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29 Gennaio 2012La letteratura psicologica abbonda di argomenti legati alla figura materna, alla maternità, alla gravidanza, all’allattamento, alla relazione tra mamma e bambino, ma ben poco è stato detto sul padre; di recente però gli studi sulla paternità e l’attenzione alla figura paterna rispetto sia alle dinamiche interiori sia a quelle relazionali si stanno facendo sempre più strada.
Esistono infatti ricerche, anche in ambito italiano con ad esempio gli studi di Pellai, che testimoniano l’importanza delle modificazioni psicologiche a cui va incontro l’uomo nel prepararsi a diventare padre e nell’assumere poi questo ruolo, concretamente ma soprattutto a livello di elaborazione intrapsichica; se diventare genitori comporta una ricostruzione della propria immagine di sé ai propri occhi e agli occhi dell’altro, in particolare del partner nella relazione di coppia, è facile comprendere come non solo alla madre sia necessario un percorso di elaborazione.
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Cosa significa essere padre?
Essere padre è un’idea, un’esperienza, un’avventura in cui mancano percorsi tracciati e ciascuno deve intraprendere un viaggio dove tutto è imprevedibile, sconosciuto e mai uguale da una persona all’altra; diventare padre può spaventare perché da alcuni uomini tale evento è interpretato come una sorta di interruzione del proprio percorso di vita, un ostacolo nei confronti di ciò che è stato conquistato fino a quel momento, in particolare la posizione professionale raggiunta o ambita e l’utilizzo e l’investimento del proprio tempo libero: con un bambino, in particolare il primo, molti uomini sentono minacciato questo equilibrio ottenuto. Si è anche iniziato negli ultimi anni a parlare di depressione post-partum dei papà, soprattutto all’interno di coppie in cui la madre già ha sofferto di depressione: alcune ricerche anglosassoni segnalano la prevalenza di depressione legata alla paternità nei neo-papà intorno al 5%, altre individuano un 10% di neo-padri con sintomi depressivi nei campioni considerati.
Un elemento che compare trasversalmente nelle ricerche condotte, sembra essere una particolare difficoltà che i neo-papà affrontano, cioè quello che viene definito “analfabetismo emotivo”: nella nostra società un uomo che si emoziona, che parla di sentimenti, viene spesso guardato con sospetto dal gruppo di amici, come se la manifestazione emotiva fosse letta come una debolezza, un tratto femminilizzato. La fatica del gruppo degli uomini emerge anche quando ai futuri padri si chiede se abbiano potuto usufruire di una relazione interpersonale in cui comunicare le proprie emozioni e ricevere sostegno: le risposte a tali domande sembrano ottenere esito negativo.
Tuttavia, se si consente l’emergere del mondo emotivo dei neo-papà, la ricchezza che se ne trae è significativa: si parla di paura, di ansia, di preoccupazione, di dubbi, ma anche di orgoglio, di gioia, di senso di pienezza, di speranza e di desiderio di progettare il futuro in una nuova dimensione di famiglia. Sembra quindi sempre più opportuna una maggiore attenzione ai vissuti e ai processi interni che non solo le future e neo-mamme ma anche i papà attraversano in questa delicata e preziosa fase di passaggio.
E la vostra prima esperienza di padri come è stata?
Approfondimenti
- Federici D., L’ombra del padre. Setting 25/2008; 53-67. Milano
- Paulson J.F., Dauber S., Leiferman J.A., Individual and Combined effects of postpartum depression in mothers and fathers on parenting behavior. Pediatrics 2006; 118:659-668
- Pellai A., Nella pancia del papà. Papà e figlio: una relazione emotiva. Milano, Franco Angeli, 2003
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