esito prognostico, in caso contrario possono manifestarsi disturbi d’ansia, dell’umore, disturbo della condotta.
4. E’ il bambino a comportarsi male, è lui che deve essere curato
Sebbene la presenza di queste caratteristiche disfunzionali all’adattamento siano presenti nel singolo, come già detto, il contesto ha un ruolo fondamentale nell’alimentare o meno l’intensità di alcuni sintomi. Dopo aver riconosicuto il problema appare quindi indispensabile generalizzare l’intervento psico-educativo del singolo ai suoi contesti di vita, attraverso la collaborazione delle diverse figure di riferimento: genitori, famiglia, insegnanti, allenatori, amici.
5. Bisognerebbe reagire all’aggressività con altra aggressività
Alla base di comportamenti provocatori e aggressivi c’è molto spesso la tendenza ad interpretare in modo distorto gli eventi esterni, tendenza che deve essere non solo compresa, ma accolta e pazientemente ridefinita. Reagire ai comportamenti aggressivi con ulteriore aggressività, sebbene pratica sul breve termine, perché permette di sfogare la propria stessa rabbia e di avere maggior controllo, non fa altro che alimentare questa tendenza.
Strategie più opportune per prevenire o intervenire in caso di comportamenti aggressivi
- prevenire: organizzando il contesto, le attività e premunendo forme di gratificazione per tutti i comportamenti adattivi e funzionali che il bambino sicuramente emette già;
- ignorare: tutti quei comportamenti che non danneggiano il bambino stesso o chi gli è accanto o che non sono inopportuni per il contesto, ma che semplicemente arrecano fastidio a noi e hanno lo scopo di provocarci (parlare a voce alta, utilizzare parolacce, ecc);
- costo della risposta: da utilizzare in caso di comportamenti non opportuni per il contesto, ma non pericolosi sul piano fisico (urlare in una sala d’attesa, insultare o urtare volontariamente un ospite); consiste nel sospendere la gratificazione o il privilegio promessi (vedi punto 1) al proseguire del comportamento o dei comportamenti inopportuni;
- time-out: da utilizzare solo nei casi in cui il comportamento può potenzialmente arrecare danno fisico al bambino stesso o a chi gli è intorno, e molto utile durante episodi di scoppio d’ira o aggressività agita; consiste nell’allontanamento del bambino dal gruppo verso un luogo di “decompressione” in assenza di altri stimoli per pochi minuti;
Affrontare da soli il Disturbo Oppositivo Provocatorio non è semplice, il consiglio è dunque quello di rivolgersi ad un esperto che ci possa aiutare e guidare nella definizione di un piano ad hoc che permetta al bambino di esprimere al meglio il suo potenziale positivo e alla famiglia di non sentirsi sola e incompresa.
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