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Vi è mai capitato di sentirvi “costretti” a comportarvi in un determinato modo o di dover fare qualcosa per gli altri senza esserne completamente convinti o controvoglia, solo per rispettare le loro aspettative o per paura di ferirli?
In generale può accadere, quando però non è più un’eccezione, ma al contrario diventa un comportamento abituale e “obbligatorio”, a quel punto si rischia di diventare “schiavi” del volere altrui. E’ così che gli altri iniziano ad aspettarsi sempre di più da noi e il non riuscire a rispondere positivamente ad una richiesta genera ogni volta un malcontento (azione di controllo), come se non aveste mai fatto niente fino a quel momento.
Se provaste a guardarvi dall’esterno vi rendereste subito conto di esservi rinchiusi in una “prigione di aspettative” dalla quale apparentemente sembrerebbe non esserci via d’uscita, se non quella di continuare ad accontentare chi vi sta intorno.
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Da cosa dipende questo comportamento di completa “sottomissione”?
Nella nostra società, siamo stati educati all’idea che bisogna essere disponibili ad aiutare il prossimo, pena i sensi di colpa o il pericolo di rimanere soli. Queste motivazioni spesso bastano per portarci a dire di sì, anche quando vorremmo dire di no, finendo per reprimere le nostre pulsioni ed i nostri desideri. Essere sempre disponibili, se da un lato può essere fonte di gratificazione (ci sentiamo utili e indispensabili), dall’altro ci fa sentire accettati per “quello che facciamo” e non più per “quello che siamo veramente”, costringendoci a fare sempre di più per confermare l’idea che abbiamo costruito negli altri e quindi il nostro ruolo. Spesso infatti, chi fa tanto per gli altri viene percepito come una persona forte, incapace di stare male, capace di affrontare ogni situazione e per questo costretto sempre a fare e nel momento in cui non può, per un impegno o perché impossibilitato, viene giudicato male, come se avesse deluso le aspettative, come se gli altri non ne concepissero la possibilità.
Essere troppo disponibili, ostacola la crescita e lo sviluppo personale.
Ma cosa penserebbero gli altri se conoscessero le vostre vere intenzioni?
Se sapessero che in realtà ciò che fate è solo un modo per accontentarli e che se aveste avuto la possibilità vi sareste comportati diversamente? Forse potrebbero rispondere: “potevi anche evitare di farlo…”? Pensate vi stimerebbero ancora o forse inizierebbero a farsi un’idea differente? E voi, quanto pensate di stimare voi stessi, le vostre idee, i vostri bisogni, quando fate qualcosa di cui non siete pienamente convinti?
La soluzione a tutto questo?
Iniziare fin da ora a mettere in pratica il “sano egoismo”, ovvero imparare a dire di no partendo dalle piccole cose, e facendo solo ciò che vi va e quando vi va, provando a portare avanti i vostri bisogni.
Ecco alcune utili strategie che possono aiutare chi desidera iniziare a porsi in maniera differente nelle relazioni:
- rimandare per gestire: provate a rimandare il sì, rispondendo ad esempio “purtroppo ora non posso, se riesco lo faccio tra… minuti/ore”;
- richiedere per sentirsi sollevati: subito dopo aver detto di no ad una richiesta, provate anche voi a chiedere qualcosa, vi aiuterà a scrollarvi di dosso i sensi di colpa;
- anticipare la delusione: provare a prevedere e a verbalizzare quella che sarà la risposta dell’altro “so che ci rimarrai male, ma purtroppo questa volta non posso aiutarti”;
- trovate soluzioni alternative: “io purtroppo non posso, puoi provare però con il collega”.
Quali saranno gli effetti?
- Imparerete a dire di no
- Aumenterete la vostra sicurezza e autostima
- Imparerete a seguire i vostri bisogni
- Vi rapporterete in modo più genuino e spontaneo
- Otterrete maggiore rispetto da parte degli altri
- Vi circonderete solo dei amici veri
E voi come avete imparato a dire di no? Conoscete altre strategie?
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